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STORIE DI NAUFRAGHI

 

 

SPETTACOLO A DUE VOCI

 

(due tempi)

 

–=o0o=–

 

 

 

 

 

[Testo tutelato dalla Società Italiana degli Autori e degli Editori (S.I.A.E.)]

 

 

 

 

(4 minim'atti: La scelta - Il naufragio - Superiorità dell'attore - Delirio all'ufficio postale)

 

Naufraghi e naufragi, reali e simbolici.

 

 

1° minim'atto - La scelta

 

Sta accadendo un avvenimento inspiegabile nella sua natura e nel suo sviluppo, ma qualcuno non si rassegna all’attesa ed effettua una scelta precisa nel buio più profondo. E’ un atto di coraggio o di sfacciato opportunismo?

 

2 personaggi (uomo - donna)

 

 

2° minim'atto - Il naufragio

 

Il testo, che si sviluppa attraverso alcuni colpi di scena, prende di mira una certa mentalità da ricchi sfaccendati, e la loro convinzione che fra i privilegi di cui godono, ci sia anche il diritto alla spregiudicatezza. Nessuno sfoggio di moralismo, però: tutto è trattato con leggerezza, all’insegna dell’ironia.

 

Monologo (1 personaggio femminile)

Rappresentata al Teatro Zazie di Milano

Rappresentata al Castello di Padenghe sul Garda (Bs)

Rappresentata al Teatro della Gloria (Firenze)

 

 

3° minim'atto - Superiorità dell'attore

 

A tutti la vita offre talvolta situazioni incresciose da affrontare, ma solo alcuni, grazie al mestiere che svolgono, hanno la forza e la spregiudicatezza necessarie per superarle. In questi casi si può giustamente parlare di una vera e propria superiorità.

 

Monologo (1 personaggio maschile)

Rappresentata a Roma da Steano Zanoli, produzione Teatro di Roma

Rappresentata al Castello di Padenghe sul Garda (Bs)

Rappresentata al Teatro della Gloria (Firenze)

 

 

4° minim'atto - Delirio all'ufficio postale

 

La storia racconta, con bonaria satira, dei sogni, delle illusioni, ma soprattutto delle frustrazioni di chi è costretto a svolgere un lavoro anonimo e ripetitivo. Accanto a personaggi della nostra realtà quotidiana appaiono figure irreali evocate da una fantasia esasperata. Uno squallido ufficio postale diventa anche palcoscenico sul quale si eseguono numeri di cabaret ed esibizioni canore. Il rullo compressore dell’esistenza passa insomma su individui comuni, schiacciando illusioni e speranze.

 

2 personaggi (uomo - donna)

Rappresentata al Teatro d'Alpiaz di Montecampione (Bs)

        Rappresentata al Teatro della Gloria (Firenze)

 

 

        Durata complessiva: due tempi (quattro minim'atti)

Genere: tragicomico

da 2 a 9 personaggi a scelta (da uno a sei uomini e da una a tre donne)

 

 

 

 

 

PRIMA PARTE

 

LA SCELTA                                                  minim’atto

IL NAUFRAGIO                                            monologo

 

 

 

 

 

SECONDA PARTE

 

SUPERIORITÀ DELL'ATTORE                    monologo

DELIRIO ALL'UFFICIO POSTALE               minim'atto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

P R I M A       P A R T E

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA SCELTA     (minim'atto)

 

 

 

PERSONAGGI

 

1° VOCE – Mario

2° VOCE – Anna

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(La cucina – tinello di un appartamento modesto. A sinistra è la porta d'ingresso; di fronte la porta che conduce negli altri locali. L'immaginaria facciata dell'appartamento che dà sulla strada è al proscenio: davanti al boccascena, quindi, si trova un ipotetico balconcino con porta – finestra.

All’alzarsi del sipario, Anna è a destra, davanti ai fornelli. All'improvviso si spalanca la porta di sinistra: entra Mario agitatissimo, come chi è inseguito ed ha corso a lungo. Mario richiude subito la porta, mette il catenaccio, rimane immobile con la schiena contro lo stipite; respira profondamente per calmare il suo stato di agitazione.)

 

Anna

(IMPAURITA) – Mario!

 

(Mario fa il gesto disperato di tacere e di non far rumore, ma questo giunge troppo tardi: Anna è già corsa accanto a lui.)

 

Anna

– Mario!...

Mario

– Ci siamo.

Anna

– Mio Dio!

Mario

(INDICANDO CON LA TESTA LA PORTA DI FONDO) – Di là è tutto chiuso?

Anna

– Credo di sì.

Mario

– Assicurati.

 

(Anna esce dalla porta di fondo. Mario spinge un mobile dalla parete contro la porta d'ingresso. Rientra Anna)

 

Anna

(INDICANDO IL MOBILE) – Cosa vuoi che serva!

Mario

– Se non si può fare altro. Di là è a posto?

Anna

– Tutto sbarrato. Chiudiamo anche quella? (INDICA LA PORTA – FINESTRA)

Mario

– Non tutta. L’appartamento non deve sembrare abbandonato: darebbe subito nell'occhio.

Anna

– Dici?

Mario

– Certo. (ANNA FA PER MUOVERSI)... Aspetta, vado io!

 

(Schiacciato contro l'immaginaria parete, arriva ad accostare con grande precauzione la finestra. Guarda la donna che è rimasta in mezzo alla stanza)

 

Mario

– Non startene lì… dalle finestre di fronte è facile vederti.

Anna

– Posso andare ai fornelli?

Mario

– Non ne puoi fare a meno?

Anna

– Ho roba sul fuoco.

Mario

– Spegni tutto, allora. (ANNA SI MUOVE) Giù, bassa!... portami un bicchier d'acqua.

Anna

(AVVICINANDOSI CAUTAMENTE COL BICCHIERE) – Quanti sono?

Mario

– Come si fa a sapere?

Anna

Volevo dire… ne hai visti molti?

Mario

– Dovevo stare lì, quando arrivavano, a contarli?

Anna

– No, si capisce.

Mario

E poi volevo venire subito qui, ad avvertirti.

Anna

– Hai fatto bene.

Mario

– Tutto di corsa... non so come ci sono riuscito...

Anna

– Povero Mario!

Mario

– ... è da quando ero ragazzo che non corro più.

Anna

– Non ti sei ancora ripreso.

Mario

– Passerà.

Anna

– Come hai capito che stavano arrivando?

Mario

– Stai scherzando? sono giorni e giorni che non faccio che aspettarmeli, da un momento all'altro: m'è bastato il più piccolo segno per accorgermene.

Anna

E gli altri?

Mario

– Vuoi che mi preoccupi degli altri, in questi momenti?

Anna

– Voglio dire se sei stato il solo a capire.

Mario

(IMPROVVISAMENTE) – Zitta!

Anna

(DOPO UN SILENZIO) – Cosa c'è?

Mario

– M’era sembrato di sentire… ma non è nulla… ronzii nell'aria, risonanze che si sovrappongono, s'intrecciano…

Anna

– Sei stato il solo a correre via, oppure l'hanno fatto anche altri?

Mario

– Quelli che hanno capito, come me.

Anna

– Alcuni sono rimasti, allora?

Mario

– Non c'era tempo per spiegare.

Anna

– Naturale. Che succederà, ora?

Mario

– Tutto è possibile, lo sai.

Anna

– Per esempio?

Mario

– Preparati al peggio, così non avrai sorprese.

 

(Pausa. Anna è davanti allo spiraglio della finestra)

 

Anna

– Non riesco a sopportarla quest'incertezza.

Mario

Stai giù, ti ho detto... possono vederti.

Anna

E quelli per strada che camminano tranquilli?

Mario

– Vuoi prendere esempio da chi non sa, adesso?!...

Anna

– No, ma…

Mario

– ... oppure dagli incoscienti?

Anna

– Non vorrei che tu ti preoccupassi più del dovuto.

Mario

– Ah!... questo pensi?!... un bel ringraziamento perché sono corso ad avvertirti.

Anna

– Non volevo dir questo, scusami.

Mario

– Meglio essere egoisti, a volte.

Anna

– Ti ho chiesto scusa.

 

(Un rumore dall'esterno)

 

Mario

(SPAVENTATO) – Hai sentito?

Anna

Che cosa sarà stato?

Mario

– E che ne so, io...

Anna

– Veniva dalla strada, mi pare... ma nessuno ci ha fatto caso… guarda... tutto come prima...

Mario

(SI AVVICINA) – Incredibile!... sembra che non abbiano orecchi!

Anna

– Forse non gli hanno dato importanza. Per chi non sa, è stato un rumore qualsiasi... la saracinesca di un negozio, magari...

Mario

– Non si spiegherebbe, altrimenti.

Anna

– ... o forse era davvero un rumore qualunque... che ci ha allarmato soltanto perché noi sappiamo.

Mario

Anche questo può essere... stai giù! sei troppo esposta così.

Anna

Perché, secondo te, per colpire hanno bisogno di vedermi? se per essere al sicuro bastasse nascondersi, allora…

Mario

– Naturale che non basta… ma nascosta sei una delle tante, la tua scelta è affidata al caso. Così, allo scoperto, sei un bersaglio a portata di mano.

Anna

(IMPROVVISAMENTE) – Attilio e Lucia!

Mario

– Che cos'hanno fatto?

Anna

– Abitano in periferia, no? Se quelli convergono verso il centro, sono già passati da loro... (INDICANDO CON LA TESTA IL TELEFONO…) si potrebbe telefonare per sapere...

Mario

E proprio perché sono lì, ti sembra il caso di telefonare?

Anna

Ma cosa ne sanno di chi sta chiamando al telefono, scusa?

Mario

– Perché, tu sai quali strumenti abbiano, di quali mezzi si servano?

Anna

– Via, Mario, una telefonata, fra le migliaia che verranno fatte in questo momento!...

Mario

– Non parlare se non senti la voce di Attillo o di Lucia… se risponde una voce diversa, butta giù subito.

Anna

– Va bene.

Mario

– … e non stare in piedi a telefonare.

Anna

– No... porto a terra l'apparecchio.

 

(Anna si sdraia con l'apparecchio sul pavimento, compone un numero, ascolta, poi butta giù la cornetta.)

 

Anna

– L'ultima cifra è un sei o un nove?

Mario

– Un sei.

Anna

– Avevo fatto giusto, allora! (RIFORMA IL NUMERO; ASPETTA CON IL RICEVITORE ALL'ORECCHIO)... che strano!... e per la seconda volta…

Mario

Cosa c'è, non risponde?

Anna

E' un suono diverso… non l'ho mai sentito... e tu? (PORGE A MARIO LA CORNETTA)

Mario

(ASCOLTA) – No, mai... chiudi! (INTERROMPE LA COMUNICAZIONE)

Anna

– Pensi che ci possa essere pericolo?

Mario

– E che ne sappiamo?... vedo che sei impallidita.

Anna

– Quel suono sconvolgente...

Mario

– Come il vento quando entra nei camini…

Anna

– … me lo sento ancora nell’orecchio. Ora provo con Francesca.

Mario

– Un'altra volta!

Anna

– Voglio sapere che cos'è successo. Non ce la faccio e restare con questa paura addosso

Mario

– Lo sai il prefisso di Francesca?

Anna

(PRENDE LA RUBRICA DEL TELEFONO) – L'avevo segnato qua sopra… eccolo!... (COMPONE IL NUMERO, ASCOLTA, POI ALLONTANA LA CORNETTA VERSO MARIO)... lo stesso suono…

Mario

(SLANCIANDOSI AD INTERROMPERE LA COMUNICAZIONE) – Chiudi!

