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I CLASSICI DA RECITARE

 

 

Teatro greco tradotto in endecasillabi

 

 

 

 

 

ESCHILO - L’ORESTEA

 

(Agamennone – Coefore – Eumenidi)

 

 

 

 

- traduzione in endecasillabi -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[Traduzione tutelata dalla Società Italiana degli Autori e degli Editori (S.I.A.E.)]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il conservare a opere nate nella poesia, all’atto di volgerle nella nostra lingua, almeno una certa architettura lirica, mi è sembrato un esperimento da fare.

 

 

L’endecasillabo offre alla recitazione una serie di accenti e di cadenze della voce. Accenti e cadenze – è chiaro – che è bene dimenticare, ma che, proprio per questo, bisogna conoscere.

 

 

Non sempre, all’interno del verso, sono state rispettate le regole di accentuazione, così come a volte una sillaba in più o in meno rompe le leggi della metrica. Per queste licenze, usate di solito per non sciupare la scorrevolezza di un verso, chiedo umilmente scusa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

AGAMENNONE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LE PERSONE

 

 

Scolta

Coro di vecchi Argivi

Clitennestra

Araldo

Agamennone

Cassandra

Egisto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA SCENA

 

 

La reggia degli Atridi. Al centro la porta d'onore; da un lato quella del gineceo; dall'altro quella delle stanze per gli ospiti.

 

 

 

 

 

 

 

PROLOGO

 

SCOLTA:

Agli dèi chiedo la liberazione

dalla fatica che un anno è durata:

il servizio di guardia, o meglio, stare

tutti distesi, oppure rannicchiati

come cani sul tetto degli Atridi.

Occasione propizia per guardare

lo sfolgorar degli astri nella notte:

alcuni che risplendono d'inverno

ed altri che s'affacciano d'estate

dal sorgere fino al loro tramonto.

Attendo ora il segnale di fuoco

per le nuove che vengono da Troia:

è giunta l'ora dell'espugnazione?

Il cuore batte nei cuori gagliardi

o nei femminei petti fiduciosi

sullo svolgersi di gesta virili.

Nel mio letto irrorato di rugiada

resto sveglio con la paura accanto,

quella paura che non mi abbamdona,

anzi, che mi accompagna nel torpore,

quella paura che non vuol serrate

le palpebre appesantite dal sonno.

Quando sembra che canti o che fischietti,

io gemo in verità, piango la sorte

di questa casa non più governata

come una volta. Aspetto trepidante

quel fuoco nella notte che vittoria

annunci e la liberazione segni

dall'improba fatica quotidiana.

Fiamma gioiosa che rischiarerai

i nostri cuori... eccola, è arrivata!

Sì, non c'è dubbio, del fuoco si tratta

che lungamente abbiamo qui aspettato!

E' quello. evviva! è giunto il messaggio

che mari e monti ha ora attraversato!

Per quest'annuncio sarà festa in Argo,

si vorrà festeggiare con la danza

sfrenata notte e giorno per le strade.

Io grido "Evviva!" e a dar notizia corro

da Clitennestra, la regina nostra

ed anche d'Agamennone la sposa;

che salti giù dal letto con un grido

di gioia che risuoni nella casa:

"E' stata presa la città di Ilio!"

Ancora "Evviva!" il guizzo della fiamma

annunciatrice in me stesso accende

la voglia di danzare. E' buona sorte

che non rallegra solo i miei padroni:

anche per me vedo qualche speranza

se ai dadi è uscito per tre volte il sei.

Fra poco anch'io potrò baciar la mano

del padrone di casa che ritorna;

del resto non ne parlo: un grosso bue

or ora m'è salito sulla lingua.

La casa stessa potrebbe parlare

se avesse voce, come faccio io

con chi già sa, e a chi non sa lo taccio.

 

 

 

PARODO

 

(entra il coro formato da vecchi Argivi)

 

CORIFEO

Son passati dieci anni giusti quando,

ad affrontare Priamo di Troia

mossero Menelao e Agamennòne,

una coppia di Atridi con lo scettro

che avea lor consegnato il sommo Zeus.

Di qui partì la flotta degli Argivi

che da ben mille navi era formata;

da qui si scatenò l'urlo di guerra

e si mossero a guisa di avvoltoi

che nei covi gli implumi hanno allevato

e ora, volando a grandi colpi d'ala,

i loro nidi osservano dall'alto.

Ma sulla vetta c'è un dio che ascolta: è

Apollo forse o Pan, o addirittura

il sommo Zeus che il gemito raccoglie

degli uccelli ed invia pronto l'Erinni

per punire i colpevoli, e spedisce

i due figli d'Atreo contro Alessandro

per una donna che di pianto è fonte?

Ora egualmente per Danai e Troiani

lotte feroci, tortura di membra,

ginocchia sulla polvere posate,

lance spezzate durante gli scontri.

La cosa sta così come si trova,

la sorte si è già determinata

per i destini che sono già scritti:

non serve dunque fare libagioni,

né sacrifici empi, e non il pianto

per placare le ire degli dèi.

La nostra carne è vecchia e più non serve

a pagare l'aiuto ricevuto.

Sui bastoni di un bimbo si sostiene

la forza che in un giovane è presente

nel petto, e che invece è sempre assente

nei vecchi: Ares qui non ha dimora!

Quando un vegliardo dalle fronde appassite

cammina su tre piedi per le strade,

procede incerto come un bambino

innocente o un fantasma del passato.

E tu, figlia di Tindaro, regina

Clitennestra, di quali novità

fosti informata? Ricevuto hai

qualche notizia del tutto speciale?

Hai predisposto grandi sacrifici

per gli dèi che proteggon la città,

numi celesti o inferi non cambia,

per dare fiori alle strade e alle piazze,

per riempire gli altari di doni?

Al cielo va il profumo degli unguenti

bruciati e si preparan libagioni

nelle stanze del palazzo reale.

Ora, regina, devi dirmi quello

che si può far sapere senza danno:

è l'ora di calmare quest'affanno

che ci opprime angoscioso. I sacrifici

allontanino la preoccupazione

insieme col dolore che nel petto

l'anima nostra rode senza tregua.

 

CORO

Posso ancora narrar della gloriosa

marcia dei nostri eroici guerrieri,

forse perché gli dèi me l'han concesso,

oppure è la mia età che ben ricorda

la forza che in un canto si esprime.

Dirò anche di come la partenza

dei due re degli Achei ora al comando

dei giovani dell'Ellade, inviati

furon con lancia nella salda mano

in terra Teucra da conquistatori.

Ed ecco che proprio qui un prodigio avvenne,

quando il re degli uccelli apparve al re

delle navi: l'un nero e l'altro invece

bianco, se ne stavano insieme nella

reggia, dalla parte della lancia

che di solito il braccio fa vibrare;

in quelle sale splendide, scorgendo

una lepre che gravida di prole

stava compiendo la sua estrema corsa,

l'aggredirono rapidi e famelici.

Lugubre è il canto da intonare, ma

l'ultimo fine è che trionfi il bene!

Dell'esercito l'esperto indovino

attribuì ai due potenti Atridi,

che erano degli Achei capi supremi,

bellicosi e di eguale nobiltà,

il torto della lepre divorata.

Passando poi all'interpretazione

di quel prodigio disse che col tempo

Troia sarebbe stata conquistata

ad opera di questa spedizione

d'Achei, che le ricchezze della torre

sarebbero poi state saccheggiate

dalla Moira nel modo più violento.

Occorre che la collera divina

tolga la luce al morso delle truppe

che su Troia si sono scatenate.

Artemide divina, per la lepre

prova certo abbondante compassione,

rivolgendo il suo odio per gli alati

cani del padre che han sacrificato

prima del parto, in un triste banchetto,

quella povera bestia sventurata.

Canto lugubre intona e vinca il bene!

E' dolce con i cuccioli la Bella,

ai gagliardi leoni ed ai lattanti

delle fiere silvane anche è gradita.

Fausti i segni di questo presagio,

ma dal volo degli uccelli turbato

io non so dare un'interpretazione

e a Peana chiedo aiuto, perché

la dea non crei per la navigazione

dei Danai difficoltà veruna

nell'impedire o il ritardar le navi,

sollecitando un nuovo sacrificio

empio, contro ogni legge di natura,

suscitator di liti familiari.

Infatti con furore si solleva

la padrona di casa che contrasta

il sacrificio orrendo e si propone

di vendicare la figlia immolata.

Tale funeste sventure gridò

forte Calcante, unendole ai presagi

favorevoli per gli uccelli in volo

continuo sui palazzi reali.

E su queste parole intona un canto

luttuoso, ma che il bene infin trionfi!

Ascolta Zeus, qualunque sia il tuo nome,

se in questo modo ami esser chiamato,

t'invocherò di certo in tal maniera.

Paragoni non faccio e, riflettendo,

concludo che nessuno, salvo Zeus,

questa dolorosa angoscia che opprime

l'animo nostro può ancora scacciare.

Non chi prima era pieno di coraggio

guerresco e oggi tutti ci chiediamo

se è esistito davvero, e neanche chi,

dopo aver trovato un vincitore,

il campo abbandonò, solo chi Zeus

con epinìci canti celebrò.

Zeus manterrà la suprema saggezza

ed il suo insegnamento a noi mortali

è di essere saggi ed imparare

la legge che il sapere è sofferenza.

Soffrir vuol dire ricordare i mali

che a poco, a poco si sono ammucchiati

vicino al cuore, ed anche a chi non vuole

giunge il sapere. Grazia è degli dèi

sul loro alto seggio di saggezza.

Il comandante delle navi Achee

non deplorò Calcante, l'indovino

annunciator delle funeste sorti.

La violenza del vento imperversava,

precedendo la fame che colpiva

le truppe Achee che eran stanziate in fronte

a Calcide nell'Aulide, rumorosa

per forti venti che dallo Strimone

soffiano con impetuosa violenza.

Le giornate di ozio e di digiuni

sono piene, impedito è l'approdo

alle navi dal vento minacciate.

Scorre il tempo ed è proprio il ritardo

a logorare il fiore degli Argivi.

Ed ecco che Calcante, l'indovino,

colta l'ira d'Artemide a pretesto,

gridò ai capi un rimedio più grave,

che gli Atridi, battendo i loro scettri

sulla terra scoppiarono nel pianto.

E Agamennone, il più anziano, parlando

disse: "E' grave dover disobbedire,

più grave ancora è uccidere la figlia

che della casa è l'alto splendore,

macchiando col suo sangue verginale

le mie mani paterne sull'altare

del sacrificio. E senza questi mali

cosa sarà? Sono io forse un uomo

che pensa di tradire un'alleanza?

Son purtroppo costretto ad attuare,

tra l'ira e il furore, il sacrificio

col sangue della figlia verginale,

per comandare ai venti. E così sia!"

Chinato al giogo della necessità,

il sacrificio nell'anima accettò

e scordando le regole seguite

fino allora, fu pronto a tutto osare,

perché i mortali prendono coraggio

dai consigli più perfidi e malvagi.

Accettò dunque di sacrificare

la figlia, dando aiuto a una guerra

che una donna voleva vendicare.

Fu effettuata poi la lustrazione

alle navi in procinto di salpare.

I capi più smaniosi di battaglie

non tenner conto delle invocazioni,

delle preghiere, e neanche fecer caso

alla tenera età della fanciulla:

dopo aver pregato, il padre disse

ai suoi servi di condurre la figlia

a capo chino come un capretto,

avvolta nelle vesti e sull'altare

posta, aggiungendo l'ordine preciso

di tapparle la bocca con la mano

per non udere la maledizione

che di certo la figlia avrebbe urlato

contro la casa e il proprio genitore.

Costretta dalla morsa del bavaglio,

lasciò cadere a terra le sue vesti

e ferì con la freccia del suo sguardo

ciascuno degli addetti al sacrificio,

suscitando compianto e commozione.

Bella appariva come in un dipinto

col vano desiderio di parlare,

perché in quelle stanze di suo padre

soleva spesso intonare un canto

con la sua casta voce virginale,

onorando il Peana con amore

e buon augurio alla terza libagione.

Quello che venne in seguito non vidi

né posso dire: le arti di Calcante

dimostraron la loro utilità.

Dike a chi ha sofferto dà il sapere.

Puoi conoscerlo quando è già accaduto

il futuro, lasciare che si compia

il suo corso. Chi vuol piangere prima?

Con i raggi del giorno il chiaro viene.

Arrivi dunque la buona fortuna,

questo vuole l'unica vicina

custode a difesa dalla terra d'Api.

 

 

 

PRIMO EPISODIO

 

(seguita dalle ancelle viene avanti la regina Clitennestra)

 

CORIFEO

Sono venuto qui per onorare

il potere che esprimi, o Clitennestra:

è giusto infatti che sia reso omaggio

alla moglie del re, quando deserto

è il trono del sovrano. Ricevute

hai buone nuove e a un sacrificio

ti appresti lietamente, o alla speranza

confidi? Gradirei risposta, però,

se taci io non posso biasimarti.

 

CLITENNESTRA

Dice il proverbio che l'aurora è

felice messaggera, figlia della

dolce notte. Ho provato una gioia

maggiore di speranza: dagli Argivi

la città di Priamo fu espugnata.

 

CORIFEO

Che cosa dici mai?! L'incredibile

nuova mi spegne in gola la parola!

 

CLITENNESTRA

Troia è in mano agli Achei! Capisci ora?!

 

CORIFEO

La gioia è tale che provoca il pianto.

 

CLITENNESTRA

Il tuo occhio dimostra la tua fede.

 

CORIFEO

Si può credere, hai prove sicure?

 

CLITENNESTRA

Sono sicura se il dio non m'inganna,

 

CORIFEO

Forse son solo fantasmi di sogni.

 

CLITENNESTRA

Non crederei se fossi insonnolita.

 

CORIFEO

Forse voce nel vento ti ha esaltata.

 

CLITENNESTRA

Mi deridi come fossi una bimba.

 

CORIFEO

E quando Ilio è stata saccheggiata?

 

CLITENNESTRA

Questa notte, alle soglie dell'aurora.

 

CORIFEO

E quiale nunzio giunse così in fretta?

 

CLITENNESTRA

Dall'Ida mandò Efesto un segnale

di fuoco, e da lì, di fiamma in fiamma,

il fuoco fu veloce messaggero.

Dal monte Ida alla rupe Ermea

di Lemno, e dall'isola la face

giunse alla terza tappa sulla cima

del monte Athos da Zeus venerato.