Anna

– Si tratterà di un guasto… che cosa vuoi che sia, se non un guasto?

Mario

– Forse un guasto al nostro telefono.

Anna

– Proviamo... (COMPONE UN NUMERO)

Mario

– A chi telefoni?

Anna

– Al negozio in fondo alla strada... (AL TELEFONO)... pronto?... mi scusi, ho sbagliato... (INTERROMPE LA COMUNICAZIONE; A MARIO)... il nostro apparecchio funziona.

Mario

– Forse è la zona che è isolata.

Anna

– Già!... ma che ampiezza ha questa zona?... (SFOGLIA LA GUIDA TELEFONICA)

Mario

Che numero cerchi?

Anna

– Voglio telefonare più distante… ecco, Magazzini Risparmio... (COMPONE IL NUMERO)... risponde!... ho sbagliato, scusi… (CERCA ANCORA SULLA GUIDA)… ancora più distante... Albergo Centrale... (COMPONE IL NUMERO)… scusi, ho sbagliato... (ALTRO NUMERO)… Ristorante Commercio... (STACCA DESOLATA IL RICEVITORE DALL'ORECCHIO)... il vento!

Mario

Eppure è a cinque o sei isolati dall'Albergo Centrale!

Anna

E' solo un guasto… non può essere altro!

Mario

– Vuoi convincere te stessa?

Anna

Che cos'è, allora, se non un guasto?!

Mario

– Quello che senti, forse...

Anna

– Vuoi dire che…?

Mario

– Forse non c'è che quello... non c'è rimasto altro laggiù: il vento e basta.

Anna

– No, no... io mi rifiuto di pensare che...

Mario

– Calmati!... e non dire stupidaggini. Che cosa significa "io mi rifiuto"... dipende da te accettare o rifiutare?

Anna

– Hai ragione: non so più quello che dico.

Mario

– Stai giù, intanto... (VEDENDO CHE ANNA STA FORMANDO UN ALTRO NUMERO)... ancora col telefono?

Anna

– L'Albergo Centrale è a cinque o sei isolati dalla zona del vento, no?... dovranno pur sapere che cos'è accaduto vicino a loro.

Mario

– Pensi che abbiano voglia di dirtelo… o che potranno dirtelo?

Anna

– Proviamo... tre… cinque... e sei... (ASCOLTA PER UN ATTIMO, POI INTERROMPE DI SCATTO LA COMUNICAZIONE)

Mario

Che succede?

Anna

– Il vento!

Mario

– Anche lì ?!... ma se poco fa rispondeva?!

Anna

(ANGOSCIATA) – Vengono avanti!

Mario

– Zitta!... giù, adesso... (ALLONTANANDO L'APPARECCHIO)… e basta con questo telefono!… dobbiamo starcene qui, in silenzio, senza muoverci.

Anna

– E' tutto un fronte compatto che viene avanti.

Mario

– Non lo sappiamo. Può darsi, invece, che cerchino dei buchi nella rete. Di qua non passeranno sicuramente.

Anna

– Non mancano di certo i buchi per passare... di fuori è come se non fosse successo nulla, come se non dovesse succedere nulla... la gente fa quello che fa di solito: lavora, perde tempo, si diverte.

Mario

– Sono quelli che non sanno o che non vogliono credere.

Anna

– Sono i rassegnati, invece

Mario

– Vuoi dire che hanno accettato quello che sta per accadere?

Anna

Cosa c'è di strano? non l'ha accettata, ognuno di noi, fin dalla nascita, la tragedia che deve calarci addosso?

Mario

– Sono le occasioni straordinarie, come questa, a turbarci.

Anna

– Che cos'è l'auto che guidiamo... un coltello impugnato… una finestra aperta?... non sono tutte occasioni straordinarie, come le chiami tu?... e le malattie, quelle incurabili, che ci piombano addosso?

Mario

– C'è anche un calcolo delle probabilità da fare, l'incidenza del rischio da misurare.

Anna

Eccole le nostre difese: le statistiche!... due per cento… tre per cento... dieci per cento... che percentuale abbiano di cavarcela, adesso?

Mario

– Forse nessuna.

Anna

Ma giù nella strada tutti continuano la solita vita.

Mario

– Non tutti sono al corrente.

Anna

– Certo. C'è chi è rassegnato, chi non sa, chi non vuole sapere… e c'è chi fa finta di non sapere. Sicuro! c'è chi si mostra innocente per nascondere la paura.

Mario

Anche quello è probabile.

Anna

E’ certo, ti dico! una maschera di indifferenza sulla propria disperazione… ma a che serve?

Mario

Cosa vuoi dire?

Anna

– Questo gioco di dissimulazione, per chi lo fanno? per la loro tranquillità interiore, o per dimostrarsi coraggiosi di fuori?...

Mario

– Un po' per l'uno e un po' per l'altro motivo.

Anna

– … oppure è per gli altri, per quelli che stanno arrivando?… vogliono assumere un atteggiamento che dica: non preoccupatevi per noi… vedete… per noi tutto è perfettamente normale… noi pensiamo ai fatti nostri, e voi potete fare quello che vi pare...

Mario

– Tu pensi addirittura che...?

Anna

– Sì… ma allora c’è un gioco da fare più facile più redditizio…

Mario

– Quale gioco?

Anna

– … perché restare a mezza strada… perché fingersi indifferenti soltanto... neutrali?...

Mario

Cosa vuoi fare?

Anna

– La mia scelta… la nostra scelta.

Mario

– Spiegati!

Anna

(VA VERSO LA FINESTRA) – Ecco… vado a spalancare la finestra!

Mario

Cosa fai… in nome di Dio?!

Anna

– Così… luce… aria!...

Mario

– Sei impazzita?!

Anna

– No, sto perfezionando il mio gioco… l'unico che può rendere qualcosa...

Mario

– E' finita per noi!

Anna

– Siamo salvi!… se c'è ancora una possibilità di salvezza... (VA VERSO UN IMPIANTO SONORO SU UN MOBILE E SCHIACCIA UN BOTTONE)… ora facciamo musica… gli diamo il benvenuto, capisci?...

Mario

(ANCORA INCREDULO E IMPAURITO) – Tu vorresti...?

Anna

– Voglio fare una festa!… su, in piedi, vieni... dimostriamogli che siamo dalla loro parte, che su noi possono fare assegnamento.

Mario

– Pensi sia così facile ingannarli?

Anna

– Forse ne hanno bisogno di noi, della nostra collaborazione… vieni... (PRENDE PER MANO L'UOMO ANCORA RILUTTANTE E LO CONDUCE ALLA PORTA – FINESTRA)... benvenuti... evviva!... (CORRE AD ALZARE IL VOLUME DELLA MUSICA)… più forte la musica… la devono sentire dalla strada… così… evviva!… abbiamo una bottiglia di champagne da qualche parte… ricordi dov'è, Mario?

Mario

– No…

Anna

– Lo so io... (CORRE A UN MOBILE E PRENDE LA BOTTIGLIA CHE CONSEGNA A MARIO)... stappala… io vado a prendere le coppe...

 

(Mario stappa la bottiglia, mentre Anna ritorna con le coppe che vengono riempite. Si avvicinano tutti e due alla porta –finestra per farsi vedere da tutti.)

 

Anna

– ... se c’è una possibilità, una sola, è nostra, capisci?!... (SOLLEVA LA COPPA)… evviva!… e poi, chissà che per noi non vada meglio veramente... che i nostri guai finiscano per sempre!… su, brinda con me... evviva!… benvenuti, finalmente… benvenuti!...

 

(Brinda con Mario, beve, ride rumorosamente, accompagna con la voce la musica che riempie la stanza.)

 

 

 

Sipario


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL NAUFRAGIO

 

(monologo)


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Una spiaggetta in mezzo alla scogliera. Il mare è al proscenio. In fondo, a sinistra, una piccola capanna; accanto all'acqua, piantato fra gli scogli, un palo. La protagonista, vestita come una naufraga, è sdraiata sulla sabbia.

 

 

 

 

(La protagonista si sveglia, sbadiglia, si stira, si solleva, si tocca la schiena dolorante, poi fruga nella sabbia sotto di lei)

 

- ... Ecco che cosa non andava...

 

(tira fuori una grossa pietra e la getta via)

 

... una molla del letto da cambiare!

 

(altri sbadigli e stiramenti; si alza e guarda la capanna)

 

... e se fosse arrivato mentre dormivo?

 

(corre alla capanna, entra e riesce)

 

... no, qui non c'è ancora nessuno...

 

(va a scrutare il mare)

 

... e nessuna nave in vista...

 

(guarda il palo)

 

... lo straccio!

 

(corre ai piedi del palo, raccoglie uno straccio caduto e lo lega di nuovo sulla sommità)

 

... non servirà a niente, ma almeno la coscienza è a posto... “Se nei dintorni passa qualche nave, e se qualcuno a bordo punta un binocolo verso la costa...” ma a chi la raccontate?... quando mai è accaduto, io vorrei sapere... uno straccetto su un palo dovrebbe attirare l’attenzione... roba che neanche un bambino ci crederebbe... eppure si continua a prenderlo per buono, e appena ci troviamo in un naufragio, la prima cosa che si fa è mettere lo straccetto sul palo...

Beh, appena ci troviamo... non è che il naufragio sia una cosa di tutti i giorni... anzi, è piuttosto raro... a Pupa, a Doretta, a Francesca Romana non è mai capitato... chissà che invidia quando lo sapranno!... Ma è capitato a me e, sapete com’è, di certe stupidaggini ti accorgi soltanto quando ci sbatti il naso contro.

"Ma chi te l'ha detto di andare in crociera alla scoperta del Pacifico?" ... mi pare di sentirle Pupa, Doretta... e anche Francesca Romana... sì, anche lei... il senno del poi. Chi se l'aspettava una scalogna simile?... o, vista dall'altra parte, una fortuna simile, perché, magari, sono la sola ad essersi salvata.

Che finimondo! A cena avevo mangiato dei gamberoni alla panna che avevano incominciato subito a farmi male, tanto che, per mandarli giù, li avevo affogati nel Madera, scolandomi una mezza bottiglia. La nave ballava sulle onde, e io che credevo che fossero i gamberoni al Madera che avevo nello stomaco. La gente gridava, buttata da tutte le parti, e io che pensavo "guarda che strage che hanno fatto quei gamberoni... pensa un po' che roba che ci dànno da mangiare! magari erano quelli avanzati dalla crociera precedente..."