Di lì, viaggiando sulle onde del mare,

la fiaccola dorata, rifulgente

come raggio di sole, annuncio dava

alle vedette del Macisto che,

senza lasciarsi vincere dal sonno,

trasmisero il messaggio alle correnti

dell'Euripo, e da lì il segnale

poté giungere alle scolte del Messapio;

qui deciser la fiamma ravvivare

con l'appiccare il fuoco ad erba secca.

La fiamma non più oscurata, sulla piana

dell'Asopo si stende ed assomiglia

alla luna che splende sulla rupe

del Citerone. Ed ecco che s'accende

un'altra successione di fiammate:

pronta la scolta accoglie quella luce

venuta da lontano e incendio aizza

ben oltre la Gorgopide palude

per giungere sul monte Egiplancto.

Qui del fuoco ripresero nozione

e il segnale inviarono, accendendo

un grande rogo che rese risplendente

l'altura affacciata sul Saronico

stretto, arrivando al giogo Aracneo.

Dove vedette intorno alla città

lo scorsero e sul tetto degli Atridi

la notizia piombò con quella luce

che il monte Ida aveva generato.

Questo dei lampadefori è il lavoro

che si succedono uno dopo l'altro,

al primo e all'ultimo la vittoria spetta,

lo prova il segnale che il mio sposo

mi invia da Troia come suo messaggio.

 

CORIFEO

Di nuovo gli dèi, o donna, pregherò

ma tu adesso vai avanti col parlare

ancora voglio udire ed incantarmi.

 

CLITENNESTRA

Gli Achei hanno Troia oggi occupato

e grida discordi corrono in città:

olio e aceto riuniti in un sol vaso

si contrastano ancora da nemici.

Le voci udiam di vincitori e vinti:

mogli e sorelle gettate sui corpi

di mariti e fratelli, mentre i figli

di anziani genitori, con il collo

stretto nel giogo, compiangono ora

la sorte dei lor cari, e i vincitori

affranti da fatiche sostenute,

erran stanchi e affamati fra le case,

cercando il cibo per poter placare

il digiuno, e che la città può offrire

senza ordine alcuno, come un dado

estratto per interrogar la sorte.

E nelle conquistate case dei Troiani

hanno preso dimora, non dovendo

sfidar rugiade e geli a cielo aperto,

ora felici di poter dormire

tranquillamente senza turni alcuni

di guardia da montare nella notte.

Onorando poi anche, com'è d'uso,

i numi protettori della città

con le statue degli dèi venerati

in quella terra che è stata occupata,

i vincitori poi ogni disdoro

dell'esercito potrebbero evitare

se mai sui combattenti non calasse

la triste cupidigia del saccheggio

per vergognosi ed immondi guadagni.

E' un male perché devono pensare

a ritornare alle proprie case,

un viaggio che potrebbe risultare

innocente per i doveri assolti

verso gli dèi, ma colpevole invece

verso tutti i morti che son caduti

e gridan la vendetta di ottenere.

Hai sentito il parere di una donna,

ma il bene vinca senza più incertezza

e si possa vedere chiaramente!

 

CORIFEO

Come uomo pieno di senno parli,

o donna. Da te ricevo prove

soddisfacenti a glorificare

or gli dèi per le grazie ricevute

non inferiori alle pene sofferte.

(Clitennestra rientra nella reggia)

 

 

 

PRIMO STASIMO

 

CORIFEO

O Zeus re, e tu amica notte

che sulle torri di Troia hai gettato

la fitta rete che ha impedito a tutti,

giovani e adulti di tenersi fuori

dalle maglie di schiavitù e sventura

che tutti ha catturato, io ti onoro

Zeus potente che Ilio hai distrutto,

che hai teso a lungo l'arco di Alessandro

perché il dardo che, al momento opportuno,

venne scagliato inutile non fosse.

 

CORO

Si può dire che il colpo fu di Zeus.

La pista è buona perché il fatto avvenne

proprio com'era stato stabilito.

Una voce che corre dice che

gli dèi lasciano perdere i mortali

che non hanno rispetto per il sacro.

Empio è chi lo conferma. Figlia di

audaci è la maledizione

dove il potere il giusto sopravanza,

dove opulenza riempie le case.

La suprema virtù è la misura.

Sia la fortuna inoffensiva, così

da potere bastare all'uomo saggio!

La ricchezza non può far da riparo

a chi ha fatto violenza al gande altare

della Giustizia, né da morte scampa

quando l'assale irata la sinistra

Persuasione che di Ate è figlia,

trascinandola con mali consigli,

rendendo vana ogni possibil cura.

Non si cela la colpa, ma trapela

una luce che ha il vivo bagliore

di una moneta falsa stropicciata

che in pezzo di nero ferro si muta.

Come un bimbo segue un uccello in volo

alla città sventura causando,

nessun dio le sue preghiere ascolta,

e colui che è la cagion di questi mali

inesorabilmente da Giustizia

con sicurezza viene poi abbattuto.

Lo stesso capitò a Paride, giunto

come ospite alla casa degli Atridi,

disonorò la tavola col ratto

di una donna portato a compimento.

E avendo lei recato ai cittadini

rivolte armate con scudi e con lance

e navi preparate per battaglia,

in mare e a terra eserciti schierati,

portando a Ilio, invece della dote

di nozze, la distruzione e la morte.

Splendida ora e con passo leggero,

si proponeva di varcar le porte

della città, l'inosabile osando.

Fra i lamenti e i sospiri, la parola

preser tutti i profeti della casa:

"Ahi, triste casa! ahi, ahi sovrani,

ahi talamo nuziale abbandonato!"

Silenzioso e immoto sta l'oltraggiato

marito che s'immagina il fantasma

della donna fuggita oltre il mare.

Intollerabile è per lui vedere

le belle statue che la ritraevano,

la grazia ha abbandonato quei ritratti

con l'amore che lascia gli occhi vuoti.

C'è chi crede alle immagini evocate

in un sogno, ma è una gioia vana,

perché rapidamente la visione

svanisce e tutto torna come prima.

Tale amarezza è sul focolare

della casa del re, dolor maggiore

è nelle case di color che insieme

si mosser dalla Grecia per la guerra.

Ora al posto degli uomini partiti

son tornate le ceneri e le urne!

Ares che trasforma i corpi in polvere

e che nella battaglia la bilancia

sospesa tiene, fa invio ai congiunti

dei combattenti, dal fuoco di Ilio

la cenere per colmare i lebèti.

Piangono lodando l'uomo, in guerra

esperto l'uno, il secondo caduto

per una donna ad altro appartenuta.

Gemiti che in silenzio vengon fuori,

oppur con ira mista di dolore

e protesta contro i capi Atridi

che dovrebber difender la giustizia.

Altri, sotto le mura d'Ilio, intatto

il corpo, han ricevuto sepoltura

nella terra da loro conquistata.

Grave è il rancor dai cittadini espresso

insieme a popolar maledizione

di quelli che il debito han pagato.

Qualcosa ancora di poco chiaro c'è:

gli dèi hanno posto lo sguardo su quelli

che hanno fatto sterminio e le Erinni

chi è stato ingiustamente fortunato

colpiscono, e per questi non c'è forza

che tenga. Grave agli occhi di Zeus

aver troppa paura: la saetta

è pronta. Cerco la felicità

senza invidia d'intorno; distruttore

di città non voglio essere mai

e nemmeno essere catturato.

In poco tempo in città si diffonde

la buona nuova che il fuoco ha portato:

è vera od è menzogna degli dèi?

Chi è tanto fanciullo, oppur smarrito

ha il senno, ed è in grado di imfiammarsi

a messaggi di fuoco, e scoraggiarsi

se la notizia poi falsa risulta?

Per sua natura una donna è propensa

a lodar la fortuna, anche se prove

della comparsa non ci siano ancora.

 

 

 

SECONDO EPISODIO

 

Se luci e fuochi dicevano il vero

presto sapremo, oppure se un inganno

sia stato. Dalla costa ora viene

avanti araldo con rami d'olivo.

Non sarà un messaggero muto,

lo conferma la polvere del fango

sorella che tutto lo ricopre;

né sarà il fumo di un incendio

a darmi buona nuova, ma una voce

giunta gradita coi segnali apparsi.

Sbaglia chi è di diverso parere.

(entra un araldo)

 

ARALDO

O terra d'Argo, sacro suol dei padri,

eccomi ancora qui dopo dieci anni,

ritorno a te dopo avere appagato

una soltanto di molte speranze

che in cor nutrivo: era la fiducia

di trovar dove nacqui sepoltura.

Salve terra amata che il sole inonda

con il suo calore, sia lode anche a te,

supremo Zeus e a te signor di Pito

che contro di noi scagliavi dardi.

In riva allo Scamandro dei nemici

fummo, e ancora una volta, Apollo re

concedici il tuo alto riparo.

Tutti gli dèi della contesa invoco

ed anche Ermes che è il mio protettore,

messaggero celeste che splendore

dona a tutti gli araldi; anche a voi

mi rivolgo, nostri accompagnatori

verso la patria, dopo questa lotta

durissima che vivi ci ha lasciato.

O reggia del mio re,voi venerati

palazzi con il vostro splendore

accogliete il regnante che ritorna

dopo dieci anni a voi, or circondato

di luce di vittoria conquistata.

Agamennone il sire vincitore

bene accogliete: è stato il distruttore

di Troia, Zeus una vanga gli ha affidato

per sconvolgere d'Ilio la pianura,

distrugger degli dèi statue e altari,

far crollar templi e disperdere il seme

di quelli che qui avevano abitato.

Oggi torna il maggiore degli Atridi,

il più degno di essere onorato

fra i mortali. Paride che provocò

la rovina di Troia, non può certo

i disagi e i patimenti vantare:

furto e ratto compiuti, da ciascuno

furono duramente condannati.

La preda poi fuggì e nella casa

restò solo sterminio e distruzione.

Questa duplice pena fu pagata

dalla gente a Priamo soggetta.

 

CORIFEO

Araldo degli Achei io ti saluto.

 

ARALDO

Felice sono e mi sento anche pronto,

col consenso degli dèi protettori,

ad affrontare persino la morte.

 

CORIFEO

Della patria hai sofferto la distanza?

 

ARALDO

Adesso piango solo per la gioia.

 

CORIFEO

Voi sapevate già della dolcezza

con la quale si copre il vostro male?

 

ARALDO

Non voglio perdere il filo del tema.

 

CORIFEO

Ditemi se il desiderio vi affliggeva

di rivederci come tutti noi

aspettavamo il vostro ritorno.

 

ARALDO

Il desiderio di tornare alle nostre

case: era questo il sentimento

comune dell'esercito al completo.

 

CORIFEO

I lamenti venivano dall'animo.

 

ARALDO

E questo triste odio dei soldati

potete dir da dove vi veniva?

 

CORIFEO

Il tacer come al male medicina

ho adottato da un bel numero d'anni.

 

ARALDO

Come accadde? Temevate un intruso

sostituire il regnante assente?

 

CORIFEO

Come prima s'è detto, anche per me

il morire sarebbe grazia ambita.

 

ARALDO

Ora che tutto è andato a finir bene

ci rallegriamo; col passar degli anni

però gli eventi possono cambiare

Solo agli dèi felicità che dura

è concessa senza nessun affanno.

Parliamo dei disagi sopportati

sulle navi, degli stretti passaggi

dove un'assoluta scomodità

fa l'esisenza assai più complicata.

A terra era ancor peggio, coi giacigli

sotto il cielo, alle piogge e alle rugiade

spalancati, dormir sempre inzuppati

d'acqua. Gli uccelli muoiono d'inverno

quando l'Ida da neve è ricoperto;

altri disagi ci sono d'estate

con il caldo ed il mare senza onde

che nel suo letto giace addormentato

senza un fremito portato dal vento.

Perché continuare a lamentarci?

La stagione si spense con la guerra,

le fatiche, i dolori ed anche i morti;

tutto passato che non torna indietro,

parlarne ancora ormai non ha più senso.

Abbiamo assai patito pei caduti,

ma di lor non è il caso di parlare,

noi, superstiti dei soldati Argivi,

sappiamo che il conservar la vita

è il vantaggio maggiore che ci tocchi.

Le sofferenze che abbiamo passato

oggi non fanno più da contrappeso

alle nostre esistenze: ora guardiamo

senza rimorso questo sfolgorare

splendido della luce del sole

che sul mare e la terra lievemente

posa i suoi raggi. Dopo la conquista

di Troia, questa Argiva spedizione

le spoglie della città ha inchiodato

nei templi della Grecia: un uso antico

rispettato per onorar gli dèi.

Chi ascolta queste parole, una

lode dedichi alla città ed ai capi.

Così facendo sarà anche onorata

l'opera intera che Zeus ha compiuto.

Questo dovevo dirti: ora sai tutto.

 

CORIFEO

Le tue parole mi hano ora convinto:

nei vecchi uno scatto giovanile

rimane a volte per poter capire.

Bisogna or che la tua voce acquisti

forza e sonorità per arrivare

al palazzo reale, a Clitennestra,

perché anche lei insieme a me gioisca.

(entra Clitennestra)

 

CLITENNESTRA

Il messaggio di fuoco, poco fa

mi ha già strappato grida di esultanza:

Troia era stata presa, e sorridendo

qualcuno aveva detto: "un focherello

credi possa annunciare la caduta

di Ilio? una femminea esaltazione

è la tua" ma ho respinto questi dubbi,

accogliendo di giubilo le grida

che qua e là si levavano al cielo,

poi preghiere ed offerte ho dedicato

agli dèi, riempiendo i templi di doni.

Tu non dirmi più nulla, saprò tutto

dal re stesso, or mi devo affrettare

per i preparativi di accoglienza

per il mio sposo, luce della casa

che infine, come vollero gli dèi,

tra le mie braccia ha fatto ritorno.

Corri a dire al mio sposo di affrettarsi:

la sua città lo aspetta con amore,

e qui alla reggia troverà la sposa

fedele, tale e quale la lasciò

come cane da guardia della casa,

ostile a tutti quanti i suoi nemici.

Io che non conosco piacere alcuno,

neanche ai maldicenti presto fede

se mi accusan di pensare a un uomo

diverso. Questo mai potrà accadere:

è la promessa di una donna onesta.

 

CORIFEO

Tali furono le parole dette

che tu saprai di certo riferire.

Parlami adesso del re Menelao:

è salvo, è con voi, e fa ritorno

con l'amato signor di questa terra?

 

ARALDO

Mentir non so e neppur lo voglio fare

per non dare agli amici frutti grami.

 

CORIFEO

Forse risulterebbero gradite

le tue nuove e con gioia ricordate.

 

ARALDO

L'uomo è scomparso dalle forze Achee

e anche la sua nave non c'è più.

 

CORIFEO

L'avete visto partire da Ilio

e una tempesta vi ha poi separato?

 

ARALDO

Come un esperto arciere nel centro

hai colpito: si tratta di un disastro.

 

CORIFEO

Si spargerà la voce che è vivo, ma

lo potran dire altri naviganti.

 

ARALDO

Soltanto il sole che nutre la terra

con grande certezza può saperlo.

 

CORIFEO

Dici che una tempesta scatenata

dall'ira degli dèi fu la cagione?

 

ARALDO

Un lieto giorno rischia esser sciupato

da cattive nuove; l'onor dei numi

non è comune, ma invece dev'esser

per ciascuno di loro calcolato.

Quando un nunzio notizie di sventura

porta alla gente: "L'esercito è annientato,

Una grave ferita è stata inferta

alla città, e A morte sicura

tutti i nostri guerrieri son votati"

allora il messagger deve intonare

il Peana alle Erinni. Ma se il nunzio

riferir deve di gloriose imprese,

annunciando che la città salvezza

ha raggiunto, si aprano le feste!

Non posso io mescolare il bene

al male e raccontare la tempesta

che solo per la collera divina

si abbattè crudelmente sugli Achei.

Congiurarono insieme anche se prima

eran stati nemici: il fuoco e il mare,

e da questa alleanza sciagurata

l'armata Argiva risultò distrutta.

Nella notte le onde scatenate

inghiottiron le navi, mentre i venti

forti di Tracia investivano i legni

ancora a galla. E quando al mattino

il sole si levò, triste visione

apparve: il mare Egeo disseminato

di rottami era e di cadaveri.

La nostra nave, prodigiosamente

nessun danno allo scafo avea subito,

per evidente grazia degli dèi

in quanto nessuno di noi, soldato

o marinaio il timone avea toccato.

I flutti non avevano ingoiato

la nostra nave e non l'aveano spinta

verso le rocce aguzze della costa:

la Fortuna, benigna conduttrice,

s'era seduta certamente al posto

del timoniere e l'avea salvata.

Ma con le prime luci del mattino,

nessun di noi potè poi rallegrarsi

d'esser rimasto in vita: la visione

della rovina in cui era incappata

la nostra flotta, i corpi dei compagni

affogati e galleggianti sul mare,

disperazione aveano suscitato

nei nostri cuori. Solo una speranza

ci sosteneva, che a qualcuno fosse

capitata una sorte eguale a quella

che anche noi avevamo affrontato.

Son questi dunque i voti che eleviamo      

per i nostri compagni, e specialmente

per Menelao, che il sommo Zeus non voglia

annientare la stirpe degli Atridi;

il mio augurio quindi è uno soltanto:

che torni in fretta alla sua casa intatto.

Se hai ascoltato quello che ti ho detto,

la pura verità hai conosciuto.

(esce)

 

 

 

SECONDO STASIMO

 

CORO

Chi ha mai detto cose così vere?

Forse qualcuno che noi non vediamo

ma che è informato sulle previsioni

del destino? Elena che la guerra

ha provocato e che può eser chiamata

distruttrice di uomini, di navi

e di città, si rivelò un giorno

sollevando le ricche e preziose

cortine del suo talamo nuziale,

e fuggì con la nave e con il soffio

di un forte vento. All'inseguimento

si gettarono in molti, i più seguendo

l'invisibile orma dei remi

che non lasciano in mare traccia alcuna.

Verso le rive verdi eran diretti

del Simoenta, al fin di vendicare

un'offesa bruciante e vergognosa,

e nessuno pensò che era l'inizio

di un'accanita contesa mortale.

E quando proprio ad Ilio fu arrivata

Elena con il suo velo di sposa,

a nessun venne in mente che quel velo

stava per tramutarsi in un sudario.

E fu così che il canto nuziale

che tutta Ilio aveva intonato,

lamento diventò e imprecazioni

verso Paride, di Priamo il figlio

che tanti lutti aveva causato.

Come un piccolo leone allevato

fra gli umani, si mostra mansueto,

amico dei bambini e degli anziani,

col passare degli anni la natura

selvaggia affiora, e con gran furore

su animali domestici si avventa,

facendo grande strage di bestiame,

così da un dio nemico fu mandato

un sacerdote d'Ate in quella casa

perché vi fosse con bontà allevato.

Con Elena sembrò anche arrivare

per Ilio un'esistenza più tranquilla

allietata da ricchezza e da pace,

fragrante del profumo di un amore

inebriante che in tutti si espande.

Tutto ebbe fine quando una Erinni

sulla città di Priamo s'avventò,

con pianti e lutti per tutte le spose.

Vive fra i mortali una credenza:

che il.benessere raggiunto non muore

senza figli, e dalla buona sorte

la miseria germoglia per la stirpe.

Io invece penso che soltanto il male

sia di altro male fecondo e che

una bella prole sia di giustizia

sempre il miglior di tutti i risultati.

Di solito l'antica violenza

madre di prepotenza è fra malvagi,

ogni volta che nel giorno fissato

un figlio apre gli occhi; l'accompagna

l'empia, crudele, arrogante Ate

che provoca disgrazie nella casa.

La giustizia risplende nel futuro

di un povero perché l'onesta vita

predilige, non ama le dimore

ornate d'oro e disprezza il potere

della ricchezza che finge la gloria.

(Entrano Agamennone e Cassandra su un carro)

 

TERZO EPISODIO

 

E tu, dimmi, saccheggiator di Troia,

figlio diletto del crudele Atreo,

come posso parola indirizzarti

senza esaltare e neppure avvilire

l'omaggio che ti spetta di diritto?

Molti preferiscon l'apparenza

all'evidenza delle azioni compiute,

trascurando giustizia che presiede

ad un retto operare; tutti pronti

a piangere un amico sfortunato,

ma quanti son quelli davver capaci

di mettere i lor cuori in questo danno?

Quando la spedizione fu affrontata

per Elena, sinceramente dico,

non mi sembrò un'azione gloriosa,

né un chiaro esempio di ben governare:

l'esporre a morte i tuoi concittadini

per difendere una causa ingiusta, come

quella di una colpevole sfrontata.

Ora, però, devo congratularmi

con chi a felice termine portò

quest'impresa, e nel frattempo informarti

su coloro rimasti a custodire

con giustizia la tua città e coloro

ch'ebber comportamento inopportuno.

 

AGAMENNONE

Prima di tutto, rivolgo un saluto

ad Argo ed agli dèi che la proteggon,

che mi hanno assistito nel ritorno

e nella punizione da me inflitta

alla colpevole di Priamo città.

Gli dèi, infatti, non è sulle parole

che intendon giudicare noi mortali,

ma sui fatti che abbiamo realizzato.

Ecco perché il giudizio formulato

su questo caso, nessuna incertezza

poteva avere: la bruciante offesa

che tutti i Greci aveano sopportato,

spento sarebbe stato con disfatta

dell'esercito d'Ilio e distruzione

della città che Troia è nominata.

Solo un filo di fumo ora rimane

sul luogo ove sorgeva l'orgogliosa

città che i saccheggi ripetuti

hanno completamente devastata.

Tra le macerie solo son rimaste

le tempeste di Ate scatenate,

e la città che muore sta esalando

il fumo dell'antica sua opulenza

che la disfatta ha ora soffocato.

Nell'ora delle Pleiadi al tramonto

gli armati usciron fuori dal cavallo

ed ebbe inizio la nostra vittoria.

In quanto ai sentimenti che tu esprimi,

sono anche i miei e concordia ci unisce.

Rispetto anch'io l'amico fortunato

senza che nel mio animo l'invidia

sussista. Dell'amicizia conservo

un affetto profondo per l'amico.

Odisseo, un fedele compagno

che in pace e in guerra sempre a me vicino

si trovò. Gli altri son solo fantasmi

sui quali, mi dice l'esperienza,

conto sicuro non si può mai fare.

Ciò che riguarda questa città e gli dèi,

stabiliremo presto una riunione

al fine di poter deliberare

in assemblea perché il bene resti.

E prima di rientrare al focolare

del mio palazzo, un saluto agli dèi

voglio mandare, con l' augurio che

la vittoria conquistata rimanga

sempre ben salda nelle nostre mani.

 

CLITENNESTRA

Cittadini, è a voi che rispettate

gli Argivi, voglio ora dichiarare

l'amore che io ho per mio marito,

nonostante il pudore che mi frena

ma che col tempo cede il suo rigore.

Non dico quello che da altri ho appreso,

della mia vita vi voglio parlare,

del feroce dolore che ho provato

sapendolo a Troia a battagliare.

E' un grande male che una donna resti

da sola, senza un uomo nella casa,

ed un male maggiore sono i messi

che vengono ad annunciar sventure:

se ricevute mio marito avesse

le ferite a lui attribuite,

come rete sarebbe traforato,

e se era morto, come già annunciato,

d'esser Gerione potrebbe vantarsi,

sepolto per tre volte perché ognuno

dei suoi tre corpi il riposo attendeva.

E furon queste voci di sventura

che mi spinsero ad infilare il collo

in una corda che i miei familiari

si affrettarono a sciogliere. Per questo

mio figlio Oreste non è qui: un amico,

Strofilo di Focea, nella sua casa

l'ha accolto come ospite gradito.

Strofilo da tempo mi avvertiva

dei rischi che Agamennone correva

sotto Ilio, prevedendo un tumulto

di popolo al fin di rovesciare

il Consiglio del re: eran notizie

funeste, com'è proprio naturale

fra gli uomini, e si trovi calpestato

chi nelle avversità è già caduto.

In questa osservazione non c'è inganno,

son diventate aride le mie

fonti del pianto, e negli occhi resta

la traccia delle mie veglie notturne

in attesa del segnale di fuoco.

Per scuotermi dal sonno, sufficiente

era il battito d'ali di zanzara,

e subito il tuo viso sofferente

di fronte a me appariva desolata.

Dopo tanti infiniti patimenti,

nella serenità riconquistata,

posso di nuovo salutare il cane

che protege la casa, la gomèna

alla quale è attaccata la nave,

la colonna che al tetto dà sostegno.

Solo figlio di un padre, terra che

all'improvviso appare ai naviganti,

azzurro cielo dopo la tempesta,

acqua sorgiva per un assetato.

E' gioia grande essere sfuggita

alla disgrazia, or con riverenza

ti saluto e ti onoro, ed ogni invidia

stia lontana coi mali sopportati.

Scendi, sposo diletto dal tuo carro,

senza appoggiare il tuo piede al suolo,

come s'addice al re che ha distrutto

Ilio superba. Che indugiate, ancelle,

a stendere tappeti sul cammino?

Deve fiorir di porpora la strada

sulla quale lo guidi alla dimora

Dike della giustizia protettrice.

 

AGAMENNONE

Figlia di Leda e custode della

mia casa, bene hai parlato e a lungo.

Tutti gli onori che m'hai indirizzato

li accetto volentieri, anche se credo

sarebbe stato meglio che a parlare

fosse stata una persona diversa,

lasciando perder tutte le mollezze

che a una donna s'addicon, non a me.

Non è un re barbaro che qui tu accogli,

non c'è bisogno di tappeti o stoffe

variopinte che piacciono agli dèi.

Come un uomo mi devi tu onorare,

ricordando che odio la superbia,

che amo invece la moderazione

e che invidio chi trascorre la vita

nella riservatezza e nella quiete.

 

CLITENNESTRA

Voglio che tu risponda con franchezza.

 

AGAMENNONE

Non falsificherò il mio pensiero.

 

CLITENNESTRA

E se tu fossi preso da paura,

faresti un voto simile agli dèi?

 

AGAMENNONE

Sol se al comando fosse chi sapeva.

 

CLITENNESTRA

Se Priamo avesse vinto, in che modo

credi che si sarebbe comportato?

 

AGAMENNONE

Questi tuoi bei tappeti di sicuro

io credo che lui avrebbe calpestato.

 

CLITENNESTRA

Non aver dunque scrupoli eccessivi.

 

AGAMENNONE

Alle voci del popolo sto attento.

 

CLITENNESTRA

Chi è esente da invidia non è certo

oggetto di comune ammirazione.

 

AGAMENNONE

Non conviene a una donna aver contesa.

 

CLITENNESTRA

E' proprio di color che son felici

rinunciare talvolta alla vittoria.

 

AGAMENNONE

Desideri davvero la vittoria

conquistar nella prossima contesa?

 

CLITENNESTRA

Lascia che vinca, te ne sarò grata.

 

AGAMENNONE

Se così vuoi, qualcuna i miei calzari

deve sciogliere, liberando il piede

che potrà calpestar stoffe preziose.

Spero che nessun sguardo invidioso

cada su me mentre io sto sciupando

i tessuti che costano l'argento.

(indicando Cassandra che è sul carro accanto a lui)

Questo è detto. E' qui questa straniera

che da Ilio mi segue fedelmente,

introducila in casa con riguardo.

C'è un dio che osserva con bonarietà

chi vince ed usa la moderazione:

non c'è nessun che accetti a cuor leggero

il duro giogo della schiavitù.

Accoglila con benevolenza:

è un fiore che l'esercito mi ha dato

in dono, insieme a molti altri tesori.

Io mi sono piegato ai tuoi voleri

e nel palazzo entro calpestando

il porpureo splendore dei tappeti.

(scende sui tappeti che le ancelle tolgono dietro di lui)

 

CLITENNESTRA

C'è il mare che non può mai prosciugarsi

che della porpora il succo produce

con cui possiamo tingere le stoffe;

la casa, con l'aiuto degli dèi,

povertà non conosce, già da tempo

voto avrei fatto di calpestare

molte stoffe, se dagli dèi mi fosse

stato proposto al fine di salvare

la tua vita. Se intatta è la radice

di un albero, l'ombra del fogliame

rimane di canicola a difesa.

Ora che sei tornato al focolare

di questa casa, è un soffio di calore

a metà inverno, o quando dalla vite

Zeus estrae il succo che rinfresca,

quel fresco che dimora ha ormai trovato

nella casa che il signore comanda.

O Zeus che tutto puoi esaudire,

io ti rivolgo la calda preghiera:

l'opera che continua a stare a cuore

venga portata avanti a buon fine.

(entra nel palazzo)

 

 

 

TERZO STASIMO

 

CORO

Perché questo timore sta aggrappato

al mio cuore, e un presagio ostinato

or gli vola davanti? Perché un canto.

non pagato e non chiesto da nessuno,

un profetico canto è diventato,

e sui presagi oscuri io non posso

sputare? Perché fiducia non siede

sul trono della mia mente?

Come le nubi di sabbia alzate

nel vento, così il tempo è passato

da quando sulle navi imbarcato

l'esercito verso Ilio si mosse.

Io sono testimone del ritorno

e un canto lamentoso posso alzare

alle Erinni, anche senza la lira.