Insomma, scendo in cabina, mi sdraio sul letto e mi ritrovo in mare. Cos'era successo? Niente di strano: un'ondata aveva sfondato l'oblò, riempito la cabina e risucchiato me in acqua... Beh, si fa per dire “niente di strano”... non son cose che capitano tutti i giorni. Ma il bello era che io... beh, "bello" sempre per modo di dire... era che io non sapevo di essere in mare... pensavo di avere sbagliato, entrando in cabina, e anziché sul letto, per colpa del Madera, di essermi sdraiata nella vasca da bagno. "E io che credevo che a bordo ci fossero soltanto le docce!" dicevo..."e la vasca piena, chi l'avrà preparata?... ma no, questa non è la vasca: è la piscina... si vede che anziché in cabina, sono finita sul ponte di coperta... ma proprio in piscina dovevo cascare... accidenti a quei gamberoni!... toh, senti la tavola del trampolino... questa non me la lascio scappare... verrà qualcuno, poi, a darmi una mano... ma che buio... e che tempaccio!" E così, aggrappata a quella tavola, mi sono addormentata... e io che credevo di non riuscire a chiudere occhio con quello che avevo mangiato!e mi sono svegliata qui: pensate, ero sopravvissuta ai gamberoni! Dunque apro gli occhi e scopro di non essere in piscina e che la tavola a cui mi ero aggrappata non era quella del trampolino, ma la porta di un gabinetto... c'era sopra la targhetta d'ottone... e per fortuna era un gabinetto delle donne! Allora, mi trovo sulla spiaggia e dico: "è fatta! a Pupa verranno le convulsioni quando saprà che sono scampata al naufragio, lei che si dava tante arie perché l'anno scorso, andando a sciare, è rimasta chiusa in macchina due ore per via della valanga che aveva bloccato la strada... e Doretta che può vantare soltanto un tentativo di violenza carnale in ascensore?... E Francesca Romana che non ha nulla, assolutamente nulla al suo attivo?! Adesso mi alzo, dico, e vado nel posto più vicino a telegrafare". E infatti sono andata e mezz’ora dopo ero di ritorno, dopo aver fatto il giro completo dell'isola... perché è proprio su un'isola che mi trovo, e per giunta, disabitata... un atollo, come lo chiamano da queste parti.

Lì per lì, non mi sono disperata "verranno a prendermi" ho detto. Ho trovato un palo e ho sacrificato un pezzo di vestito... così ho fatto il modello "naufragio"... avrei anche acceso il fuoco, se mi fosse riuscito...

 

(prende due legni nella sabbia)

 

... chi ha detto che sfregando due pezzi di legno...? E’ incredibile quante stupidaggini la gente vada in giro a raccontare!... ma non perdiamo la calma, self control! anche se qui non c’è nessuno a guardarti, in fin dei conti sono qui solo da tre giorni...

 

(le viene in mente qualcosa)

 

... a proposito...

 

(ricupera una tavoletta sulla spiaggia)

 

... oggi è un altro giorno da segnare...

 

(fa un segno con un pezzo di conchiglia)

 

... bisogna che non me ne dimentichi, almeno per mantenere i contatti col calendario. Questa è la data di arrivo, e qui ci sono i tre segni... tre giornate ad aspettare una nave, un aereo: nulla... ormai non cercheranno neanche più... penseranno che non ci sono superstiti. Organizzano le crociere e non sanno organizzare i naufragi! Prima della partenza ti dànno un bel programmino con le tappe che farà la nave, le cose che ti faranno vedere, le specialità che ti faranno mangiare... (i gamberoni!)... i vini che ti faranno bere... e niente, proprio niente sui naufragi! roba da matti! neanche una nota in fondo alla pagina, che so, "in caso di naufragio, il servizio di soccorso sarà assicurato da tanti aerei, tanti elicotteri, tante navi da ricerca, eccetera, eccetera..." Ma chi me l'ha fatto fare, di partecipare alla scoperta del Pacifico?!

Beh, ormai è fatta: self-control. Parliamo della capanna...

 

(l’indica con la testa)

 

... appena l'ho vista mi sono detta "meno male che qui c'è qualcuno che può darmi una mano"... e invece dentro non c’era nessuno. Più che un'abitazione, sembra un punto di appoggio per un pescatore: dentro c’è qualche attrezzo e un grosso recipiente con l'acqua da bere. E il pescatore dov'è? son tre giorni che l'aspetto. Che sia stato spazzato via dalla tempesta, come la nave? Ma no, lui non s’è fatto incastrare dal temporale, non è come quei fessi che hanno organizzato la crociera, lui: è uno di queste parti e il mare di casa sua lo conosce bene... speriamo.

E se a quello, tornando e vedendo una donna sola, gli venisse in mente...? ma no, qui nel Pacifico il sesso è vissuto in modo differente, lo diceva anche il programma della crociera... Beh, appunto per questo... un giovane, atletico pescatore, trovando una donna sola sull'atollo... in questo caso dovrei fare buon viso a cattiva sorte... no... cattivo viso a buona sorte... nemmeno... ma te l’immagini Pupa o Doretta al mio posto?!

E se invece il pescatore fosse un vecchio e cadente?... Beh, se proprio è vecchio e cadente, il problema non esiste. Oppure nel Pacifico le cose vanno in un altro modo? Eccole le cose che dovrebbero scrivere sui programmi di viaggio, invece di tante stupidaggini!

Ho fame. Guardiamo se è avanzata qualcosa della cena di ieri sera...

 

(va a prendere qualcosa in un punto della spiaggia)

 

... un avanzo della cena, della prima colazione e della seconda, di ieri, dell'altro ieri e del giorno prima: un granchio. Non ho mangiato che granchi da quando sono qui. E pensare che prima mi facevano schifo soltanto a vederli!... ma qui, se voglio sopravvivere... Se riuscissi ad accendere il fuoco, almeno, potrei farli arrostire, invece mi tocca mangiarli crudi... Pupa direbbe che è una fortuna, "perché in questo modo le vitamine si conservano inalterate"... una fortuna... lei che in questo momento, magari, è seduta davanti a una buona cenetta... vorrei vedere lei di fronte a un menù del genere: granchi crudi e acqua. Poteva andar peggio?... se la mettiamo in questo modo, posso anche dirmi fortunata... ma, per carità, che Pupa non venga fuori con le sue teorie sulle vitamine! È toccata a me, d’accordo, ma non mi piace essere presa in giro...

 

(come se dialogasse con l'amica)

 

"... ho detto di no... non me ne frega nulla se hai delle buone intenzioni... ti pare il caso di farle a una come me, nelle mie condizioni, le tue sviolinate sull'ecologia?...

 

(piagnucola)

 

... no, questo da te, Pupa, non me lo sarei mai aspettato... per te vitello arrosto e per me granchi, crudi... e poi vieni fuori con la faccenda delle vitamine!"

Se almeno arrivasse questo pescatore per portarmi al suo villaggio!... Perché sarà quello che vorrà fare, no? Che cos'altro potrebbe venirgli in mente, trovando una naufraga su questo atollo?... potrebbe...? sì, va bene: abbiamo già fatto questa ipotesi. Dopo, dico ... non mi lascerà mica sola, per caso? Ma no, questa è gente ospitale... almeno così diceva il programma... mi porterà sulla sua isola, fra la sua gente... da queste parti non esistono problemi di sopravvivenza... alle brutte, i granchi (che schifo!)... ci sono sempre... il clima è mite e si vive all'aperto, e per vestire basta un pareo. Imparerò anch'io a danzare sulla spiaggia, perché questa credo che sia l'occupazione principale delle donne di quaggiù... ne avrò visti di film e documentari su queste parti... eppure le donne non facevano che quello!

A parte la danza, potrei rendermi molto utile in una comunità primitiva; potrei insegnare la nostra civiltà... beh, non tutta, si capisce... non è che io... qualcosa... per esempio... il Teorema di Pitagora, questo me lo ricordo bene!... già, ma cosa se ne fa la gente di qui di sapere che la somma dei quadrati costruiti sui cateti...? Altre cose sarebbero importanti: come si tesse una stoffa, come si costruisce una barca, come si cuoce la ceramica... ma questo possono insegnarlo loro a noi... a noi, che ci diamo tante arie! Ma che cosa ci fanno imparare a scuola?... i principi?... ma quali?... acca due esse o quattro... e poi?... spero promitto e iuro reggono l'infinito futuro...? e poi?... e poi capiti su un atollo del Pacifico e il primo pescatore che incontri ti fa fare la faccia rossa!

Che cosa, diavolo, potrei fare per rendermi utile? Potrei insegnare la mia lingua, questo sì... ma prima devo imparare la loro, altrimenti chi mi capisce? E quando gli ho insegnato la mia lingua, loro cosa se ne fanno?... potranno leggere i nostri classici. E i libri dove li prendono, se non hanno contatti con il mondo civile?... Posso riscriverli io... ma sì, guarda che idea!... "Quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno..." che bellezza! posso diventare la Manzoni del Pacifico... ma come faccio a riscrivere i Promessi Sposi? Mi ricordo la trama e qualche frase qua e là, ma ci vuol altro!... niente, nessun romanzo posso scrivere... ma poi, siamo giusti, ce li vediamo questi giovanotti e queste ragazze sulla spiaggia, che invece di...

 

(accenna ad un passo di danza)

 

... si mettono a leggere "quel ramo del lago di Como..." No, non sarebbe un best-seller. Che cosa posso fare allora?... no, la musica no: sono negata... e non parliamo delle arti figurative... la poesia! questa sì che va bene! eccolo il modo di comunicare con questa gente, il mezzo per elevare anche i più semplici alle vette sublimi dell'arte...

 

(come rispondendo a una domanda)

 

... no, quella non è possibile, è fuori discussione... lo so che sarebbe importante, volete che non lo capisca?... "Nel mezzo del cammin di nostra vita, per me si va nella città dolente, la bocca sollevò dal fiero pasto, e quindi uscimmo a riveder le stelle"... questo è tutto quello che so; e il resto chi lo scrive? Ne so pochino? forse, ma neanche Francesca Romana ne sa di più, lei che si dà le arie da intellettuale.

No, nemmeno l'Alighiera del Pacifico posso diventare... però, c'è una poesia completa che conosco: "M'illumino d'immenso". Sembra un titolo, e invece e tutta qui... un po' cortina per affermarsi come poetessa... ah, ce n'è un'altra!... questa è più lunga e la so tutta a memoria... "T'amo o pio bove..." ma come si fa?... qui di bovi non ce ne sono, non ne hanno mai visti... è come se da noi qualcuno scrivesse "T'amo o pio iguana..."!

Non c'è nulla da fare qui per me, se non infilare conchiglie nelle collane, o entrare nel corpo di ballo sulla spiaggia... e poi, un momento, qui il ballo è tutto un dimenamento di fianchi... non è facile, bisogna incominciare da bambini.

Ci sono! questa volta ho trovato davvero. C’era una materia a scuola nella quale me la cavavo bene: la filosofia. Ecco quello che posso insegnare: il pensiero filosofico, la base di tutte le scienze, di tutte le azioni umane... insegnerò a ragionare, fisserò i binari sui quali dovrà correre la ricerca nel campo del pensiero... e, che fortuna per loro! Non dovranno aspettare secoli e millenni per passare da un’esperienza all’altra... dal “Conosci te stesso” di Socrate al “Proletari di tutto il mondo unitevi” di Marx il viaggio sarà breve... già!... ma dove li fisso questi binari, dove li scrivo questi principi, se non ho carta?... le foglie?... potrebbe anche essere, ma come si fa? E rieccoci alla tecnica... un momento! Che bisogno c’è di scrivere? Socrate non ha mai scritto nulla. Posso fondare anch’io una scuola peripatetica: insegnerò passeggiando, e in questo modo li aiuterò a scoprire quegli obiettivi verso i quali deve procedere la loro comunità... piano, piano, qui sono al di là di Carlo Marx, qui hanno già tutto in comune, dagli strumenti di produzione alla forza lavoro, al prodotto ottenuto... verso quali obiettivi devono procedere?... beh, è un po’ difficile, così su due piedi... io di esperienze simili non ne conosco... bisogna pensarci bene, discuterne... (chissà poi con chi)... non son cose che vengono in quattro e quattr’otto... ma, insomma, c’è un limite a tutto!... per chi mi avete presa?... ma guarda un po’ che pretese! ti sbattono su un atollo a mangiare granchi crudi, e pretendono di farti fondare una scuola filosofica... battona, per giunta... volevo dire: peripatetica... associazione di idee.

Che ore saranno?