Anche senza conforto da speranza.

Il mio cuore non m'inganna e batte

con un tumulto vorticoso, in cerca

della pace nell'animo. Fo voto

perché cedano false previsioni

e menzogne. La salute del corpo

non ha fine, come la malattia

che la incalza, e la ricchezza eccessiva

assomiglis alla nave caricata

di tesori oltre il limite e soggetta

al naufragio. Bastano i raccolti

inviati da Zeus, a eliminare

la fame, ma di un ucciso il sangue

nero chi fermerà? Chi un caduto

può riportare in vita? Non lo può

nemmeno chi conosceva le arti

di magia e da Zeus venne fermato.

Se il destino voluto dagli dèi

non impedisse mai di prevalere

ad un altro possibile destino,

allora dal mio cure eromperebbe

la protesta, mentre ora un'oscura

angoscia di impotenza mi trascina:

sono incapace di sgomitolare

dalla matassa della vita, un filo

che possa colorarsi di speranza.

 

 

 

QUARTO EPISODIO

 

CLITENNESTRA

Puoi venire dentro anche tu, Cassandra:

Zeus ha voluto che, senza rancore,

con gli altri servi tu partcipassi

alle purificazioni in palazzo.

Avvicinati all'altare che protegge

questa casa, discendi dal carro

sul quale sei e l'orgoglio deponi.

Anche al figlio di Alcmena è capitato,

dicono, un giorno di essere venduto

come schiavo e dové l'amaro pane

mangiar per forza. Quindi, se a te giunge

questa sorte, è un bene aver trovato

veri signori di antica ricchezza;

da noi riceverai quanto si usa,

mentre coloro ai quali donò il fato

inaspettatamente un buon raccolto,

son duri con gli schiavi oltre misura.

 

CORIFEO

Parole chiare ha detto a te, Cassandra.

Potresti darle retta or che il destino

le sue reti fatali ora ha gettato.

Bene ti verrebbe tenerle a mente

queste sue parole, cosa che invece

tu non ti proporrai certo di fare.

 

CLITENNESTRA

Fors'ella abituata ad un linguaggio

barbaro la nostra lingua ignora;

parlando con lei potrei convincerla

adoperando appropriate parole.

 

CORIFEO

Seguila, è la miglior cosa da fare.

E tu, obbedisci, scendi dal tuo carro.

 

CLITENNESTRA

Non ho tempo da perdere con questa

straniera. Già le vittime son pronte

sul focolare al centro della casa

pel sacrificio. Se partecipare

intendi, da perder manca il tempo,

se invece non capisci il parlar nostro,

esprimi il tuo pensiero con la mano.

 

CORIFEO

La straniera a un animal somiglia

catturato, sol di traduttore

ora sembra che abbia bisogno.

 

CLITENNESTRA

Fuori di sé si trova, nella mente

è sconvolta, la sua città ha lasciato,

e il nostro morso non potrà servire

prima che schiuma e sangue abbian spezzato

il suo furore, ma non posso certo

gettare al vento altre mie parole.

(rientra nella reggia mentre Cassandra si alza in piedi)

 

CORIFEO

Io non posso adirarmi, troppa pena

sento, lscia il tuo carro, sventurata,

accetta il giogo che il destin ti ha dato.

 

CASSANDRA

Ahimé terra, ahimé, Apollo!

 

CORIFEO

Perché gridi così invocando il Lossia?

egli non vuole funebri lamenti.

 

CASSANDRA

Ahimé terra, ahimé Apollo!

 

CORIFEO

Di nuovo ella continua ad invocare

il suo dio che non ha caro ascoltare

lamentazioni e gemiti di lutto.

 

CASSANDRA

E tu, Apollo, signor che mi trascini

alla rovina con immensa pena,

per la seconda volta m'hai perduta.

 

CORIFEO

Un vaticinio sembra sopra i modi

che affrontar deve: devozioni al dio

che illumina la sua mente di schiava.

 

CASSANDRA

O Apollo, signor che mi trascini,

dove mi hai tu condotto, in qual dimora?

 

CORIFEO

Al palazzo degli Atridi ti trovi,

se non l'hai ancora capito, sarò io

a illuminarti, la verità dico.

 

CASSANDRA

In una casa odiata dagli dèi

mi trovo: avvenner qui truci delitti,

un luogo di massacri dove il suolo

è ancora zuppo del sangue versato.

 

CORIFEO

Ha il fiuto di una cagna la straniera

e vorrà trovar tracce dei caduti.

 

CASSANDRA

Alle testimonianze presto fede

che mi parlano di bambini uccisi,

le cui carni vennero poi mangiate

dal loro padre in orrido banchetto.

 

CORIFEO

Sappiam della tua fama d'indovina,

ma interrogar futuro non vogliamo.

 

CASSANDRA

Ahimè quale dolore si prepara

per questa casa, le sue dimenzioni

sono enormi. Chi potrà sopportarlo?

Non c'è rimedio ed il soccorso manca!

 

CORIFEO

Io non capisco queste previsioni,

conosco le altre che in tutta la città

la gente va gridando per le strade.

 

CASSANDRA

Oh, sciagurata, cos'hai in mente fare?

Che cosa hai preparato per lo sposo

ignaro che il tuo letto divide?

La sua fine non oso pronunciare

e già il braccio si tende per colpire.

 

CORIFEO

Ancora non comprendo. Son smarrito

di fronte a questi oracoli che oscuri

son come degli enigmi misteriosi.

 

CASSANDRA

Ahi, ahi, cos'è quello che appare?

E' una rete di Ade? E' lei la rete,

la consorte, complice della morte:

un omicidio che la nostra stirpe

non accetta, si levi l'Erinni

col suo grido pel sacrificio infame!

 

CORIFEO

Chi è mai quest'Erinni che tu inviti

a sollevarsi su questa dimora?

Il tuo discorso forte agitazione

mi comunica. Nel cuore mi sento

come un guerriero dall'asta abbattuto

che vede la sua vita che tramonta.

 

CASSANDRA

Fai molta attenzione! La giovenca

devi tenerla lontana dal toro:

lo colpirà nel mezzo delle corna

per farlo stramazzare nella vasca

piena di sangue, in un bagno mortale.

E' questa la vicenda dell'inganno.

 

CORIFEO

Di oracoli non son conoscitore

ma capisco l'annuncio di sventura;

quale buona novella da un oracolo

venne ai mortali? Mali su mali,

annunci di sciagure: è questa l'arte

di coloro che scrutano il futuro.

 

CASSANDRA

Ah, me infelice! tra la mala sorte

mi trovo e lancio un grido di dolore.

Dove m'hai tu condotto, me infelice?!

Devo dunque morire, e perché mai?!

 

CORIFEO

Sento che di ragione hai perso l'uso:

lugubre inno su te stessa canti

come un biondo usignolo che lamenta

"Iti, iti" la vita dolorosa.

 

CASSANDRA

Dell'usignolo io invidio la sorte,

gli dèi di ali lo hanno fornito

e di un canto dolcissimo che copre

ogni lamento, mentre a me il fato

ha riservato d'essere squartata

da una tremenda scure a doppio taglio.

 

CORIFEO

Come fai a conoscer le sventure

che gli dèi si propongon d'inviarti,

terribili presagi che annunciati

furon da voce lugubre e da squilli

che accompagnan le male profezie.

 

CASSANDRA

Ah, ahimè per le nozze infauste

di Paride, e per tuttta la sua gente

rovinose, ahimè corrente dello

Scamandro cara ai padri; io infelice

sulle tue rive ero allevata, invece

ora vaticinerò lungo il Cocito,

così dell'Acheronte sulla riva.

 

CORIFEO

Oracolo assai chiaro pronunciasti

che anche un fanciullo può capire.

Sono stato ferito da un morso

doloroso per la storia che tu

con tono lamentoso m'hai narrato.

 

CASSANDRA

Ahi, pene per la mia città distrutta,

per gli innumeri capi di bestiame

che mio padre abbattè entro le mura;

nessun rimedio potè allontanare

la sorte ch'era stata decretata..

Questo è accaduto ed a me non resta

che buttarmi per terra disperata.

 

CORIFEO

Infausto vaticinio hai pronuncisto

simile al precedente, qual demone

te l'ha ispirato per farti cantare

per i mortali pene senza fine?

CASSANDRA

Il vaticinio non si mostrerà

attraversando il velo da sposa,

ma luminoso apparirà ed il vento

lo spingerà furioso, e con la luce

ribollirà come un'onda schiumosa

pregna di mali ancora maggiori.

Non userò gli enigmi per parlare;

voi siete testimoni che ho seguito

la traccia dei delitti che compiuti

furono un giorno: è un coro funesto

che sovrasta il palazzo da spietato.

Allieva delle Erinni, triste schiera

che della casa si è impossessata,

di sangue umano si è abbeverata

per trovare più audacia, e per restare

a ricordare gli antichi delitti,

col canto della colpa originaria

che ha marchiato per sempre quella stirpe.

Ho fallito il bersaglio oppure no,

sono una falsa indovina che vanta

doti che non possiede? testimonia

che conosco le colpe sanguinose

che avvennero all'interno del palazzo.

 

CORIFEO

Nessuna testimonianza potrebbe

dar vantaggio a qualcuno, tu, piuttosto,

che allevata al di là del mare fosti,

queste vicende come noi conosci.

 

CASSANDRA

Apollo volle guidarmi in quest'arte.

 

CORIFEO

Non c'è stato d'amore un sentimento

che anche un dio, potrebbe aver colpito?

 

CASSANDRA

Di questo non ho mai parlato, perché

a trattenermi era la vergogna.

 

CORIFEO

C'è la prudenza se va tutto bene.

 

CASSANDRA

Era un dio che spirava il suo favore.

 

CORIFEO

E, come accade, fu unione con figli?

 

CASSANDRA

Al Lossia lo promisi, ma mentii.

 

CORIFEO

Avevi già imparato il divinare?

 

CASSANDRA

Ormai avevo predetto ai cittadini

di Ilio le disgrazie da affrontare.

 

CORIFEO

E nessun risentimento per te

ebbe il Lossia ch'era stato ingannato?

 

CASSANDRA

Fu dopo aver commesso quell'offesa

che non riuscii a convincer più nessuno.

 

CORIFEO

Le tue profezie sono attendibili.

 

CASSANDRA

Oh, sventura! Questo vaticinio

mi turba con annunci di sventura.

Guardate questi giovani seduti

nella casa, son figure sognate,

sono i fanciulli uccisi dai congiunti:

nelle mani hanno la carne estratta

dai loro corpi, quella carne che

il loro padre ha mangiato. Pertanto

un leone s'aggira nella casa:

prepara la vendetta sul padrone

che è ritornato. Così anch'io lo chiamo

perché il giogo da schiava ora sopporto,

comandante di navi e anche d'Ilio

distruttore, non sa per mala sorte

quel che farà contro di lui la cagna

dopo che avrà l'annuncio ripetuto.

Tanto ella osa, femmina assassina

di maschio, quale nome di mostro

potrei darle? Forse Amfesibena,

oppure Scilla, occultata fra rocce

che ai naviganti appronta la rovina.

Madre d'Ade furiosa che in guerra

spinge i congiunti con gloriose grida,

come quando il nemico in battaglia

è messo in fuga. Sembra rallegrata

dal suo ritorno e dalla sua salvezza.

Se i miei discorsi non t'hanno convinto,

non fa nulla: verrà presto il futuro

a dir quanto verace sono stata.

 

CORIFEO

Ho ascoltato con orrore del pasto

che già Tieste fece con le carni

dei propri figli; il terrore mi prende

per queste verità, e fuori strada

mi trovo e credo che ci rimarrò.

 

CASSANDRA

D'Agamennone la morte vedrai.

 

CORIFEO

Taci! Queste infauste parole

di malaugurio non devi più esporre.

 

CASSANDRA

E' impossibile poterle tacere.

 

CORIFEO

Sì, se dovrà accadere, ma io prego

che questa previsione sia fallace.

 

CASSANDRA

Hai detto "prego", ma ci son purtroppo

quelli che pensan solo all'uccisione.

 

CORIFEO

Ma chi dovrebbe compiere il delitto?

 

CASSANDRA

Troppo lontan ti perdi ora da quello

che poc'anzi io aveo vaticinato.

 

CORIFEO

Quale trappola verrà messa in atto?

 

CASSANDRA

Eppur io la lingua greca conosco.

 

CORIFEO

Non sono facili ad intendere

neppure i vaticini che a Pytho

generalmente vengono assegnati.

 

CASSANDRA

Ahimè, c'è un fuoco che mi viene addosso,

ahi, Apollo Liceo, la leonessa

con due piedi che dormiva col lupo,

quando il nobile leone era assente.

E' da lei, dunque, che uccisa sarò:

misera me che sta già preparando

il veleno che per me ha destinato,

mentre affila il pugnale con il quale

trafiggerà il suo uomo, per la colpa

di avermi dato asilo in questa casa.

Via questo scettro e questi da profeta,

nastri che mi ricadono sul collo:

oggetti ormai sol di derisione,

vi accompagni la mia maledizione.

Ecco, è lo stesso Apollo che mi spoglia

del profetico abito e contempla

gli ornamenti che io ho abbandonato.

Io sopportavo d'essere scambiata

per una vagabonda o mendicante,

ma ora il profeta che mio maestro

è stato, a qusta morte mi ha condotto.

Al posto dell'altare dei miei padri,

tavola da macello insanguinata

dal caldo sangue del mio sacrificio.

Ma noi non periremo invendicati,

un giustiziere sta per arruvare

da lontano: lo spinge a questa casa

l'uccisione del padre perpetrata

dalla madre, delitto sanguinoso

che un'atroce vendetta reclama.

Perché in questo modo gemo e mi affliggo?

Non ho già visto la città di Ilio

distrutta? E per volere degli dèi,

non hanno i vincitori questa sorte?

Anch'io il destino affronterò, la morte

sopporterò, secondo il giuramento

che hanno fatto gli dèi, d'Ade le porte

(guarda dalla parte della reggia)

son queste che saluto. Vorrei solo

andare incontro a un colpo ben vibrato,

così che senza spasimi, nel sangue

mio versato, una morte serena

possa raggiunger chiudendo i miei occhi.

 

CORIFEO

Sei una donna infelice che parlato

hai molto e bene, anche dimostrando

che la sorte conosci a pefezione.

Perché allora verso l'altar t'avvii

come ragazza dagli dèi guidata?

 

CASSANDRA

Impiegare più tempo non aiuta.

 

CORIFEO

Ma la nostra ultim'ora è quel che conta.

 

CASSANDRA

Il giorno è giunto e fuggire non giova.