 

(va a guardare in una zona della spiaggia)

 

Io l'orologio solare l'ho fatto: uno stecco infilato nella sabbia, ma con l'ombra non ci capisco ancora nulla... ci vorrebbe un orologio vero per controllare gli spostamenti. Ma se avessi un orologio vero, farei a meno di quello solare, no?

Però che noia su questi atolli! Quando hai segnato la data e guardato l'ora, non c'è altro da fare... ah, devo rifarmi il letto...

 

(gratta un po' la sabbia dove ha dormito)

 

Sì, io continuo a dormire qui, non nella capanna. Il pescatore potrebbe arrivare anche di notte, e se mi trovasse lunga distesa sulla sua stuoia, che idea si farebbe di me? uno che arriva dal lavoro e trova una donna nel letto, che cosa deve pensare? è una naufraga, va bene... ma sempre donna è. E così il letto me lo preparo qui. Non che con questo mi senta sicura: sono nelle sue mani... e non ho alcuna intenzione di sottrarmici... non ci tengo ad entrare nel calendario come martire che su un atollo del Pacifico, per difendere la sua purezza... (diciamo così)... non me lo sogno nemmeno... solo che, un po’ di forma, bisogna salvarla. Magari lui non ci pensa... e non sta bene che sia proprio io a metterglielo in mente.

E, se fossero più di uno?... due?... tre?... o di più, magari?... bah, vedremo sul momento il da farsi... o il da farsi fare... è inutile spaccarsi la testa adesso. Però, si potrebbe verificare anche un altro caso: ho letto che da queste parti, quando due giovani si sposano, vanno a passare la luna di miele su un isolotto deserto. E se questa l'avessero costruita due sposi? oh, mamma mia!... loro poverini, arrivano per starsene un po' soli, e trovano il terzo incomodo... ma che colpa ne ho io... lo capiranno, no? Non è che io sia venuta apposta per spiare le loro intimità: è stato il caso a portarmi qui, il fato... Oh, mamma mia, il fato! incominciamo con le complicazioni religiose... lui, magari, dice "ma guarda te che bel regalino mi ha mandato la dea dell'amore" e...

 

(fa il gesto di chi abbraccia)

 

... e lei, invece, "guarda un po' chi mi ha messo fra i piedi la dea del tradimento " e...

 

(fa il gesto di chi pugnala)

 

Eh, no, ragazzi, andiamoci piano: datemi la vostra barca ed io mi tolgo subito di circolazione... già, mi dànno la barca e restano loro a piedi! O mi buttano in mare o mi tollerano. Ma è più facile che mi tollerino: non credo che qui le donne siano troppo gelose, né che gli uomini siano degli affamati sessuali... ma chi rifiuta un’occasione del genere? Non sono poi da buttar via!... e poi, l’europea, la novità... E va bene non esser gelosa, ma mettiamoci nei panni... anzi, nel pareo di quella povera diavola! Proprio durante la luna di miele dovevo capitarle fra capo e collo?!

Qui finisce male, me lo sento... anche perché ho già avuto la fortuna di scampare al naufragio; una non può pretendere che le vada sempre bene: lo zero, qualche volta deve pur uscire. E questa è la volta che esce!... E, se mi prendessero come un regalino arrivato per tutti e due?... Mah... io non conosco bene gli usi e i costumi di queste parti... e a me, francamente, le donne non è che dicano molto... ma, in stato di necessità... si può sempre considerare un'apertura verso una nuova esperienza...

Ma cosa vado a pensare?! Che cosa vado a sporcare con i nostri vizi e le nostre corruzioni! Questa è gente semplice, che vive vicino alla natura e che obbedisce sempre alle sue leggi. Quindi, l'uomo, appena mi vede mi salta addosso, e la donna...

 

(fa il gesto di chi pugnala)

 

Però, io sono un'ospite, e presso tutti i popoli l'ospitalità è sacra. Ma anche il matrimonio è sacro... e mi buttano in mare. Ma guarda un po' in che razza di guaio dovevo andarmi a cacciare, senza né colpa, né peccato! Ma vaglielo a far capire a quelli lì!... non capiscono niente: è più di un’ora che parlo, e loro lì a guardarmi con gli occhi spenti. Su con la vita, ragazzi!... su, su... sono un essere umano, come voi... non sono mica piombata giù da un pianeta... Ma per loro è lo stesso... guarda che faccia fanno!... “Io venuta qui a nuoto... così, grande tempesta e nave caput... (ma che cosa c'entra il caput con loro?!) ...

 

(con gesti e rumori cerca di rappresentare il temporale e le altre cose che dice)

 

... io molto male qui, perché mangiato gamberoni alla panna... (sì, adesso gli spiego i gamberoni!) ... io andata a letto e trovato tavola trampolino... io credere tavola, ma era porta cesso... cesso madames... io aggrappata... (ma cosa devono capire, poveracci!... eppure, bisogna che li tranquillizzi: hanno gli occhi così terrorizzati!)... io amica... spiacente voi sposati... (ma cosa dico?!)... volevo dire, contenta, ma spiacente essere qui... voi non pensate me, voi fate vostro fic-fic tranquilli... io non disturbare... io non avere bisogno niente: qui stare bene... grande letto per dormire... molti granchi crudi per mangiare... a proposito, solo piccolo favore io chiedo: insegnare me accendere fuoco... poi voi fare quanto fic-fic volete: io non disturbare più... e quando voi stanchi e volere tornare grande isola, voi dare passaggio me, capito?" ...

Sì, capito... neanche fossero due Einstein avrebbero capito!... Non è mica una cosa facile farsi capire qui nel Pacifico. Quando arrivano quei due bisogna che abbia un discorso già pronto. Prima di tutto devo dire che sono un'amica... come glielo faccio capire?... ah, così... io amica...

 

(si bacia il dorso della mano)

 

... brava! così lui ti salta subito addosso, e lei...

 

(fa l'atto di chi pugnala)

 

... ma com'è difficile vivere con questa gente... non gliene va mai bene una!...

 

(il suono di un telefono che viene dalla capanna. La donna rimane perplessa, fa un gesto di stizza, entra nella capanna e torna fuori, tirandosi dietro il telefono attaccato a un lungo filo. Alza il ricevitore)

 

"Sebastiano?!... deficiente, cretino, rimbambito... ma cosa ti viene in mente di telefonare e di sciupare tutto?... quando faccio la naufraga, il telefono non esiste, hai capito?... Solo se bruciasse la villa. Sta bruciando la villa?... E allora perché hai telefonato? Chi la ricrea adesso l'atmosfera che avevo costruito? E così sono stata un’ora sotto il sole per nulla, e a me troppo sole non piace, lo sai, specialmente quando è sole inutile… diventa inutile dopo, quando ti hanno sciupato tutto… dài che hai capito benissimo… non fare come questi del Pacifico, che sono due ore che parlo e non hanno capito nulla… ma no, non c’è nessuno qui: era tutto perfetto… neanche una nave all’orizzonte, nulla… mi sentivo proprio su un’isola solitaria… non come l’altro giorno quando, sul più bello, sono arrivati i Migliorini – Casati qui davanti, a fare lo sci nautico. Stamani era tutto perfetto, e tu, brutto stupidone!… avevo avuto anche l’idea del “T’amo o pio bove” al posto di “Ei fu siccome immobile”… perché non dovevo? Ho tirato dentro Carducci al posto di Manzoni che, fra l’altro, è ancora dentro con i Promessi Sposi… e poi con Carducci viene fuori la battuta sull’iguana che non è male… iguana, non guano, ignorante! Ma, a proposito, perché sei ancora lì, perché non sei ancora saltato sulla piroga polinesiana per arrivare qui col tuo bravo perizoma da pescatore del Pacifico?... cosa... non arrivi?!... era per questo che mi telefonavi… e si può sapere perché non arrivi?... forse perché devi fare il filo a Giuseppina, la nuova cameriera?... dài non fare lo gnorri: ho visto bene come la guardi... ma perché vuoi negarlo, di che cosa hai paura?... stiamo giocando col "Naufragio nel Pacifico" non con "Gelosia a Napoli"... e, se proprio volevi, potevi portarla con te, la nuova cameriera, come moglie del pescatore... davi un perizoma anche a lei, cioè, un pareo… che cos’è? Uno straccetto come sottana e un altro al seno… perché non ci hai pensato?... fra l'altro, lo sai, io faccio anche l'ipotesi della giovane coppia di sposi che arriva e trova la naufraga... lo so che non l'abbiamo mai fatto: questa poteva essere l'occasione, no?... come sarebbe a dire, non sai la parte: non devi proprio aprire bocca... cosa si possono dire una naufraga e un pescatore del Pacifico?... solo gesti, proprio come hai sempre fatto... beh, tutto, tutto, davanti a Giuseppina, no... ma non pensi che a quello, tu?... come, a che cosa dovresti pensare?... per esempio a tutti gli sviluppi psicologici che potrebbero verificarsi: due giovani in luna di miele che incontrano, forse per la prima volta nella loro vita, un’europea… come, se Giuseppina non ci sta?... ritorni sempre sullo stesso punto… è un’ossessione la tua!... ma sì, la vivi in modo troppo monotono la situazione... arrivi con quell'idea in testa, come se lo sapessi già, e appena mi vedi… e, diamine!... c’è tutta una serie di passaggi da rispettare: lo stupore, il timore, la curiosità, il pudore… e tu, invece, giù a pesce!... e magari, senza neanche portarmi nella capanna... sulla spiaggia, come l'altro giorno, brutto testone, con i Migliorini - Casati che con la scusa dello sci nautico passavano in su e in giù qui davanti… no, non mi lamento, ma un po’ di fantasia, ogni tanto, non guasterebbe, invece della solita minestra… cercherai di preparare Giuseppina?... mi sembra che tu abbia già incominciato bene… no, non voglio insinuare, faccio soltanto una constatazione… e non voglio affatto alludere a quella cosa, non sono io che… beh, cambiamo discorso, è meglio.

Allora, si può sapere perché non sei ancora arrivato col tuo bel perizoma da pescatore?... non vuoi più salire sulla piroga polinesiana?... hai paura di andare a fondo?... Ma, dico, siamo impazziti?... non lo sai che le imbarcazioni a bilanciere sono le più stabili del mondo?... non la nostra?... ma se è la copia esatta di quella del "Musée de l'homme" di Parigi?! … no, non sto parlando in dialetto, è francese, ignorante!... lo sai, vero, quanto ci è costata la riproduzione?... hanno sbagliato le proporzioni?... e te ne accorgi adesso, dopo un mese che l'adoperi?... cosa?... vuoi arrivare a nuoto come scampato al naufragio anche tu?... ma se non sai nuotare!... aggrappato a una tavola... l'altra porta del cesso?... non hai sforzato la fantasia, mi pare… siamo piuttosto in ribasso come immaginazione… no, non è che sia contraria, ma questo cambia tutto… sono un po’ impreparata, capirai… improvvisare va bene, ma almeno una traccia ci deve essere… con un naufrago, tu capisci, bisogna parlare: non è come col pescatore che si va avanti a gesti… dici che non cambia nulla… da quel punto lì?... ma non esiste soltanto quel punto, lo vuoi capire?! È una mania la tua!... e poi, vuoi mettere come creava atmosfera la piroga polinesiana… me la devo dimenticare perché il pescatore non lo fai più… ho capito: un personaggio che scompare dai nostri giochi... ah, ce n'è un altro che scompare, almeno stasera... ha telefonato che non può venire... e chi è?... Doda?!... stasera Doda non viene?... maledizione! e a chi la facciamo fare la padrona del casino?!... direttrice di sala, si chiama?... non lo sapevo: non l'ho mica inventato io il gioco... è di mio marito... sì, il signore... e poi, inventato... cosa vuoi che inventi, lui... ha ricopiato... Il mio naufragio sì che è tutto inventato... io, sugli atolli del Pacifico non ci sono mai naufragata… ma torniamo a casa... volevo dire, al casino: a chi la facciamo fare la maîtresse, stasera?... va bene che tu non partecipi, ma una mano me la puoi sempre dare, anche dal di fuori, no?... no, troppo tardi: non si può più disdire, ormai... figurati mio marito, poi... viene mia cugina con Fulvio, la tribù dei Costa - Volpicelli, Cocca, Pier Franco, Fabiana... a chi?... a Fabiana? ma sei impazzito?! Fabiana va bene ancora come ragazza di camera... le hai visto le tette?... no?... te le posso descrivere io... ma cosa vuol dire se non è più giovanissima, erano tutte giovanissime nei casotti, una volta?... lo so che tu non ci sei mai stato: non hai fatto in tempo… li hanno chiusi prima… no, dico: non ci sei andato perché non c’erano più, non per una scelta precisa… è come vantarsi di non essere mai andato sulla luna… rendo l’idea?... insomma, Doda ci ha messi a terra per stasera: bisogna che trovi una sostituta... sostituta, non prostituta, sei diventato sordo?... chi? non lo so ancora... ci devo pensare... ti richiamo dopo…

 

(abbassa il ricevitore, si guarda intorno, sbuffa e scrolla le spalle)

 

... tanto vale, ormai...