 

CORIFEO

La tua forza dal tuo animo viene.

 

CASSANDRA

Nessun tra i fortunati questo sente.

 

CORIFEO

Teniamo a mente che per i mortali

morire con onore è grazia grande.

 

CASSANDRA

Oh, padre mio, questo triste lamento

dedico a te e ai tuoi nobili figli.

(fa l'atto di entrare nella reggia, ma si ritrae)

 

CORIFEO

Qual timore, dimmi, ti spinse indietro?

 

CASSANDRA

Orror m'ha preso, sì, un senso d'orrore.

 

CORIFEO

Questo mostro è uscito dalla tua mente.

 

CASSANDRA

Puoi credermi che dal palazzo spira

odor di morte e di sangue versato.

 

CORIFEO

Come? ma non è questo l'odore

dei sacrifici sopra il focolare?

 

CASSANDRA

No. Come da un sepolcro spalancato

proviene, sembra, questa esalazione.

 

CORIFEO

Non viene dalla Siria quel profumo

che tu dici esalare dal palazzo?

 

CASSANDRA

A lamentarmi andrò anche fra i morti:

la sorte d'Agamennone e la mia

ricorderò a chi vorrà ascoltare.

Basta con questa vita! E voi, stranieri,

sappiate che non piango per paura:

vi chiedo solo di testimoniare

in buona fede, dopo la mia morte,

su quello che io avevo anticipato.

Io vedo che una donna morirà

al mio posto, e la vita avrà fine

di un marito che sorte sfortunata

ha seguito, scgliendosi la moglie.

 

CORIFEO

Ti compiango o infelice. un triste evento

contro di te ha preparato il fato.

 

CASSANDRA

Solo una volta ancora la parola

chiedo, e non voglio il pianto rinnovare

per la mia morte: quello che io invoco

alla luce del sole è che chiarezza

avvenga, e che i miei vendicatori

paghino pena come i miei assassini

che non credevan colpa l'uccisione

di una povera schiava disperata.

 

CORIFEO

Sorte dell'uomo! Se felice sei,

a un'ombra tu potresti assomigliare;

se invece giunge l'infelicità,

in un'umida spugna ti tramuti

che a colpi un dipinto può distrugger.

Non è per tutti la buona fortuna,

nessun vuole scacciarla dalla casa

e, se non c'è, le impedisce di entrare.

A un simil'uomo diedero i Beati

la facoltà di Ilio conquistare;

ora ritorna in patria con gli onori

degli dèi: se per il sangue versato

dovrà pagare con la propria vita,

chi tra gli uomini potrebbe vantarsi

d'essere stato protetto dalla sorte?

 

 

 

QUINTO EPISODIO

 

(dalla reggia escono le grida di Agamennone)

 

AGAMENNONE

Ah, tradimento! In un vile agguato

sono caduto e mi hanno trafitto!

 

CORIFEO

Chi grida d'esser stato ferito?!

 

AGAMENNONE

Una seconda volta m'han colpito!

 

CORIFEO

Ma queste sono del re le grida! Su

amici! pensiamo adesso a quello che

dobbiamo fare in questa situazione!

 

COREUTI

Uomini venite! chiamar dobbiamo

i cittadini tutti qui alla reggia

per decidere in fretta e intervenire!

 

Di certo l'assassino stringe ancora

nel pugno la spada sanguinante;

non dobbiamo aspettar, ma soprattutto

dobbiamo agir con determinazione!

 

Con questi segni sta per cominciare

la tirannia per la nostra città,

perché aspettiamo? Il nostro esitare

favorisce le cattive intenzioni.

 

Quel che dobbiamo o non dobbiamo fare

verrà fuori da una nostra riunione.

Lo so che un morto non ritorna in vita

con le parole, ma noi non vogliamo

rimaner vivi e dover sottostare

a coloro che disprezzano la reggia

e progettan la tirannia attuare.

Meglio la morte della tirannia!

 

Bastano i gemiti e i lamenti

a conoscer per bene l'accaduto?

Congetture non sono sufficienti:

la verità deve farci sapere

prima di tutto se l'Atride è in vita!

(Sulla porta del palazzo appare Clitennestra con in mano la scure insanguinata. Alle sue spalle i cadaveri di Agamennone e di Cassandra)

 

CLITENNESTRA

Delle parole pronunciate prima

non mi vergogno, anche se in contrasto

con quello che dirò. Con un nemico

che ha il volto di un amico, è giusto porre

una barriera da non superare

facilmente. A questo scontro da tempo

io pensavo, e la vittoria è venuta!

Quello che ho fatto io non lo negherò:

non tentò di fuggir, nè di evitare

il suo destino; intorno gli ho messo

una rete per pesci, affinché scampo

non avesse. Lo colpisco due volte

e con doppio gemito si abbandonò

il corpo al suolo, allora un terzo colpo

gli vibro. A Zeus Ade votiva offerta

io dedicai al salvator dei morti.

Nella caduta l'anima gli sfuggì:

un forte soffio e un fiotto violento

di sangue mi colpì come una pioggia

di rugiada che in un campo di grano

nei calici di spighe si raccoglie.

O venerandi cittadini d'Argo,

volete rallegrarvi per i fatti

che sono accaduti? Io me ne vanto,

e se lecite fosser libagioni

su un cadavere fare, prontamente

a questo uso mi sottoporrei.

Un gran cratere aveva egli colmato

pien fino all'orlo di maledizioni:

ora che a casa ha fatto ritorno

a goccia, a goccia l'ha bevuto tutto.

 

CORIFEO

Le tue parole destano stupore

così come i tuoi vanti spudorati.

 

CLITENNESTRA

Mi mettete alla prova come fossi

donna senza criterio, ma il mio cuore

non trema. Parlo a tutte le persone

che sanno: se la lode mi daranno

oppure intendesser biasimarmi

è lo stesso. Agamennone mio sposo

l'ho ucciso con la mia esperta mano.

Così stanno le cose e niente aggiungo.

 

CORIFEO

Con quale erba avvelenata estratta

dalla terra, oppure qual bevanda

presa dal mare, in te questo furore

nutrito hai, e riesci a placare

tutte le ire e le imprecazioni

della tua gente che concordemente

ti maledice e dalla città scaccia.

 

CLITENNESTRA

M'hai condannata al bando cittadino

e all'odio degli Argolidi, ma nulla

rimproveri all'uomo che io ho ucciso?

Neppure quando come un animale

d'un gregge di lanuti, la figliola

sacrificò, la creatura a me

più cara, per dominar della Tracia

i venti? Il bando forse non avea

meritato come pena della sua

colpa? Giudice implacabile sei

delle mie azioni. Minacciami pure,

solo con la forza puoi condannarmi:

se invece i nostri dèi, diversamente

decidono, purtroppo sarà tardi

perché tu possa apprender la saggezza.

 

CORIFEO

Parli con arroganza e sei altezzosa,

hai perso il senno durante il delitto

e una traccia di sangue sulla fronte

è rimasta, uno spruzzo onorevole

in altri casi, nel tuo, disonore

ti porta con la perdita di amici:

colpo su colpo tu devi pagare.

 

CLITENNESTRA

Ascolta adesso il mio giuramento

per Dike che mia figlia vendicò,

per Ate e per le Erinni alle quali

Agamennone, lo sposo, ho immolato.

Di paura non ho neppure l'ombra

finché il fuoco sul mio focolare

sarà acceso da Egisto, il caro amico

che come prima m'ama ed è lo scudo

alla mia sicurezza. Giace a terra

colui che recò oltraggio alla sua donna

e in Ilio si concesse alle Criseidi.

Qui portò la veggente prigioniera,

sua compagna di letto che ha diviso

con lui anche la tolda delle navi.

Ricevuto hanno giusta ricompensa

tanto l'uno che l'altra che da cigno

il lamento di morte avea cantato:

qui lo sposo me l'aveva condotta

aggiungendo piacere al mio trionfo.

 

CORIFEO

Quale destino potrebbe arrivare

velocemente e senza dolore,

oppure a letto ficcarmi, in attesa

del sonno eterno? chi su noi vegliava

e che per una donna avea sofferto,

una mano di donna la sua vita

bruciò. Ahi, Elena pazza, da sola

molte vite hai distrutto sotto Troia,

dal sangue un fiore hai fatto sbocciare

nella reggia dove c'era Eris,

la distruttrice crudele dell'uomo.

 

CLITENNESTRA

Non invocare sopra te il destino

di morte per ciò che io ho attuato;

e su Elena non devi versare

la tua ira, com'ella fosse stata

un'omicida. Anche se da sola

ha distrutto la vita a numerosi

eroi Danai ai quali ci legava

un affetto fortissimo e profondo.

 

CORIFEO

Demone che possesso hai sulla reggia

e sulla stirpe di Tantalo, ti sei

abbattuto anche su due donne che

avevano forza d'animo eguale:

ma è su me che tu dirigi gli occhi

lacerandomi il cuore, e sull'ucciso

ti sei piantato tu, corvo funesto

a cantare il tuo lugubre lamento.

Ahi, ahi, Elena pazza che da sola

un'infinità di vite hai distrutto

sotto Troia, mentre un ultimo fiore

hai fatto anche sbocciare con un sangue

che non si potrà certo più lavare.

Accadde dove Eris dominava

fra sventure e dell'uomo distruzione.

 

CLITENNESTRA

Bene hai fatto a corregger la parola,

nominando chi tre volte ha saziato

la sua sete col sangue della stirpe

nostra. E prima che il dolor si spenga

altro sangue si appresta a fuoruscire.

 

CORIFEO

Il demone che invochi sulla reggia

porta ira funesta con rovina:

ahi, ahimè, ciò che qui è accaduto

è opera di Zeus che tutto muove:

nulla succede senza il suo volere.

Ahi, ahi, mio re, in che modo

dovrei piangerti, con quali parole?

Il tuo corpo ora avvolto in un tessuto

di ragno, vittima di un'empia morte,

un indegno giaciglio preparato

con inganno. dalla donna che alta

la mano sul tuo capo ha sollevato

armata di una scure a doppio taglio.

 

CLITENNESTRA

Credi che questa sia opera mia?

D'Agamennone non sono la moglie,

alla donna del morto io assomiglio:

sono l'antico vendicator d'Atreo

che una vittima ha sacrificato

a vendetta dei figli giovinetti.

 

CORIFEO

Che tu innocente sia del delitto,

chi mai lo potrà testimoniare?

Forse il demone da complice ha fatto

inviato dal padre. Il nero Ares

viene avanti nel sangue già rappreso

dei giovinetti a chiedere giustizia.

Ahi, ahi, mio re, in che modo

dovrei piangerti, con quali parole?

Il tuo corpo ora è avvolto in un tessuto

di ragno, vittima di un'empia morte,

un indegno giaciglio preparato

con inganno, dalla donna che alta

sul tuo capo la mano ha sollevato

armata di una scure a doppio taglio.

 

CLITENNESTRA

Per lui la morte non è stata indegna,

non fu lui forse a farla entrare in casa?

Oh, Ifigenia, mio fiore sbocciato,

quanto pianto per te io ho versato!

Suo padre non può vantarsi nell'Ade:

ha pagato con la vita la morte

che con la spada egli aveva dato.

 

CORIFEO

Non so che far, l'angoscia mi ha privato

di ogni consiglio; dove rifugiarmi

mentre crolla la casa, e la caduta

di una pioggia di sangue m'atterrisce?

Ci sono ancor vendette da eseguire

e la Moira affila su altre pietre

le lame che verranno poi impiegate.

O terra mia, magari tu mi avessi

ospitato nel tuo materno grembo,

prims che io nel fondo di una vasca

per il bagno, con pareti d'argento,

il re che è morto dovessi vedere.

Chi mai verrà adesso a seppellirlo,

chi canterà il luttuoso lamento?

Saresti tu ad osarlo, per caso,

tu che uccidesti leverai il compianto

per tributargli la riconoscenza

delle sue gesta nefande? Piangerai

lacrime vere durante l'elogio

funebre che a lui verrà dedicato?

 

CLITENNESTRA

Lascia pure questa preoccupazione

che a te non spetta. Per mia mano cadde

e sempre per mia mano sepoltura

avrà, senza i lamenti del palazzo,

ma, teneramente, com'è giusto

ad accoglierlo ci sarà sua figlia

Ifigenia, che le braccia al collo

gli getterà con baci, sulla riva

dell'Acheronte, il fiume del dolore.

 

CORIFEO

A un oltraggio, altro oltraggio risponde;

non sipuò mai giudicare: chi prende

è preso e chi uccide è ucciso. Così è

finché Zeus resta sul trono; soffre chi

ha fatto soffrire: è questa una legge

che potrebbe scacciare dalle case

ogni origine di maledizione.

La stirpe umana compianger dobbiamo

perché alla sventura è incatenata.

Oh, terra, quale sorte fortunata

sarebe stata la mia, quando accolto

m'avessi sul tuo seno: non avrei

visto colui che giace in una vasca

da bagno con d'argento le pareti.

A chi toccherà ora seppellirlo,

a chi cantare i funebri lamenti?

Oserai farlo tu, moglie omicida,

tu tributargli un riconoscimento

per le sue imprese, elevargli un elogio

con vero pianto e purezza di cuore?

 

CLITENNESTRA

Di ciò non spetta a te preoccuparti,

per mia mano è morto e per mia mano

seppellito sarà. Non c'è bisogno

del lamento dei congiunti di casa:

ad accoglierlo in riva all'Acheronte,

il fiume impetuoso dei dolori,

ci sarà Ifigenia, la dolce figlia

che, teneramente, con le braccia

vorrà stringerlo al seno e poi baciarlo.

 

CORIFEO

Questo oltraggio, dunque, in cambio giunge

di un altro oltragio, e chi prende è preso,

chi uccide è ucciso; riman finché resta

Zeus sul trono a far soffrir colui

che sofferenza ha dato: questa è la legge.

Chi dalle case nostre mai potrebbe

scacciare il seme di maledizione?

La stirpe umana compiamger dobbiamo

perché alla sventura è incatenata

Oh, terra, quale sorte fortunata

sarebbe stata la mia, quando accolto

m'avessi sul tuo seno: non avrei

visto colui che giace in una vasca

da bagno con d'argento le pareti.

A chi toccherà ora seppellirlo,

a chi cantare i funebri lamenti?

Oserai farlo tu, moglie omicida,

tu tributargli un riconoscmento

per le sue imprese, elevargli un elogio

con vero pianto e purezza di cuore?

 

CLITENNESTRA

L'affermazione risultò sincera

e io col demone dei Plistenìdi

farò un patto: anche se è difficile

accettarlo, il passato sopporterò,

ma lui per il futuro, quando uscirà

da questa reggia, cerchi una stirpe con

delitti fra congiunti come questa.