 

(va nella capanna e porta fuori una sedia a sdraio, un ombrellone e una borsa. Apre ombrellone e sedia; si accorge di essere ancora vestita da naufraga)

 

… e questi cosa ci fanno?...

 

(si strappa di dosso i vestiti e resta in bikini. Guarda il sole, ritorna nella capanna ed esce in accappatoio. Siede e prende dalla borsa gli occhiali da sole, le sigarette e l’accendino)

 

… una volta che era andato tutto bene, è stata la piroga polinesiana a non funzionare!... e ora anche quella scema di Doda che ci mette nei guai! Lo sapeva da una settimana del gioco di stasera e doveva tenersi libera... eh, sì: la serietà prima di tutto. E ora come faccio?... Ci sarebbe Corinna che potrebbe andare: la faccia ha le pieghe giuste... e lo sguardo, poi, perfetto... ma chi glielo dice che è proprio il tipo che ci serve per fare la maîtresse?... lei! che tutti i giorni va in chiesa!... “sai, hai così una faccia da vecchia porca”… quasi, quasi la faccio io... anche se, modestamente... no, sarei ridicola... chissà perché Luca ci tiene tanto a questo gioco… forse perché gli ricorda la sua giovinezza… i migliori anni della nostra vita…dev’essere una faccenda romantica… a me, invece, non dice proprio nulla, anzi, mi sembra monotono da morire: starsene lì tutte in fila ad aspettare che… se era proprio così, hanno fatto bene a chiuderli! Ma guarda che giornata fantastica sarebbe stata per il naufragio!... Invece, tutto a rovescio... e anche Doda... ma, un momento!... perché mi devo rompere la testa proprio io, per stasera? non è mica mio il gioco: è Luca che l'ha inventato, lui è il regista, e lui ci deve pensare... ma guarda che cretina! vado a prendere le gatte da pelare degli altri... a rischio, poi, di sentirti dire che hai sbagliato tutto, che le maîtresse erano fatte così e così... cosa ne so io di come erano fatte... io non ho passato la giovinezza nei casotti, ma nei collegi delle monache... e anche se... beh, c'è una bella differenza!

Ah, ma ti aggiusto io... ti piace fare il regista? e allora goditela fino in fondo...

 

(prende il ricevitore del telefono e compone un numero)

 

"Sebastiano?!... ho riflettuto e ho concluso che dell'affare di Doda non me ne frega proprio niente, perché è mio marito che ci deve pensare: il gioco è suo, piace a lui e lui si preoccupi di farlo funzionare… lui non ha mai messo il naso nel mio naufragio, e quando è servita una piroga polinesiana, sono stata io a provvedere… ho provveduto male? bene o male è un altro discorso: l’importante è che non gli ho chiesto una mano. Dunque, che se la sbrighi da solo: io faccio anche troppo a partecipare con le altre, a stare lì in fila ad aspettare di essere scelta… con il rischio, poi, che a sceglierti sia proprio… ci siamo capiti?... eh, no, se dovesse succedere, io mi rifiuterei… lo so che loro non potevano rifiutare nessuno, ma un malore poteva capitare anche a loro, no?... io mi farei venire uno svenimento in quel caso…

Allora, Sebastiano, adesso mi fai il favore di chiamare mio marito in ufficio e dirgli di Doda… e nel caso lui ti dicesse di parlare con me, tu rispondi che hai l’ordine di non disturbarmi perché sono sull’atollo… come?... mio marito non c'è?... ha telefonato un minuto fa: è partito per un viaggio d'affari?... quale viaggio, io non ne sapevo nulla... e quanti giorni sta via?... non l'ha detto... già, bisogna domandarlo alla sua segretaria quanti giorni lei vuole star via... sì, a quella strega... macché viaggio d'affari: non ci sono viaggi d'affari per mio marito!... anzi, per lui, non ci sono neanche gli affari: l'azienda che gli ha lasciato suo padre va avanti per conto suo... vedi, affari è una parola che ha tanti significati: ci sono gli affari pubblici, gli affari di stato, gli affari esteri, gli affaroni, gli affaracci... tutti hanno il loro affare… no, non voglio alludere… si dice “ho preso in mano un affaruccio”… “ho visto un bell’affare e mi sono buttata”… ma no, sono modi di dire!... allora, proprio non si può più parlare... beh, se l'intendi in questo modo, allora, quello di mio marito con la sua segretaria, è proprio un viaggio per gli affari!... No, non è possibile, non può essere vero: non esistono viaggi d’affari veri, mai… il viaggio d’affari è sempre simulato: quando non vuoi incontrare qualcuno o te ne vuoi liberare, dici “devo partire per affari”… che cosa fa il marito che vuole sorprendere la moglie con l’amante? dice “vado in viaggio per affari”… no, questo non è il nostro caso: questo è un viaggio d’affari autentico… ma lasciami finire!... autentico nella simulazione: cioè, è il classico caso in cui un falso viaggio d’affari serve a nascondere una sudicia tresca di letto.

Troppo severa? tutti abbiamo i nostri peccatucci?...eh, no, mio caro: i nostri sono giochi e quella è realtà... non puoi mischiare le carte... E se anche quello fosse un gioco?... l’avrebbe detto prima o l’avrebbe fatto capire, magari con una semplice strizzatina d’occhio… vedi, il bello sta proprio lì, nel far vedere come siamo bravi a far assomigliare al vero quello che vero non è… Ora che ci ripenso, però, c'è un vantaggio: va a monte la riunione di stasera. Meno male: è un gioco che non mi va giù; lo trovo volgare e stupido, proprio come mio marito… senza fantasia… lo vedi anche da qui, certo: inventa un gioco, e indovina un po’ cos’è? il casino che frequentava da giovane… si prende un’amante, e chi va a pescare? la sua segretaria!... è un bel pezzo di ragazza?... sarà, ma a me la cosa sembra piuttosto meschina. Comunque, in camera mia troverai la lista degli invitati di stasera... telefona a tutti per avvertire che la riunione è sospesa perché il signore... è in viaggio d'affari... passo e chiudo."

 

(abbassa il ricevitore e accende una sigaretta nervosamente)

 

... in viaggio d'affari, il miserabile!... come si è permesso di introdurre la sua verità nei nostri giochi?... di umiliare la nostra fantasia coi suoi sporchi fatti personali?... disgraziato! ha sciupato tutto, ha sporcato tutto...

 

(ha un accenno di singhiozzo. Dialoga con se stessa)

 

... "cosa faccio, piango, adesso?"... "ma no, sono i nervi... la rabbia che mi sento in corpo per quel... vigliacco... dopo tutti gli anni che gli ho dedicato, dopo tutti i sacrifici che ho fatto per sopportare la sua volgarità...

"dài, su... facciamo il casotto stasera... ci stai anche tu, vero?..."

 

(singhiozza)

 

... "ingrato!"... "cosa fai, cretina, ti metti a piangere?"... "ma no, di lui non m’importa nulla, lui non merita nulla... è per gli anni che ho sprecato che..."

 

(continua a piangere)

 

... "la vuoi smettere?!... Sembra che tu abbia riesumato ‘Abbandonata nel motel’" ...

 

(alza le spalle)

 

... "e poi, le lacrime non c'erano neanche lì..." ... "e io ce le metto! sarò padrona di piangere quando e dove mi pare?!" ... "non nei nostri giochi"... "e perché...?"… "perché li facciamo per divertirci, e le lacrime vere non ci stanno, è evidente"... "E' evidente, sono fuori gioco... e tutto per colpa di quel... delinquente!" ...

... così ora divento adultera quando cedo al pescatore del Pacifico e prostituta quando gioco al casotto... neanche Pirandello ci si raccapezzerebbe!... Allora, se il signorino non vuole più stare alle regole, perché devo starci io?... eh no, caro mio, non sono cretina fino a questo punto: io mi butto sull'«occhio per occhio», e chi s'è visto, s'è visto!...

 

(solleva il ricevitore e compone un numero)

 

... "Sebastiano... stai telefonando per disdire?... bene... e come la prendono?... ridacchiano, quando sentono che il signore è in viaggio d'affari!... si capisce: lo conoscono bene e sanno quali affari lui può trattare… appena hai finito, dì a Carla e a Giuseppina che hanno la giornata libera e che se ne vadano: restiamo noi due soli alla villa per un nuovo gioco... di che si tratta?... il titolo potrebbe essere "La signora e il suo autista"... lo so che ti piacerà, stupidone!... perché non l'abbiamo mai fatto? perché era troppo vicino alla realtà e non lo trovavo di buon gusto... non è la stessa cosa: si tratta di sfumature che possono cambiare tutto... vedi, il gioco del casino, lo facevo soltanto perché piaceva a mio marito, e in quello del naufragio non mi sentivo colpevole perché sottostavo a una forza superiore alla mia, soccombevo sotto il peso di una circostanza...

 

(piagnucolando)

 

... e che altro poteva fare una povera donna sola, su un atollo?... No, non ho più scrupoli adesso: mio marito se ne va in viaggio d'affari ed io mi sento libera di giocare alla signora con il suo autista.

Prepara tutto per bene: indossa la divisa nuova e porti la berlina davanti all'ingresso principale della villa... quando tutto è a posto, dammi un colpo di telefono: io entrerò in casa dalla porta di servizio e salirò in camera mia a vestirmi... appena pronta, stacchiamo il telefono e incominciamo... nessuno ci disturberà più...

… come, che bisogno c'è di questo apparato?!... ma cosa dici?!... ti rendi conto?!... mi prendi per mio marito?!... o per una signora che se la spassa davvero col suo autista?!... ma allora non hai capito nulla!... si capisce che c'è differenza... fai come ti ho detto, e non metterti in testa certe idee!..."

 

(abbassa il ricevitore)

 

... perché quest'apparato, domanda... c'è da farsi cadere le braccia... allora non ha capito proprio nulla!... eh, sì: gratta, gratta e le origini vengono fuori... è una questione di cultura... e di classe... Eh, sì, caro Carletto... (Carlo Marx, naturalmente)... ne ha ancora di strada da fare, il proletariato!... hai voglia te a sacrificarti a spiegare, ad insegnare... guarda che risultati!...