A me anche la più piccola parte

dei beni della casa basterebbe,

se la fine scoccasse per la triste

follia dell'uccidersi a vicenda.

(entra Egisto con i suoi armati)

 

EGISTO

Oh luce amica di questo giorno che

porta giustizia! Potrei dir che gli dèi

vendicatori sono attenti alle

colpe di noi mortali sulla terra.

Vedo con gioia, avvolto nei tessuti

delle Erinni, giacere un uomo che

finalmente ha pagato la violenza

perfida da suo padre perpetrata.

Atreo, infatti, contrastando il potere

con Tieste mio padre, suo fratello,

da questa città lo bandì, e quando

Tieste tornò supplice al palazzo,

l'empio Atreo, fingendo di celebrare

il suo ritorno, imbandì un pranzo

con le carni dei figli di mio padre

che precedentemente aveva ucciso.

Egli stesso sminuzzò le dita

delle mani e dei piedi per celare

l'orrenda verità. Mio padre al desco

sedè e il banchetto prese a consumare.

Quando la verità funesta apprese,

Tieste cadde al suolo con gemiti,

vomitando le carni e con un calcio

la mensa rovesciò: "Così morire

deve la stirpe dei Plisteni" gridò.

Ecco perché quest'uomo è qui disteso:

io sono l'orditore della morte.

In fasce sono stato risparmiato.

in esilio cresciuto e qui condotto

da Dike. Or che vendetta è compiuta

accetto volentieri anche la morte.

 

CORIFEO

Io non tollero, Egisto, l'insolenza

nel male; tu dici di aver deciso

la morte di quest'uomo, e allor ricorda

che non potrai sfuggir maledizioni

del popolo e neppur lapidazioni.

 

EGISTO

Tu seduto nell'ultimo banco

dei rematori, queste cose dici

come tu fossi al comando sul ponte?

Vecchio sei e per esperienza sai

di com'è duro insegnar la strada

giusta a qualcuno, che catene e fame

medicine sono straordinarie.

Non riesci a vederlo pur guardando?

Contro lo sprone non tirare calci,

se ci provi potresti farti male.

 

CORIFEO

Sei femmina che attende nella casa

il reduce che torna da battaglia,

contaminando il letto dell'eroe

e nello stesso tempo programmando

la stessa sorte al capo spedizione?

 

EGISTO

Anche queste parole ti saranno

fonte di pianto. Al contrario di Orfeo

ti comporti: quello che seduceva

col dolcissimo suono della voce,

e tu irritando tutti con accenti

striduli; sol quando vinto sarai

e incatenato, apparirai più mite.

 

CORIFEO

Sarai tu, dunque, il re degli Argivi, tu

che dopo aver l'assassinio tramato,

di uccidere non hai avuto coraggio?

 

EGISTO

Solo a una donna l'inganno spettava,

io ero già un nemico naturale.

Con le ricchezze qui accumulate,

la città cercherò di governare:

a chi non è disposto ad obbedire

un duro giogo metterò sul collo,

non come a purosangue ben nutrito,

ma a chi fame e prigione ha per compagne.

 

CORIFEO

Ma tu non lo hai colpito quest'uomo!

Da vile, questo compito hai lasciato

a una donna da tutti disprezzata.

Ma c'è Oreste! Sì, Oreste verrà

accompagnato qui da una sorte

amica, e tutti e due vi ucciderà.

 

EGISTO

Ma poiché sembri dire e voler fare

queste cose, ciò che accadrà saprai.

Orsù, guardie, si avvicina l'azione!

 

CORIFEO

Impugnate la spada sguainata.

 

EGISTO

Anch'io con questa stretta nel mio pugno

son disposto a combattere e a morire.

 

CORIFEO

Tu parli di morire, è un augurio

che accettiam lieti, nessuna fortuna

è per noi più gradita della morte

(viene avanti Clitennestra)

 

CLITENNESTRA

No, mio caro, non è tempo di lutti,

abbiam già fatto triste mietitura,

le mani abbiamo ancora insanguinate.

Tempo è di ritirarsi, tu e i vecchi,

ognun nella dimora che il destino

volle assegnargli. Quello che è avvenuto

era già stabilito che avvenisse.

Se questi mali sono sufficienti

possiamo anche acettarli, che il pesante

del demone l'artiglio ci ha colpiti.

Così parla una donna: a voi la scelta

di volere ascoltar le sue parole.

 

EGISTO

Ma non potran rivolgermi costoro

perfide ingiurie, mettendo alla prova

il destino con i saggi pensieri

ed offender colui che ora comanda?

 

CORIFEO

Agli Argivi non appartiene certo

l'abitudine di un vile lodare.

 

EGISTO

Ricordati che nei prossimi giorni

ti colpirà la mia punizione.

 

CORIFEO

Non avverrà se un dio si affretterà

a condurre qui nel palazzo Oreste.

 

EGISTO

Si sa bene che il cibo consumato

dagli esuli è solo la speranza.

 

CORIFEO

E tu ingrassati pure di delitti,

sporcando la giustizia finché puoi.

 

EGISTO

Ricordati che conto mi dovrai

rendere per queste stupide parole.

 

CORIFEO

Gonfiati di coraggio come un gallo

tutto tronfio vicino alla gallina.

 

CLITENNESTRA

Non dar peso a questi latrati:

insieme noi saprem ristabilire

l'ordine da padroni del palazzo!

(Clitennestra, Egisto, gli armati e il coro escono)

 

 

 

 

 

FINE DELLA TRAGEDIA

 

 

 

 

 

 

 

 

COEFORE (Le portatrici di libagioni)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LE PERSONE

 

 

Oreste

Pilade

Coro delle Coefore

Elettra

Portiere

Cltennestra

Cilissa

Egisto

Servo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA SCENA

 

 

Il recinto del palazzo degli Atridi. Oltre i portone principale c'è la porta del gineceo. A sinistra c'è la tomba di Agamennone. Sono in scena Oreste e Pilade.

 

 

 

 

 

 

 

 

ORESTE

Erme ctonio, tu che sulla potenza

dell'augusto mio padre stai vegliando,

a te mi appello, sii mio salvatore

e mio alleato, di questo t'imploro,

or che ritorno alla terrra e alla tomba

del genitore. O padre mio, ascolta:

una ciocca di capelli ho donato

a Inaco, il fiume della fanciullezza,

un'altra a te, padre, sento il dovere

di consacrare. Eccola: la taglio

con la spada ed questa unisco il pianto

che non potei versare al funerale.

Ero lontano allora e non distesi

sul tuo corpo la mia mano devota,

secondo l'uso e come avrei voluto...

... ma cos'è questo che avanza? è un corteo

di donne tutte in neri pepli avvolte,

a qual sventura debbo prepararmi?

Un dolor nuovo che sta per piombare

sulla mia casa? Oppur son libagioni

a conforto dei morti? Nel corteo

c'è Elettra, mia sorella, ancora in lutto

doloroso per il padre scomparso.

O Zeus di vendicar la forza dammi

la morte di mio padre. Pilade, orsù,

stiamo in disparte per vedere meglio

la cerimonia che abbiamo davanti.

(Oreste e Pilade si ritirano a parte. Entra il coro)

 

CORO

Sono appena arrivata dalla reggia,

incaricata delle libagioni,

schioccano forte le mani battute

e le unghie piantate nella carne

lascian sul viso tracce insanguinate,

mentre il cuore di gemiti si nutre.

Ai colpi dolorosi dan risposta

i lini lacerati; triste è il segno

di sventura che dai pepli è annunciato.

Giacché Febo, il familiare indovino

con i suoi irti capelli, dal sonno,

la vendetta spirando, in piena notte

lanciò un grido tremendo che ricadde

pesante nelle stanze delle donne.

E questo sogno, aiutato dal dio,

fu interpretato in modo sinistro:

i morti sotto terra, pieni d'ira,

chiedon vendetta contro gli uccisori.

Non è accettata a riparo la grazia

contro il male. Ahi dura terra madre!

Qui mi spinse femmina maledetta

il cui nome non oso pronunciare.

Non si cancella con nessun lavacro

tutto il sangue che è stato versato.

Ah, focolare del pianto, ah, casa

abbandonata alle tenebre fitte:

il sole manca dalla morte del re!

La maestà che una volta scendeva

senza discordia alcuna né contesa,

nell'animo del popolo, adesso

non c'è: al suo posto la paura regna.

Per gli uomini il successo è più di un dio,

ma c'è della giustizia la bilancia

che colpisce qualcuno in piena luce,

mentre per altri la notte è infinita.

E dove il sangue sparso sulla terra

s'è rappreso in un grumo, e lì è rimasto

a chiedere vendetta, la spietata

Ate il colpevole trascina via

e tutto ricopre di malanni.

Non c'è scampo per chi ha osato violare

una vergine, e anche se le acque

tutte insieme da una sola via

scendessero sulla mano impura,

vana speranza sarebbe quella di

raggiungere la purificazione.

Per me gli dèi fissarono un destino

di schiava, dalla mia terra lontana,

separata dalla casa paterna.

E' giusto o non è giusto l'obbedire

a chi comanda sulla nostra vita

con la forza? E' giusto ingoiare

l'odio amaro che l'animo avvelena?

Io sotto i veli piango per la sorte

sanguinosa che ha travolto il mio re

e mi ha lasciato il cuore irrigidito.

 

 

 

PRIMO EPISODIO

 

ELETTRA

Ancelle che costudite la casa

e che mi avete seguito in questo rito

di espiazione, datemi un consiglio:

che cosa posso dire mentre verso

le meste libagioni di dolore?

Quali parole debbo usare perché

il loro suono risulti gradito?

Posso dire a mio padre che le offerte

volute da mia madre, sono quelle

che una sposa reca allo sposo amato?

Ma io non ho il coraggio di dir questo,

ed è proprio per questa mia impotenza

che si spegne sul labbro ogni parola,

mentre verso le offerte sulla tomba.

Oppur mi adeguo degli uomini al costume,

dicendo che doni di bene ricambi

a tutti quelli che queste corone

pel male ricevuto offrono in dono?

Oppure, in silenzio, senza onore,

proprio come mio padre è stato ucciso,

versare a terra queste libagioni

come immondizia e poi gettando il vaso

alle spalle, senza guardarsi indietro?

Datemi aiuto col vostro consiglio:

in casa nostra c'è un odio comune.

Non chiudetevi dentro il vostro cuore

per paura di qualcuno; il destino

è in attesa, tanto per chi libero è,

quanto per chi obbedisce al suo padrone.

Se hai qualcosa di meglio puoi parlare.

 

CORIFEA

La tomba di tuo padre come altare

io onoro, e poiché me lo domandi

ti dirò con il cuore il mio pensiero.

 

ELETTRA

Con il rispetto della tomba, parla!

 

CORIFEA

Versa pure i libami e con solenni

parole rivolgiti ai benevoli.

 

ELETTRA

Chi son coloro che dovrei indicare?

 

CORIFEA

Te stessa prima e chi Egisto odia.

 

ELETTRA

Per me e per te devono essere i voti?

CORIFEA

Ormai da sola puoi ben giudicare.

 

ELETTRA

Posso aggiungere altri in nostra parte?

 

CORIFEA

Ricordati di Oreste ora lontano.

 

ELETTRA

Grazie per il consiglio che ho apprezzato.

 

CORIFEA

Ricorda ancor della strage gli autori.

 

ELETTRA

Che debbo dir? suggerisci parole.

 

CORIFEA

Fa voti perché alfin contro costoro

intervenga qualcun, o dio o mortale.

 

ELETTRA

Un giudice intervenga o un giustiziere?

 

CORIFEA

Dillo più chiaro: qui occorre qualcuno

che sappia ricambiar morte con morte.

 

ELETTRA

Non ti sembra per me un'empia cosa

avanzare tal richiesta agli dèi?

 

CORIFEA

E non ti sembra empio che il malvagio

possa gioire per il mal compiuto?

 

ELETTRA

Messaggero potente degli dèi,

del cielo e degli inferi un aiuto ti

chiedo, Erme ctonio il tuo messaggio:

che i demoni sotterra le preghiere

mie ascoltino, fedeli custodi

delle paterne case e della stessa

terra che tutto produce e di tutto

riceve il germe sempre più fecondo.

Ecco, l'acqua lustrale verso sulle

mani e parlo ai morti: "Oh padre mio,

abbi pietà di me e la luce accendi

di Oreste nella casa. Noi errabondi

siamo, venuti da chi ci generò.

Nostra madre ha preso in cambio Egisto

che fu complice della tua uccisione.

Io come una schiava vivo, lontana

dai beni che appartengono ad Oreste,

e che quei due si godon spudorati.

Che torni Oreste con la buona sorte,

e per me, padre mio, una grazia chiedo:

voglio essere più casta di mia madre,

e che le mani mie siano più pure.

Questo, padre, per noi, e per i nemici

chiedo che arrivi il tuo vendicatore:

sian gli uccisori a loro volta uccisi.

Questa maledizione io frappongo

alla malvagità della preghiera

da loro sollevata. Vinca il bene

e la Giustizia col divino aiuto.

Adesso verserò le libagioni,

anche per voi il tempo è già arrivato

di intonare il peana pel defunto.

 

CORIFEA

Lacrime che di morte risonanza

contengono per il morto signore

che giace in questa tomba che è presidio

di tutti i buoni contro il sacrilegio

malvagio di versate libagioni.

Ascoltami mio re che ho venerato,

dall'Ade tenebroso in cui ti trovi,

qual'è l'eroe che di lancia armato

la casa verrà infine a liberare,

agitando nelle mani il ricurvo

scitico are alla guerra già uso,

stringendo in pugno la spada che uccide?

 

ELETTRA

Ecco che già mio padre ha ricevuto

le libagioni versate e assorbite...

... guardate adesso, non vi sembra strano?

 

CORIFEA

Parla! Il cuore mi batte di paura.

 

ELETTRA

Di capelli una ciocca sulla tomba.

 

CORIFEA

Di chi sarà, di uomo o di fanciulla?

 

ELETTRA

E' facile per tutti lo scoprirlo.

 

CORIFEA

Io che son così vecchia, rivolgermi

dovrò ai giovani per imparare.

 

ELETTRA

Nessun fuori di me simile offerta

potrebbe fare sulla stessa tomba.

 

CORIFEA

Solo ai nemici il lutto converrebbe.

 

ELETTRA

Ma sì... ma sì... questa ciocca è simile...

 

CORIFEA

Continua... a quale chioma assomiglia?

 

ELETTRA

Ai capelli dei miei, su, fa' il confronto!

 

CORIFEA

Sarebbe dunque un'offerta di Oreste?!

 

ELETTRA

Ai suoi riccioli è simile di certo.

 

CORIFEA

Avrebbe osato venir qui davvero?

 

ELETTRA

Si recise una ciocca come offerta

e trovò il modo di mandarla qui.

 

CORIFEA

C'è da piangere per quello che dici:

non può toccar col piede questa terra.

 

ELETTRA

Un' ondata di amaro al cuor mi sale,

un dardo acuto mi colpisce a fondo

e le lacrime scendono dagli occhi:

sono gocce assetate che cadute

son senza freno, impetuosa corrente

formatasi alla vista dei capelli.

Debbo forse sperar che dalla chioma

di un mio concittadino provenga

questa ciocca? Neppure all'assassina,

madre non degna, nome maledetto,

neppure a lei potrebbe appartenere.

E come posso ancora acquetarmi

che sia il dono dell'essere più caro

che ho fra i mortali: mio fratello Oreste?

Tenue speranza, ahimè; se questa ciocca

dovessi io gettar perché recisa

da una testa nemica, o trattenerla

come un ornamento di questa tomba

che intende onorare nostro padre?

Invochiamo gli dèi che tutto sanno

e conoscono in quale mai tempesta

posson esser travolti i naviganti.

Ma se il destino decide salvezza,

da piccol seme gran tronco spunterà.

Ma ecco nuove tracce, orme di piedi:

di lui sono e del suo accompagnatore.

Le impronte dei talloni e delle piante

misurate combacian con le mie.

Un' angoscia m'ha preso e ora mi sento

che le forze mi stanno per mancare.

(Oreste si rivela)

 

ORESTE

Prega per un fortunato avvenire,

dicendo a tutti che tue preghiere

sono state accettate dagli dèi.

 

ELETTRA

E quale grazia avrei io ricevuto?

 

ORESTE

Davanti a te c'è chi prima hai invocato.

 

ELETTRA

Chi può conoscer le mie invocazioni?

 

ORESTE

La venuta di Oreste ti auguravi.

 

ELETTRA

Nulla ho ottenuto nelle mie preghiere.

 

ORESTE

Son io quel che aspettavii, e non cercare

qualcuno che ti ami più di me.

 

ELETTRA

Quale inganno, o straniero, a me intorno

hai intrecciato?

 

ORESTE

Allor contro me stesso

avrei ordito l'inganno?

 

ELETTRA

Delle mie

sventure, confessa, ridere vuoi?

 

ORESTE

Anche i miei mali allor ridere fanno?

 

ELETTRA

Dunque, sei Oreste quello con cui parlo?

 

ORESTE

Or che mi vedi a riconoscer stenti?

eppure davanti a questi capelli

ti esaltavi, misurando le orme.

Avvicina la ciocca di capelli

alla tua testa, non c'è somiglianza?

Che dire del tessuto che tu stessa

hai creato... e il disegno di caccia?

Calmati, non lasciarti trasportare

dalla gioia, so che i cari congiunti

son diventati i peggiori nenici.

 

ELETTRA

Sei l'amato sostegno della casa,

la fiducia della nostra salvezza.

Stai pur certa che con la tua forza

conquisterai la casa di tuo padre,

dando le ali alla nostra speranza.

Cari occhi dei miei quattro destini,

padre ti chiamerò ed in te entra

anche l'amore per la madre odiata;

son tua sorella che senza pietà

sacrificata è stata, e tu il fratello

fidato, il salvatore e mio signore.

Kratos, Dike e lo stesso Zeus che

degli dèi è il maggiore, tutti insieme

ci concedan la loro protezione.

 

ORESTE

Zeus, Zeus, guarda quel che accade:

gli aquilotti privi del padre ucciso

fra le spire di una vipera tremenda,

si trovan tormentati dalla fame,

non essendo in età di rinnovare

le imprese del padre che maestoso

i cieli dominava, rifornendo

di prede il nido alle rocce aggrappato.

Sotto il tuo sguardo ci son io ed Elettra,

anche noi privi del padre che spesso

a te sacrificava con onore.

Se questi figli non aiuterai,

dove trovar le necessarie offerte

per i banchetti, dove cercar doni

per gli altari? Se dell'aquila i figli

vivranno, potresti ancora inviare

molti sicuri presagi ai mortali,

se invece il tronco regale non vive,

nessuno potrà arricchire gli altari

nei giorni per le ecatombi fissati.

Ascolta, Zeus, con poca assistenza

potresti questa casa sollevare

dall'abbandono in cui ora è caduta.

 

CORIFEA

Oh figli, voi che vorreste salvare

la casa col paterno focolare,

fate silenzio, che nessuno v'oda,

perché non senta chi ora comanda:

coloro che vorrei veder bruciare

un giorno, in una gran fiamma di pino.

 

ORESTE

Non fallirà l'oracolo del Lossia,

certo, dovrò con quello superare

prove assai dure, Mali tempestosi

mi coglieranno, solo che trascuri

di trattar nell'identica maniera

color che hanno mio padre assassinato.

Devo ucciderli con impeto taurino,

senza concedergli nessun riscatto;

nessuna disobbedienza è accettata,

se non voglio pagare con la vita

e con intollerabili dolori.

Dagli inferi adirati si reclama

vendetta, e si annunciano efferate

le malattie che afferrano le carni

fra potenti mascelle a stritolarle:

le piaghe della lebbra divoranti

il precedente stato di salute;

partono dalle Erinni gli assalti

su dal sangue del padre assassinato.

Il colpevole nell'ombra spalanca

gli occhi e vede chiaramente il dardo

che dagli inferi scagliano i parenti

caduti che reclamano vendetta;

il delirio sconvolge con terrore

le notti, il colpevole è scacciato

dalla città con il corpo straziato

dalla sferza con le punte di bronzo.

Simili esseri non posson aver

parte ai crateri e nemmeno ai gioiosi

spruzzi di libagioni, dagli altari

vengon tenuti lontani dall'ira

del padre: nessun li accoglie nella

sua casa oppur scioglie con lui la vela;

senza amici e senza onori, muore

col tempo in una fine solitaria.

Agli oracoli creder non dobbiamo?

Credo o non credo, l'opera si compia!

Gli ordini del dio insieme al paterno

dolore, e anche scarsità di beni,

in un sol punto hanno convergenza:

sdegno che cittadini valorosi,

distruttori di Troia e rinomati

fra gli uomini per l'animoso cuore,

sian da due donne così dominati.

Perché anche Egisto di una femmina ha

il cuore, e se ancor non l'ha scoperto,

fra poco tempo certo lo saprà.

 

CORIFEA

Grandi Moire, con l'aiuto di Zeus,

fate in modo che qui dov'è giustizia

l'oltraggio si paghi con l'oltraggio.

Dike pretende ciò che è suo gridando:

"Paghi con piaga mortale chi uccise."

Questa è una sentenza tre volte antica.

 

ORESTE

Padre mio di sventura, qual preghiera

e quale offerta, io così lontano

potrei farti arrivare, come luce

che squarci quella tenebra ove giaci?

Comunque, compianto di lode hanno

chiamato i ringraziamenti per gli

Atridi supplicanti alle tue porte?

 

CORIFEA

Ascolta, figlio, l'anima del morto

non doma il fuoco della vorace

mascella, anche se, aspettando un poco,

dimostra la sua collera e il morto

viene compianto e il vendicatore

si leva finalmente sul defunto.

 

ELETTRA

Ascolta, dunque, o padre, che di nuovo

ti ricordo i lacrimosi dolori

che tormentano la nosta esistenza:

sulla tua tomba risuona il gemito

dei tuoi figli, supplici tutti e due

davanti a te, esuli dalla casa.

Quale bene i due giovani accompagna?

In quale modo trionfar su Ate?

 

CORIFEA

Se un dio volesse, un gioioso canto

potrebbe nascer da questi lamenti,

e nelle stanze reali levarsi

al cielo un peana vittorioso.

 

ORESTE

Se tu, o padre, fossi stato ucciso

sotto le mura d'Ilio, dalla lancia

di un guerriero della Licia colpito,

immensa gloria avrebbe accompagnato

il tuo ricordo, e anche poi lasciato

ai tuoi figli un'esistenza ammirata

da tutti, e nella terra d'oltremare

una tomba solenne avresti avuto:

il che avrebbe alleviato il dolor nostro.

 

CORO

Un amico degli amici che a Troia

affrontaron una morte gloriosa,

signore insigne nell'Ade, figura

illustre e da tutti venerata.

Un re sei stato da vivo, e morendo

il tuo comando avresti conservato

come color che han servito il destino.

 

ELETTRA

Neppure sotto le mura di Troia,

o padre, avresti dovuto cadere,

e nemmeno coi feriti di lancia

sulle rive dello Scamandro trovar

sepoltura, prima che gli uccisori

non avessero raggiunto la morte.

A me sarebbe giunta da lontano

questa notizia e con rassegnazione

avrei accettato il volere del fato.

 

CORIFEA

Le tue parole, figlio, son preziose

più dell'oro e di una iperborea

fortuna molto più ricche e più grandi.

Giunge or chiaro il suono di una sferza

duplice: dei dominator le mani

sono impure, ma adesso per i figli

si apre uno squarcio di azzurra speranza.

 

ORESTE

Nelle orecchie mi giunge come un dardo

triste presagio. Oh, Zeus, dal profondo

dell'Ade invii sciagure a vendicarci,

non sol contro le mani dei mortali,

in gener, ma persin dei genitori.

 

CORO

Possa cantare un inno di trionfo

per maschio e femmina a morte colpiti.

Non bisogna nascondere di dentro

ciò che è divino ed è fornito d'ali.

Sulla prora del cuore si scatena

una violenta tempesta di ira

accompagnata dall'odio implacato.

 

ELETTRA

E quando sarà mai che il sommo Zeus

farà scendere la sua pesante mano

fendendo il loro capo, e garanzia

per la terra creando? All'ingiustizia

chiedo giustizia. Mi porgano ascolto

gli umili e i potenti della terra.

 

CORIFEA

La gente dice che gocce di sangue

sparse per terra chiamino altro sangue.

Le Erinni invoca la strage, e dei morti

vendetta su vendetta è la richiesta.

 

ORESTE

Ahi terra, e voi degli inferi sovrani

porgete ascolto alle maledizioni

potenti che si levano dai morti,

guardate quel che resta degli Atridi

che son stati scacciati dalle case.

Dimmi, o Zeus, chi interpellar possiamo?

 

CORO

Il mio cuore sobbalza a questo grido,

la speranza si spegne e si fa buio

tutto intorno esaltando le parole

che dici, ma se la tua forza vedo,

allor riprende fiato la speranza

contro l'angoscia e tutto appare chiaro.

 

ELETTRA

Che cosa resta da dire? I dolori

forse che chi ci generò ci ha imposto;

non valgon le lusinghe e non c'è incanto:

come un lupo implacabile e vorace

è il cuore che nostra madre ci ha dato.

 

CORO

Un dialogo col coro ho iniziato

al modo di una prefica di Cissia.

Le mani che colpivan di frequente

dall'alto e da lontano, risonanti

sono sulla mia testa sventurata.

 

ELETTRA

Oh, miserabile madre che senza

esequie degne, senza cittadini

al seguito, né segnali di lutto,

il tuo marito hai osato seppellire!

 

ORESTE

Hai detto che tutto questo è accaduto!

Ohimè, grazie agli dèi, il disonore

sofferto da mio padre pagherà

per mia mano. Sol dopo averla uccisa

possa venire anche per me la morte.

 

CORO

Fu mutilato e lo devi sapere,

poi seppellì il suo corpo straziato,

sapendo che un oltraggio di tal fatta

tu non l'avresti mai dimenticato.

 

ELETTRA

Della morte del nostro genitore

tu parli, ma di me non sai ancor nulla:

dalla casa paterna espulsa e come

una cagna rabbiosa segregata;

come compagno ho avuto solo il pianto.

Scriviti tutto questo nella mente.

 

CORO

Attraverso le orecchie, le parole

scenderanno dell'animo nel fondo,

trasformando la tua calma iniziale

in ira furibonda che trascina.

 

ORESTE

Ascolta, padre, dà un aiuto ai figli!

 

ELETTRA

E' con il pianto che anch'io ti invoco.

 

CORO

Siamo qui fermi ed insieme concordi.

TUTTI

Vieni alla luce, padre, finalmente!

combatti insieme a noi contro i nemici.

 

ORESTE

Ares contro Ares combatterà.

Giustizia anche contro la Giustizia.

 

ELETTRA

O dèi, giuste preghiere vi rivolgo.

 

CORO

Il tremito mi prende a queste voci.

Già da tempo sta attendendo la sorte

che venga da chi preghiera ha elevato.

Ah, sventura qui nata, ah cruento,

orrido colpo di Ate! Affanni

non tollerati, ahi, ahimè dolori

che nessuno riesce a far tacere.

Non mancan solo per queste ferite

le bende per curare nella casa:

i familiari stessi han preparato

per una lotta crudele e cruenta.

Si leva forte l'inno per gli dèi

inferi; ascoltiam questa preghiera

e sia dei figli infine la vittoria.

 

ORESTE

Padre che da re non sei morto, ora

ti prego di concedermi l'impero

della casa da cui fosti strappato.

 

ELETTRA

Anch'io ti chiedo una grazia, padre:

fa' che mai non subisca la vergogna

di diventare d'Egisto la schiava.

 

ORESTE

In questo modo i conviti saranno

offerti ai morti, proprio com'è d'uso.

Non accadrà che tu resti privato

degli onori a te dovuti, mentre

i sacrifici fuman sulla terra.

 

ELETTRA

Anch'io con la mia eredità, potrò

recarti dalla casa libagioni,

ma prima pregherò su questa tomba.

 

ORESTE

O terra, restituiscimi il padre

perché possa osservare la battaglia.

 

ELETTRA

O Persefone dagli la vittoria.

 

ORESTE

Ricorda il bagno, o padre, dove fosti

assassinato.

 

ELETTRA

Ricorda la rete

che la difesa tua impedì.

 

ORESTE

Ricorda che da ceppi senza bronzo,

o padre mio, fosti tu catturato...

 

ELETTRA

... e vergognosamente in veli avvolto.

 

ORESTE

Non è bruciante quest'offesa, padre?

 

ELETTRA

Non è il momento di levare il capo?

 

ORESTE

Oppur prendi Giustizia da alleata

per i tuoi, o concedici di usare

eguale arma se essendo già vinto

or con vittoria intendi trionfare.

 

ELETTRA

Ascolta quest'estremo grido, o padre,

abbi pietà dei piccoli chinati

sulla tua tomba, in preghiera assorti,

abbi pietà della figlia e del figlio.