Ma non son conti da fare, questi... chi ha l'abitudine di dare, come me, non può che continuare su quella strada, senza lasciarsi scoraggiare dai frutti raccolti... e forse un giorno...

 

(accenna l'aria dell'inno dei lavoratori)

 

"Su fratelli e su compagne..."

 

 

 

 

SIPARIO


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

S E C O N D A        P A R T E


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SUPERIORITA’ DELL’ATTORE

 

 

 

monologo

 

 

 

 

L’attore è in scena con un immaginario interlocutore. Sul fondo una quinta teatrale oltre la quale si intravvedono la ribalta accesa e la buia distesa di una platea affollata. Lo spettacolo è in corso. Ogni tanto, qualche musichetta, brusio di folla, risate, applausi.

 

 

 

L’attore

 

– … no e no… ho detto di no! io non le faccio queste figure. Dovevo saperlo prima, mi sarei preparato qualcosa. Lo so che non fai l’indovino, ma nemmeno io faccio il tappabuchi. Quello che potevo fare l’ho fatto: ho allungato il mio numero di cinque minuti… di più non potevo starci là sopra… lo capisci subito quando il pubblico è stanco. Figurati un po’ se posso ritornare in scena… a raccontare che cosa, poi?… come dici? l’attore di razza… l’animale da palcoscenico?… balle!… l’improvvisazione non è mai esistita, neppure ai tempi della commedia dell’arte… e neanche Petrolini… no, neanche lui, con quelle battute brucianti che sembravano nate lì per lì… un campionario ne aveva, tutte belle allineate le battute “brucianti”, per tutte le occasioni… queste per il ritardatario, queste altre per lo spettatore che si alza prima della fine… per chi non applaude, per chi chiacchiera col vicino di posto, e via di seguito. Dunque, se neanche Petrolini se la sentiva di affrontare il pubblico a mani nude, vuoi che io, proprio io… eh, andiamo! La faccia è mia e non la butto via così facilmente. Che cosa dovrei fare?… barzellette? non ne conosco… una storia qualsiasi, un episodio della mia vita?… beh, ma per chi m’hai preso, per Giacomo Casanova? Cosa credi che sia stata la mia vita, un romanzo?… una vita come tutte le altre, né più, né meno… anzi, forse meno che più. E poi, non lo sai che una vita appare interessante solo quando appartiene a chi è diventato qualcuno, quando qualsiasi cosa abbia fatto diventa un segno rivelatore, anticipatore del genio? Se io, per esempio, vado fuori a raccontare che mio padre non voleva che facessi del teatro, sai cosa dice la gente?… “aveva ragione”!… come? Se gliela racconto così si mette a ridere? Non credere: oggi il pubblico è molto esigente… ci vuol altro per farlo ridere… come dici? con i discorsi dei politici di tutti i giorni… io dovrei raccontare questa roba?… non sono ancora sceso così in basso… e poi a me il qualunquismo non piace, lo sai. No, non insistere, le mie doti di comunicazione ci sono ancora quando ho un testo nel cervello, provato e riprovato… ma poi, ti rendi conto chi dovrei sostituire?.. Kira e Samantha… tette, cosce e chiappe… ti rendi conto? Il novanta per cento del pubblico viene per vedere loro, e io dovrei dare almeno qualcosa dello stesso peso… ah, non pretendi che lo spogliarello lo faccia io… sei generoso!… ma perché quelle due cretine sono andate a finire in un incidente stradale facendosi incastrare dalla polizia per via delle testimonianze?!.. Va beh, affari loro… Senti, perché sulla scena non mandi Gloria… cosa vuoi che sia per lei cantare altre tre o quattro canzonette?… non la vogliono sentire, è una cagna sfiatata?… mi dài ragione, finalmente!… e perché l’hai ficcata in compagnia, allora, perché ce la portiamo dietro?… va a letto con l’onorevole... lo so… e allora che venga lui qui, l’onorevole, a riempire questo vuoto… potrebbe essere un’idea: l’onorevole tappabuchi… eh, no, questo non è qualunquismo: non è un onorevole qualunque, è un onorevole con nome e cognome. Dài, non te la prendere, lo so che non è il momento di scherzare, che non vuoi avere da dire con il proprietario della sala… vediamo come si può rimediare… il duo Foster! Non hanno un altro balletto da presentare?… non ce l’hanno. Scin–Lao, l’uomo che legge nel pensiero, può allungare il suo numero come ho fatto io, no? ... allungherà di dieci minuti… e perché non di più? … c’è un limite a tutto? e lasciamoglielo trovare a lui questo limite: sarà ben capace di leggerlo nel pensiero del pubblico quando è il momento di smetterla… ma no… ti ho detto che voglio aiutarti, non cerco le battute… vengono fuori da sole… perché siamo qui, si capisce… là non uscirebbe nulla. Senti, non c’è che Susy che possa salvare la situazione… lei, se vuole, può farlo durare almeno un quarto d’ora il suo numero… dici di no?… cinque minuti tutta vestita… cinque minuti per togliersi il reggiseno e cinque minuti dal reggiseno alle mutandine… guarda, è Susy che può darti una mano… beh, una mano con tutto il resto, si capisce! Ma non c’è verso di farti smuovere!… sei proprio fissato con me, te li devo riempire io questi dieci minuti!… il pubblico vuole me?… ti ringrazio, ma il pubblico prende quello che passa il convento: il pubblico è un buon bestione che chiede soltanto di poter sonnecchiare in pace. Io non so cosa andare a dire, hai capito? Io senza il copione sono un uomo morto, Ah, sì, la fai facile, tu… ma prova ad affrontarlo tu, il pubblico… quella platea silenziosa che aspetta il momento giusto per sbranarti… eppure dovresti conoscerlo anche tu, il pubblico, dovresti sapere di che mostro si tratta… come? mi contraddico?… non c’è contraddizione, il pubblico può cambiare: a volte buon bestione, a volte mostro spietato. Insomma, lo vuoi capire che non me la sento?… dovrei entrare dopo il numero degli equilibristi, fra dieci minuti esatti... cosa vuoi che prepari in dieci minuti?… non è per dar retta a Stanislavskij, ma un po’ di tempo ci vuole… Senti, ho un’idea: allunghiamo di cinque minuti l’intervallo fra il varietà e il cinegiornale e di cinque quello fra il cinegiornale e il film… beh, scusa tanto, non volevo mica offenderti, cercavo di aiutarti… sì, lo so che col vuoto non si riempie nulla, che lo spettacolo è già uno schifo così… escluso il mio numero? Grazie, ma non ti incomodare, tanto sul palcoscenico non ci torno. Un pugnale nella schiena? eh, via, mi sembri un po’ tragico! Se sei capace di fare queste scene madri, perché non ci vai tu davanti al pubblico?…uffffà… no e poi no! ho parlato cinese finora?… perché non ripeto il numero dell’altro varietà?… ah, questa poi!… ma, dico, sono tre mesi che andiamo in giro, che ci sciroppiamo due spettacoli al giorno, tre la domenica e gli altri festivi, e non ti sei ancora accorto che il mio numero è ancora quello vecchio?!… che abbiamo scartato il numero nuovo, dopo i primi giorni, perché non faceva ridere nessuno?!… sì, lo so, a te non frega nulla di quello che facciamo noi: tu ascolti soltanto gli applausi e conti i biglietti venduti… certo che hai ragione: gli applausi e gli incassi sono la cosa più importante nel nostro mestiere… anzi, a guardar bene, gli applausi contano soltanto perché fanno aumentare gli incassi, altrimenti, voi, neanche degli applausi sapreste cosa farvene. Perché adopero il voi, perché faccio delle divisioni, prendo delle distanze? perché ogni tanto bisogna incominciare ad alzare dei muri, a scavare delle fosse… eh, no, mio caro, non siamo sempre sulla stessa barca… ci sono delle differenze, eccome se ci sono! Guarda adesso, per esempio, venire a scoprire che dopo tre mesi, con duecento e passa spettacoli sulla schiena, tu non hai mai ascoltato il mio numero!… d’accordo, hai altro da fare… non vuoi perdere d’occhio la cassa, d’accordo… ma una volta su duecento, una volta sola… anche per curiosità… e per un briciolo di soddisfazione a questo fesso sbattuto laggiù… Pazienza! Come non detto. No, guarda, non insistere perché proprio non me la sento. No, non me la sono presa a male: a certe cose ci si fa il callo… e poi, in un momento come questo non starei a guardare. Te l’ho detto e ridetto il motivo: non ho un copione, e non so cosa raccontare. Come dici? l’attore è superiore al testo? guarda, io questa superiorità dell’attore non l’ho mai capita. C’è gente che riesce a fare spettacolo con un niente, con la loro sola presenza: io no, ho bisogno di un copione, di prove e riprove per essere decente… e forse è proprio per questo che, come dici tu, qualche applauso lo strappo. Se no sarei un disastro, una frana… Ma renditi conto che mi chiedi l’impossibile… la mia vita, i miei ricordi non possono interessare nessuno… ma lo sai veramente quello che può esserci dentro una persona?… quello che c’è dentro di me, lo sai?… forse non te l’immagini neppure… Ecco, fai conto della porta di un camerino che si apre e di vedere tua moglie, mezza nuda, abbracciata con il suo compagno di numero. Come…? può non essere una sorpresa? d’accordo: in certi casi uno se l’aspetta e, quando capita, che impressione vuoi che gli faccia? Ma se questo sospetto non t’è mai passato per la testa, se mai e poi mai hai pensato che potesse succedere, me lo dici come ci rimani, eh?… e io?… e che cosa volevi che facessi, la tragedia?… in una compagnia di rivista!… sul comico l’ho buttata… dico: “che succede, ragazzi, state provando un numero nuovo? fate bene perché il porno–show va forte”… e loro?… mia moglie senza fiato, e lui: “non crederai che si facesse sul serio”… e io: “ma per chi mi prendi? Lo so bene che a te piacciono i maschi.”… Ma perché mi fai raccontare queste cose che conosci benissimo?… no?… ma se lo sanno tutti!… e va bene, se davvero ci tieni e se proprio non lo sai, io sono imparziale: o tutti o nessuno… Allora, che cosa vuoi sapere?… se era vero che lui…? io l’ho buttata lì a caso, tanto per umiliarlo, ma, guarda un po’, ci avevo indovinato… sembra che fra tanti tentativi che avesse fatto di andare con le donne, solo con mia moglie… capisci? Vedi bene che non si trattava di un adulterio… era un’opera di beneficenza… era come una dama di San Vincenzo, mia moglie… la San Vincenzo degli invertiti. Come l’ho presa io al momento?… “scusate tanto” ho detto, e ho richiuso la porta… quando si può fare del bene a qualcuno!… Dici che sono un uomo caritatevole?… e mia moglie, allora, che se ne andò con lui a continuare… la sua missione?!… Due anni insieme c’è stata… pensa che forza d’animo! Ecco, vuoi che vada fuori a raccontare questa roba? oppure dell’anno scorso, prima di venire con te, quando incontro Esposito… quello della compagnia “Bèlle Epoque”… sì, lui, il vecchio, quello con due denti d’oro proprio qui davanti… mi dice: “Sto mettendo insieme uno spettacolo, vuoi venire con noi?” E io, con l’aria di chi naviga in mezzo alle proposte: “Potrebbe anche… di che si tratta?” E lui: “Avresti un numero con un bocconcino tutto pepe… ma che non ti venga in mente di allungare le zampe, perché quella me la pascolo io…“ Beh, il bocconcino era mia moglie… sempre nel campo della beneficenza: ora si occupava di assistenza agli anziani… Come andò a finire? Che non potei entrare in compagnia… era un tipo geloso Esposito, e quando seppe… eh, no, fu proprio lui a non volermi: io ci sarei passato sopra… ero a spasso da sei mesi… vuoi parlare di dignità a uno che da sei mesi si arrampica sugli specchi per campare?! Questo dovrei andare a raccontare?!… ah, dici che potrebbe divertire?… Ma per cosa l’hai preso il pubblico, per una pattumiera che raccoglie ogni rifiuto?… ora non voglio farti una lezione, ma devo ricordarti che il teatro è finzione, là sopra la verità non ci può stare: è stonata, dà fastidio… Dici che la mia non è più verità, che la trasfiguro nel raccontarla?… ah, se fosse vero! se per noi attori non esistesse mai una vita autentica, ma solo finzioni da rappresentare!… se ogni vicenda della nostra esistenza, invece di entrarci nella carne, si rovesciasse sul pubblico! una vita intera che passa su di te come l’acqua di un fiume, e tu che hai il solo compito di mostrarla, secondo precise regole estetiche, estraniandola, magari, oggettivandola… Pensi che stia recitando? Ma uno che dice: “scusate tanto” e chiude la porta, che cosa fa se non allontanare da sé quella vicenda che gli è caduta addosso?… Che cosa ha fatto in quel momento: ha pensato a sfogare un moto dell’animo, o si è preoccupato dell’applauso del pubblico? dici che mi ubriaco di parole? forse hai ragione, ma è un’idea che mi piace questa, una scoperta che mette tutto a posto… ah, come mi sento leggero, adesso! Sì, ora potrei anche andare là fuori, se fossi capace di raccontare quello che provo… no, scherzavo, non ci sperare: io fuori non ci vado. A parte il fatto che non saprei come spiegarla, non me la sento ancora bene addosso questa verità… devo farci l’abitudine… sai, non è un fatto da niente: è qualcosa che entra profondamente in te, che si stabilisce nella tua fisionomia… “che succede, ragazzi, state provando un numero nuovo?” e risate e risate… “scusate tanto” e giù uno scroscio di applausi… il pubblico, capisci, sempre intorno a noi… perché il teatro è insieme autore, attore e pubblico… anche quando provi la parte nel tuo camerino, il pubblico immagini sempre che ci sia… e chi scrive un copione per il teatro, sente l’attore che lo recita e il pubblico che l’ascolta… sempre! Che cosa dici… che è così per tutti, che l’intera vita umana è teatro?… Via, mi meraviglio che tu non l’abbia ancora scoperto che è soltanto la consapevolezza a darti la misura della tua esistenza. Parlo troppo difficile?... e allora ti dirò che gli altri non possono essere attori perché non sanno nulla del teatro. Per loro l’esistenza è un groviglio confuso di azioni da compiere, di parole da dire, di azioni e di parole da soffrire dentro di loro, e non da mostrare soltanto, perché loro non sanno che c’è un pubblico intorno, che deve esserci sempre. Noi, invece, che questa consapevolezza l’abbiamo dentro, noi sì che sappiamo quali cose sono importanti. E’ importante il gesto: aristocratico… paterno… triviale… è importante l’incedere: solenne… incerto… dimesso… sono importanti toni, volumi, pause, fiati… “che succede, ragazzi, state provando un numero nuovo?”… “scusate tanto”… sentito che perfezione?… E questo non è niente, avresti dovuto sentirmi quel giorno con Esposito… un capolavoro!… e sai che a me non piace vantarmi, che amo la modestia e passare inosservato… come tutti gli attori, del resto… cosa fai, ti metti a ridere?… beh, una battuta ogni tanto me la concederai, no?… Allora, quel giorno Esposito mi fa: “Devi scusarmi, sai, ma io della faccenda di te e di tua moglie non sapevo nulla…” e io, con un largo sorriso alla platea: “che vuoi farci, mio caro, cose che capitano…” e lui: “Ora quello che mi rincresce di più è di non poterti avere in compagnia…” Lento girare della testa, lieve movimento delle spalle, espressione stupita: “Non vuoi più che rimanga… e perché?” “Non vorrai restare qui con tua moglie… e me…” Aria innocente, voce flautata d’ingenua… Agnese nella Scuola delle mogli di Molière… “perché, c’è qualcosa c’è che non va?” E lui, da vecchio, consumato istrione, rotto a tutte le tempeste di palcoscenico: “Ma cosa dici?!… la mia è una compagnia seria!” E qui ho toccato l’apice del professionismo… dentro di me c’erano i bauli sequestrati dalla padrona di casa, l’orologio d’oro al monte di pietà, l’assegno scoperto in trattoria… eppure non ho pensato che a una sola cosa: a chiedere aiuto a tutti gli Armando Duval della storia… e, a testa alta, con un sorriso beffardo: “Ma via, Esposito, che cosa vai a tirar fuori… siamo uomini di mondo, no?!” Fantastico, vero? E’ un sistema che ho trovato da solo, sai... certo, non l’ho inventato io, si capisce, ma io l’ho riscoperto, rispolverato, rimesso in esercizio… e ne posso spiegare per filo e per segno il funzionamento. Hai un peso che ti schiaccia? Appoggialo sul pubblico. C’è qualcosa che ti dà fastidio? Buttala in platea. Magnifico! Ecco, ora ho capito: questa è l’autentica superiorità dell’attore. Fantastico il mio sistema, vero? Peccato che non si possa brevettare, perché non può andare bene per tutti... bisogna essere attori per poterlo adoperare: vivere fra palazzi di cartapesta, pugnali a lama rientrante, travestimenti, capelli finti… guarda mia moglie che è stata due anni con un finto maschio… dici che anche lei era una finta moglie? naturale! lo sbaglio era stato il mio, quello di introdurre un sentimento vero nella finzione generale, quello di vivere in privato ciò che invece era destinato al pubblico… ma l’ho capito subito per fortuna, e ho saputo rimediare in tempo: “state provando un numero nuovo?” oplà sul pubblico!… “siamo uomini di mondo, no?” Scaricato!... Sai cosa ti dico? Ora potrei anche andarci sul palcoscenico a riempirti quei dieci minuti… eh, come corri… ho detto “potrei”… ma sì, su con la vita: te lo faccio io il tappabuchi… ora posso affrontare qualunque situazione: non ho più paura di nulla, adesso. Che meraviglia! posso tirare a inventare o raccontare quello che è veramente successo… non cambia nulla, perché è un copione, capisci?... un copione scritto per me da mia moglie o da un Esposito qualsiasi… No, non c’è bisogno di ringraziarmi: mi costa così poco… ecco la musichetta che chiude il numero… tocca a me, allora… hai detto dieci minuti, vero?... lascia fare a me… e piantala con i ringraziamenti… ringrazia il fatto di avere in compagnia un attore di razza, capito? un autentico attore!

 

(Si muove verso il palcoscenico)

 

 

 

 

 

–===ooOoo===–


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DELIRIO ALL’UFFICIO POSTALE

 

(minim’atto)


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Personaggi:

 

Luigi

Il Generale

Pasquale

Cliente (voce)

Silvia

 

 

Nota: I quattro ruoli maschili possono essere interpretati anche da un solo attore.

 

 

La scena:

 

Interno di ufficio postale – reparto raccomandate. Al centro sacchi di corrispondenza; di fronte un pannello divisorio; a sinistra due armadietti guardaroba. Lo sportello di accettazione delle raccomandate è di fianco, vicino al proscenio.


 

 

 

 

 

 

 

(All’aprirsi del sipario, Luigi è davanti al suo armadietto: si toglie la giacca e indossa una vestaglia. Silvia entra con passo stanco e si siede su uno sgabello al centro.)

 

 

LUIGI:                   - (voltandosi e accorgendosi di Silvia:) Ah, sei già qui! Non ti avevo sentita… un po’ giù stamani, eh?… capita anche a me quando mi alzo.

SILVIA:                 - E la voglia di vomitare, la mattina, ti viene mai?

LUIGI:                   - Dipende da cosa ho mangiato la sera.

SILVIA:                 - Non arriva di qui… (si tocca lo stomaco)… ma di qui… (si tocca la fronte)

LUIGI:                   - (gridando a qualcuno in un altro reparto) Mancano cinque minuti all’apertura!

SILVIA:                 - Io non ero nata per questa vita.

LUIGI:                   - A chi lo dici! Pensa che sarei potuto essere in banca.

SILVIA:                 - E non sarebbe lo stesso?

LUIGI:                   - Eh, no: ci sarebbe una bella differenza.

SILVIA:                 - Mi pare di sentire Pasquale.

LUIGI:                   - Cosa c’entra tuo marito?

SILVIA:                 - Siete senza fantasia, voi uomini. Sai che Pasquale invidia il mio posto a quello sportello?

LUIGI:                   - E’ naturale. Dev’essere dura andarsene in giro tutto il giorno a fare il commesso viaggiatore.

SILVIA:                 - E così, con lui non parlo neanche più, per non finire a leticare.

LUIGI:                   - Guarda che fra due minuti si apre.

SILVIA:                 - (andando verso il suo armadietto) Si chiude, Luigi, fra due minuti… anche l’ultimo spiraglio sul mondo, si chiude…

LUIGI:                   - Si può sapere che cosa vorresti fare, tu?

SILVIA:                 - E chi lo sa… l’esploratrice, magari… o la stella del cinema…

LUIGI:                   - Mica male l’idea, avendo il fisico adatto. Hai visto il film di ieri sera in Tv?

SILVIA:                 - L’ho sentito.

LUIGI:                   - Sentito?!

SILVIA:                 - Sì, la sera, davanti alla televisione, ho i calzini di Pasquale da rammendare.

LUIGI:                   - Ah, i calzini…

SILVIA:                 - Tu non hai idea di come li consumi… due paia al giorno… con buchi grossi così…

LUIGI:                   - Sfido io, con tutto quel camminare che fa!… (gridando nell’altro reparto) … Francesco, puoi aprire!

SILVIA:                 - Sai come lo vedo il mondo, io, Luigi?

LUIGI:                   - Come me, penso: una scatola buia piena di insetti che sbatacchiano qua e là, senza sapere dove andare.

SILVIA:                 - Sì, è una scatola, ma a forma di calzino… e non è buia, perché ha un buco sul calcagno… (alza la ghigliottina del suo sportello) … questo!

LUIGI:                   - (superando il pannello di separazione) Buon lavoro!

SILVIA:                 - (incomincia a lavorare) Telegrammi sportello accanto… qui solo raccomandate… manca il numero di codice…  (astraendosi)… sì, per diventare una diva del cinema ci vorrebbe il fisico adatto… La bellezza è un aiuto, qualunque cosa tu faccia(prende dalla borsa uno specchietto e si esamina il viso)… ma la personalità è ancora più importante… Giovanna d’Arco, per esempio, era bella o era brutta?… doveva esser bella, altrimenti come avrebbe fatto a convincere i suoi contemporanei di essere stata incaricata da Dio… Ma va là… Stai a vedere che Dio si rivolge a una bruttona come lei… Con tutte le pulzelle che ci sono!… era bella: è chiaro…

CLIENTE:             - Allora, questa raccomandata?!…

SILVIA:                 (prende una lettera)… chiaro bisogna scrivere …. Che cos’è, Pescara, questa? … Perché non adopera lo stampatello?… (sbrigando il lavoro)… se proprio non era bella, doveva almeno avere un viso particolare, un’espressione ascetica: “Delfino di Francia, le voci mi hanno detto che devi prendere le armi per liberare la patria…“… macché bella o brutta: altra gente, altri tempi!… te l’immagini oggi?… “Signor Presidente, le voci mi hanno detto che devi prendere le armi…”… “pronto?… un’ambulanza urgente qui alla presidenza…“

CLIENTE:             - Come ha detto?

SILVIA:                 - Non parlavo con lei, ma col Presid… a chi tocca?… raccomandata espresso?

CLIENTE:             - Espresso soltanto

SILVIA:                 - L’espresso solo lo prende al bar: qui dev’essere anche raccomandato.

CLIENTE:             - Faccia lei.

SILVIA:                 - (a se stessa) E così, per la centomillesima volta, ho detto la mia battuta. Che spirito!… forse neanche Pasquale, quando va dai clienti… ma perché me la prendo sempre con lui, povero uomo?… sì, è un po’ limitato, ma mi vuol bene… mi dà tutto quello che può… anche se io avrei bisogno di ben altro… la mia vita si consuma in solitudine… inaridisco in un angolo, come una pianta senz’acqua… avrei bisogno di contatti umani, di scambi spirituali…

LUIGI:                   - (apparendo dal divisorio) Hai da cambiare diecimila?

SILVIA:                 - Da cambiare con cosa?

LUIGI:                   - Come… Con cosa ?… dieci fogli da mille… o venti da cinquecento…

SILVIA:                 - Scusa, Luigi, stavo pensando a un’altra cosa… (cambia il biglietto)… quattro… cinque… stamani non riesco ad ingranare.

LUIGI:                   - A chi lo dici!… grazie… (sparisce oltre il divisorio)

 

SILVIA:                 - Eccolo il mio dramma: l’incomprensione… quando qualche mattina dico: “stamani non mi sento”, Pasquale pronto: “te l’avevo detto ieri sera di non mangiare i carciofi!”… e così ho imparato a non dire più niente… (si alza  e  si muove con atteggiamenti da attrice vecchio stile)… sì, signori: ho imparato a soffocare dentro di me ogni impulso, ogni anelito verso quella libertà dello spirito che ogni essere umano ha bisogno di raggiungere…

CLIENTE:             - Chi me la fa la raccomandata?

SILVIA:                 - Che succede?

CLIENTE:             - E’ un’ora che sono qui.

SILVIA:                 - Un’ora ? … e io è tutta la vita che… insomma, un momento per respirare me lo darete no, va bene soffocare ogni impulso, ogni anelito … ma c’è bisogno anche di respirare, no? (torna a sedere)… dia qua… ma questo è un contrassegno … e a questo sportello i contrassegni non si fanno: c’è il cartello qui fuori… qui si fanno solo le raccomandate… niente telegrammi, né vaglia, né pacchi postali… e nemmeno i servizi di conto corrente… leggeteli questi benedetti cartelli!… (di nuovo astraendosi)… e se fosse così anche per me ?… tutta una serie di cartelli che nessuno legge: sentimento… immaginazione… sensibilità… tenerezza… sensualità… (torna al lavoro)… manca l’indirizzo del mittente… e anche il numero di codice… (astraendosi)... e se fosse proprio per quello… se questi messaggi non fossero arrivati perché mancava il numero di codice?!… sarebbe il colmo!… per tutta la vita hai aspettato la risposta a una lettera che non è mai arrivata…

CLIENTE:             - E dov’è andata a finire?

SILVIA:                 - Che cosa?

CLIENTE:             - La lettera… che cosa ne avete fatto?

SILVIA:                 - (punta sull’orgoglio professionale) Fatto cosa?… qui non c’è niente che scompare!… della posta si può dire di tutto: ritardi, disguidi… ma niente va perso. Quante volte veniamo a sapere di una lettera che dopo venti o trenta… o quarant’anni… (astraendosi)… così, magari, un giorno potrebbe capitare…

 

(Cerchio di luce di un proiettore verso il pannello divisorio. Allegra nota di una marcetta militare. Appare un signore con capelli e lunghi baffi candidi: veste una fantasiosa e pittoresca divisa militare. Il nuovo arrivato saluta militarmente, compiendo un leggero inchino).

 

GENERALE: - Generale della riserva Filiberto de Savignac… solo ora ho avuto notizia della sua esistenza , signora… Solo ora mi rendo conto che in questa parte del mondo esisteva una creatura dolce e soave come lei, la mia anima gemella, la donna che ho cercato invano per tutta la vita. Eccolo, dopo quarant’anni, l’essere accanto al quale avrei potuto vivere felice!… Quanto tempo sciupato!… Mentre la cercavo disperatamente, signora, ho consumato la mia carriera da sottotenente a generale di corpo d’armata; ho messo al mondo sette figli con l’aiuto delle due donne che, per un crudele scherzo del destino, hanno occupato –una dopo l’altra, naturalmente– quel posto accanto a me che spettava  a lei…

CLIENTE:             - (risentito) Guardi che ora tocca me!…

 

(Generale, luce e musica scompaiono)

 

SILVIA:                 - (trasognata) E perché dovrebbe toccare a lei?

CLIENTE:             - Sono il primo della fila.

SILVIA:                 - C’è il generale prima di lei!

CLIENTE:             - Quale generale?… io non l’ho visto.

SILVIA:                 - Era qui un attimo fa…

CLIENTE:             - Ma se è un’ora che sono qui!

SILVIA:                 - Un’ora?… ma faccia il piacere!… lui sono quarant’anni che aspetta!

CLIENTE:             - Beh, se davvero aspetta da quarant’anni, allora è arrivato prima di me.

SILVIA:                 - (si alza e gira per l’ufficio) Generale!... dov’è andato, generale?…

 

(Si riaccende il riflettore sul divisorio dove appare un uomo di schiena. Silvia fa un passo verso di lui)

 

SILVIA:                 - … Ah!… è tornato!… (l’uomo si volta: e’ Pasquale con le valigie del campionario) Pasquale!... tu ?!… che… che cosa fai qui?!

PASQUALE:        - Cerco un paio di calzini… Dove li hai ficcati?

SILVIA:                 - (smarrita, disperata)... I calzini… quali calzini…. Come i calzini?!…

PASQUALE:        - … i calzini, sì, cosa c’è di strano?!… posso andar fuori senza i calzini?! (mostra i piedi nudi)

SILVIA:                 - Li ho rammendati ieri sera… sono nel primo cassetto… dove li metto da quarant’anni…

PASQUALE:        - Quali quarant’anni, se siamo sposati da cinque?

SILVIA:                 - E io sono quarant’anni che rammendo calzini… quattrocento… quattromila anni!… cassetti pieni di calzini… armadi… montagne di calzini!…

 

(Pasquale sparisce; Silvia torna al suo posto affranta. prende in mano un pacchetto)

 

SILVIA:                 - … i calzini!…

CLIENTE:             - Guardi che dentro non ci sono calzini.

SILVIA:                 - E invece ci sono!

CLIENTE:             - Ma se l’ho fatto io il pacchetto!

SILVIA:                 - (riprendendosi) Scusi… mi ero distratta un momento… (si astrae di nuovo)… e tutto per uno scherzo del destino… (colpisce col timbro a guisa di pugnale)... muori, destino atroce… muori, infame!…

CLIENTE:             - Ma cosa fa col timbro, scusi?

SILVIA:                 - Come?… (riprendendosi)… lo vede cosa faccio… timbro!… ogni ricevuta che esce da un ufficio postale deve essere timbrata…

CLIENTE:             - Ma lei mi ha timbrato anche le mille lire di resto!

SILVIA:                 - … beh, … così, se risultano false, lei sa chi gliel’ha date.

 

(Le luci si affievoliscono, quindi tornano a rialzarsi)

 

LUIGI:                   - (apparendo dal divisorio) Vuoi fare gli straordinari? È ora di chiusura.

SILVIA:                 - Ah, sì?… (ad alta voce)… si chiude!

 

(Silvia abbassa la ghigliottina dello sportello, quindi resta seduta a guardare Luigi che si toglie la vestaglia fischiettando)

 

LUIGI:                   - Giornata dura, oggi…

SILVIA:                 - Non mi sembri troppo depresso, però.

LUIGI:                   - E’ il pensiero di quello che mi aspetta a casa a tirarmi su… la Juve stasera gioca in Olanda e trasmettono la partita in Tv… (fischietta)

SILVIA:                 - Ah!

LUIGI:                   -… peccato che a te il calcio non piaccia.

SILVIA:                 - Tanto, anche se mi piacesse, davanti al televisore…

LUIGI:                   - Già… i calzini

SILVIA:                 - (quasi piangendo) Anch’io, però, sono allegra, sai…

LUIGI:                   - Non si direbbe.

SILVIA:                 - Figurati che ho visto una persona che avrei dovuto incontrare quarant’anni fa…

LUIGI:                   - Ma se quarant’anni fa non eri ancora nata!

SILVIA:                 - Che c’entra… lui mi cercava lo stesso!… fa piacere, sai, sapere che qualcuno… Il mondo sembra persino diverso…

LUIGI:                   - C’è poco che cambia: la solita scatola buia, attraversata ogni tanto da brevi raggi di luce.

SILVIA:                 - Le partite della Juve in Tv, magari.

LUIGI:                   - Ecco.

SILVIA:                 - Una mia lontana parente, anni fa, sposò un tenente colonnello… generale di corpo d’armata è più di tenente colonnello?

LUIGI:                   - Eh, sì… un bel po’ di più

SILVIA:                 - Sì, forse hai ragione: una scatola buia e qualche raggio di sole ogni tanto…

 

(E’ pensierosa mentre Luigi continua a fischiettare. La luce si affievolisce e torna ad alzarsi: è una nuova giornata. Luigi sta indossando la vestaglia. Entra Silvia con passo stanco.)

 

LUIGI:                   - Ciao, Silvia… Come va stamani? (Silvia alza le spalle) Io ho un diavolo per capello.

SILVIA:                 - La Juve ha perso ieri sera?

LUIGI:                   - All’ultimo minuto… un maledetto raso-terra… uno a zero!

SILVIA:                 - E così, ora nella scatola non c’è che buio, vero?

LUIGI:                   - Fino a martedì prossimo.

SILVIA:                 - E che cosa succederà martedì?

LUIGI:                   - C’è la partita di ritorno… E quella non si gioca in Olanda, ma qui.

SILVIA:                 - E che cosa cambia?

LUIGI:                   - Tutto cambia… altra musica!… e tu, invece?

SILVIA:                 - Beh, anch’io me la cavo… ieri mi hanno detto che sono una creatura dolce e soave.

LUIGI:                   - Accipicchia che complimento! Non è stato Pasquale a fartelo, per caso?

SILVIA:                 - Non c’è pericolo! Come fa lui ad accorgersi di qualcosa che non è nel suo campionario?

LUIGI:                   - “Una creatura dolce e soave”… fa venire a mente le opere liriche.

SILVIA:                 - E perché?

LUIGI:                   - Come, perché… è linguaggio da opere quello… (con gesto e timbro di tenore) “Oh, soave fanciulla…”

SILVIA:                 - Sai anche cantare?

LUIGI:                   - Una volta, quand’ero ragazzo… Avrei dovuto studiare canto… eh, sì, se mi avessero fatto studiare, chissà dove sarei adesso… (riprende con maggiore impegno) “Oh soave fanciulla, fulgido a te si schiude un radioso avvenir…”

 

 

 

BUIO

 

 

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Un cinegiornale Luce del settembre 1961