 

ORESTE

Non cancellar la Pelopide stirpe

che ti darà la vita anche da morto,

perché i figli ricordano la gloria

conquistata da vivo, e sostenendo

come sugheri la sollevata rete

che più non pesca il fango dal profondo.

Ascolta, sono per te questi lamenti:

or sei salvo se tu accetti il compianto.

 

CORIFEA

Appropriato fu il vostro discorso

per una tomba che non fu onorata

a suo tempo. Tu hai già l'animo pronto

ad agire. Puoi passare all'azione!

 

ORESTE

Non è certo fuori del mio cammino

conoscere perché le libagioni

ella mandò? Da qual ragionamento

tardivo ella fu spinta ad inviare

un ben misero omaggio alla sua tomba,

trascurabile poi se equiparato

al peso della colpa che ha compiuto?

Puoi svelarmi il perché se lo conosci?

 

CORIFEA

Lo so, figliolo, io ero presente:

sogni agitati ed orrende visioni

sconvolgevan la donna sciagurata

che pensò di placar l'ira del morto

inviandogli doni e libagioni.

 

ORESTE

Vi prego, raccontate esattamente

di questo sogno, se lo conoscete.

 

CORIFEA

Un serpente doveva partorire.

 

ORESTE

E il racconto giungeva a conclusione?

 

CORIFEA

L'aveva avvolto in fasce come un bimbo.

 

ORESTE

Come nutriva il mostro neonato?

 

CORIFEA

Ella gli porse il seno nel suo sogno.

 

ORESTE

E il seno fu ferito dall'orrore?

 

CORIFEA

Nel latte egli succhiò un grumo di sangue.

 

ORESTE

Non fu questa una vana apparizione.

 

CORIFEA

Dal sonno ella si scosse gridando

atterrita. Le tenebre frattanto

erano state spezzate dai lumi

accesi qua e là per la signora.

Ed in quella occasione fu deciso

per le funebri offerte e libagioni,

sperando in questo modo di riuscire

a far cesare gli incubi notturni.

 

ORESTE

La terra prego e la tomba del padre

perché il sogno venga per me compiuto.

Io l'interpreto in modo coerente:

se il serpente scaturito dal grembo

di mia madre, aprì sulla mammella

la bocca, succhiando sangue nel latte,

e facendola urlare di terrore,

bisogna ora che violentemente

ella muoia, perché ha partorito

un mostro orrendo, ed io fatto serpente

devo ucciderla, come annuncia il sogno.

 

CORIFEA

Di questo tu mio interprete sarai,

annuncialo agli amici dicendo

quel che resta da fare o da non fare.

 

ORESTE

Poche parole: torni nella casa

Elettra. Questa mia decisione

deve restare nascosta, affinché

coloro che mio padre con inganno

uccisero, con eguale inganno

nella rete saranno presi e uccisi.

Questo predisse il Lossia, e tutti sanno

che Apollo è un profeta veritiero.

Io come straniero verrò alle porte

della reggia con Pilade, il compagno

d'armi che mi ospitò nella sua casa.

Parleremo il dialetto del Parnasso

con i suoni che usano i focesi.

I guardiani con animo sereno

non ci accoglieranno, poiché la casa

in potere dei demoni si trova:

resteremo ad attendere finché

qualcuno non farà supposizioni:

"Perché Egisto che è in Argo a un supplice

non spalanca la porta della casa?"

Se della regale porta la soglia

io varcherò e sul trono seduto

lo troverò, oppure in casuale

incontro, prima della sua domanda:

"Da qual paese vieni?" con un colpo

della mia spada, morto lo stenderò.

E l'Erinni non sazia della strage

berrà sangue alla terza libagione.

Tu. sorella, l'interno della casa

sorveglia, che tutto vada secondo

i piani; a voi chiedo di far silenzio

quando occorre, ed invece di parlare

se da dire ci son cose opportune.

A Pilade rivolgo la preghiera

di osservare attentamente lo scontro

che la mia spada porterà al successo.

 

 

 

PRIMO STASIMO

 

CORO

Molti flagelli sono generati

dalla terra, e si trovano dovunque

molte fiere nemiche dei mortali.

In alto, fra cielo e terra, ci sono

lampi di fuoco, e gli animali alati

o striscianti potrebber raccontare

del violento furor delle tempeste.

Ma chi dirà dell'audacia dell'uomo

o delle donne senza pudore, che

travolgon nella rovina i mortali?

Una passione di femmina vince

facilmente sulle unioni di nozze.

Chi quel che ha appreso non ha trascurato,

ricorda la vicenda di Testiade

che fu causa della morte del figlio,

bruciando il tizzon misuratore

della sua vita dal destino imposto.

Altra donna da odiar, la parricida

Scilla che dagli aurei doni sedotta,

al nemico sacrificò suo padre

-cuor di cagna- strappandogli nel sonno

il capello della immortalità.

Ho parlato di malvagie vicende,

ed è tempo che ricordi anche quella

che riguarda la trama parpetrata

contro un guerriero valoroso, un re

che persino dai nemici era onorato.

Focolare domestico io amo

nella tranquillità delle passioni.

Tra i crimini più antichi è ricordato

quel di Lemno, esecrabile secondo

la voce popolare più diffusa.

La stirpe dei mortali ha fine quando

è odiata dagli dèi: non c'è nessuno

che ami ciò che odiano gli dèi.

Quali di questi casi, ingiustamente

ricordo? La spada al cuore è vicina

e Dike guida il ferro dritto e acuto;

non è norma che venga calpestato

chi ingiustamente ed in modo empio

la maestà di Zeus abbia violato.

Salda è la base di Dike. Il destino

sull'incudine batte la sua spada

che ha forgiato, ed Erinni tenebrosa

in casa porta il figlio a far pagare

la sozzura del sangue antico sparso.

 

 

 

SECONDO EPISODIO

 

ORESTE

Custode... dove sei?...ehi, custode!

Non senti che sto battendo alla porta?

Chi c'è in casa, custode,,, chi c'è in casa?

E' questa .la terza volta che chiamo.

Venga fuori qualcuno! E' ospitale

com'era prima la casa ora d'Egisto?

 

PORTIERE

Eccomi che arrivo!... Da dove vieni?

 

ORESTE

Annunciami ai padroni. Devo presto

vederli: notizie per loro reco.

Su, affrettati ! Il carro tenebroso

della notte si appresta ad arrivare:

per i viandanti sta giungendi l'ora

di cercare di essere accettati

come ospiti graditi in qualche casa.

Aspetto dunque che vemga il padrone,

oppure una donna che comandi,

ma meglio uomo: ci si intende meglio

con lui, le parole son più chiare.

(appare Clitennestra con ancelle e servi)

 

CLITENNESTRA

Ospiti, dite pure le richieste.

qui c'è tutto quel che può servire:

caldi bagni, morbidi letti e sguardi

leali. Per le cose più serie

deve pensarci un uomo ed a lui

bisogna far la comunicazione.

 

ORESTE

Forestiero sono io di Daulide,

paese dei Focesi. Ero in viaggio

con la mia merce da portare ad Argo,

quando uno sconosciuto, avendo appreso

della mia meta. volle rivelarsi:

"Strofio focese sono ed in Argo

ai genitori di Oreste notizia

riferisci della morte del figlio.

Se i parenti reclamano il suo corpo

per dargli in Argo giusta sepoltura,

oppure preferiscano lasciarlo

dove si trova, devo pur sapere

perché di lui in un'urna di bronzo

le ceneri conservo alle quali

lacrime e onori non sono mancati."

Questo mi disse e questo riferisco,

se parlo a chi può prender decisione

non so, ma i genitori lo sapranno.

 

CLITENNESTRA

Ahimè, dall'alto in basso roviniamo.

Maledizione fatale ha segnato

questa casa che anche tu puoi vedere

pur essendo al di fuori, ma con l'arco

infallibile puoi certo colpirla.

Oh, me infelice, che di tutti i cari

parenti m'hai privato! Oreste solo

teneva i piedi fuori dal pantano,

ciò nonostante anche lui è presente

nel tuo triste registro della morte.

 

ORESTE

Avrei voluto esser conosciuto

da ospiti importanti come voi,

quale latore di buone novelle

o per azioni nobili compiute.

Chi ospita benevolenza nutre

per l'ospitato che, con gran rispetto,

ripaga all'ospite il sentimento.

Questa notizia non avrei portato

se non avessi fatto una promessa.

Questo avevo nel cuore e questo esprimo.

 

CLITENNESTRA

Non sarai qui accolto in modo non degno

di te, e non ti sentirai meno

amico in questa casa. Il tuo messaggio

ci hai recato, ma ora affaticato

dal duro viaggio, devi ottenere

quanto conviene. Su presto, alle stanze

degli ospiti venga condotto, insieme

a quelli che lo seguono, e che tutti

ricevano l'aiuto necessario.

Questo è l'ordine. Noi informeremo

chi comanda la casa e con gli amici

decideremo ciò che dobbiam fare.

 

CORIFEA

Allora, ancelle della casa, quando

ad Oreste mostrerem la forza che

esprimiamo nelle nostre preghiere?

O terra amata, o venerata tomba

che racchiudi il corpo del comandante

regale, ora ascoltateci e un aiuto

concedete: di Peitho è il momento

che scende con inganno, ed Ermes ctonio

dirige dalle tenebre lo scontro,

queste lotte che uccidon con le spade.

Ma che cosa ha in mente questo straniero?

La nutrice di Oreste sta piangendo:

dove vai, Cilissa, fuori di casa?

Dolore non comprato ti accompagna.

 

CILISSA

E' la regina che a chiamar mi manda

subito Egisto che direttamente

possa venir dagli ospiti informato.

Davanti ai familiari ella il volto

triste mostrava per questa notizia,

ma negli occhi un sorriso non poteva

nascondere: felici eran per lei

queste nuove, e rallegrar or voleva

anche Egisto. Ohimè, infelice sono

nella casa di Atreo dove i dolori

antichi mi riempiono di strazio

il petto e il cuore. Non soffrii mai pena

simile a questa, io che tanti mali

ho sopportato, ma il caro Oreste no!

Amore della vita che ho allevato.

Sua madre che di notte era turbata

dai suoi strilli, volle che mi occupassi

di lui, ed io volentieri l'accolsi

fra le mie braccia, cucciolo innocente

che non sa dir se ha fame oppur sete

o qualche altro bisogno che lo spinge.

Suo padre stesso me l'avea affidato,

ed ora vengo a sapere che è morto,

ohimè, infelice, angosciosa sciagura

che dovrò ora annunciare alla peste

della casa che con gioia, son certa,

sarà lieta di apprender la notizia.

 

CORIFEA

E in che modo dev'esser preparato?

 

CILISSA

Non ho capito, ripeti per bene.

 

CORIFEA

Deve venir con le guardie o da solo?

 

CILISSA

Vuoi che meni il suo seguito d'armati?

 

CORIFEA

Non dire nulla a quel padrone odioso.

Esortalo ad andar tranquillamente

e con animo lieve ad ascoltare

notizie liete: un buon messaggero

sa raddrizzare un discorso che è storto.

 

CILISSA

Ma il tuo animo è gioioso alla nuova

che gli stranieri hanno ora portato?

 

CORIFEA

Verrà il giorno che Zeus farà cessare

tutti i mali che corron sulla terra.

 

CILISSA

Con la morte d'Oreste, la speranza

ha abbandonato per sempre la casa.

 

CORIFEA

Taci dunque, che questa previsione

ad un cattivo profeta appartiene.

 

CILISSA

Conosci forse qualcosa in più di quel

che a tutti noi poco avanti fu detto?

 

CORIFEA

Vai ora a riferire ciò che sai.

Sanno bene gli dèi quello che importa.

 

CILISSA

Farò come mi consigli, e che tutto

sia bene con l'aiuto degli dèi.

 

CORIFEA

Ora son io che ti supplico, Zeus

padre degli dèi dell'Olimpo, fai

che la sorte si compia pei padroni

della casa che fortemente braman

che l'ordine venga restaurato.

Difendi, o Zeus, ogni mia parola

che in favore di giustizia ho gridato.

Oreste è nella casa fra nemici,

proteggilo, Zeus, e ti sarà resa

due o tre volte la riconoscenza.

E' il figlio giovinetto di un uomo a te

caro, un puledro purtroppo aggiogato

a un carro di sventure. A questa corsa

fissa un termine, e per la pianura

vedremo avvicendarsi gli sfrenati

passi col loro ritmico impetuoso.

E voi che della reggia gli opulenti

luoghi abitate, da voi ascolto chiedo:

o dèi benigni, il vechio sangue sia

cancellato, e anche l'antica strage

non possa più figliare nella reggia.

E tu che il gran vestibolo possiedi

a Delfi, o Apollo, fai che questa casa

rialzi il capo e che risplenda tutta

di libertà, e che anche il suo signore

possa vederla dall'Ade con occhi

non più offuscati dall'ombra fatale.

Al figlio di Maia chiediamo aiuto

con giustizia, perché faccia arrivare

a fine buono l'azione intrapresa.

Molte altre cose celate alla vista

può svelare, ma con parole oscure

che accompagnano il buio della notte,

e che di giorno non appaion chiare.

E finalmente intoneremo un canto

per la libertà della casa, un canto

femmineo ricco di prosperità:

cresce il guadagno e la maledizione

dagli amici si trova ora lontana.

Fatti coraggio se giunge il momento

per te d'agire e lei verrà gridando:

"Oh figlio!" "Di mio padre sono figlio!"

rispondi ed esegui la vendetta

che nessuno potrà rimproverare.

Abbi nel petto il cuore di Perseo

in amicizia coi morti e coi vivi,

rafforza il telo triste di Gorgone,

entra in casa per vendetta di sangue

e il colpevole uccidi com'è giusto.

 

 

 

TERZO EPISODIO

 

(entra Egisto da solo)

EGISTO

Sono stato chiamato da un messaggio

che una nuova notizia mi ha recato

per mezzo di stranieri appena giunti.

Una lieta novella in quest' annuncio

per le mie orecchie: la morte d'Oreste.

Ma per la casa potrebbe esser grave

questo lutto: una piaga sanguinante

ancor non chiusa ed ancora dolente.

E' vera la notizia, oppure è falsa?

E' morto dunque Oreste, oppure è in vita?

Si tratta sol di ciarle femminili

che vanno in aria come le faville

del fuoco e che si spengono poi presto?

Cosa potresti dir per tranquillare

l'animo mio e dar chiarezza al dubbio?

 

CORIFEA

Non c'è che interpellare gli stranieri,

da loro puoi saper quel che domandi.

 

EGISTO

Conviene interrogare il messaggero,

voglio saper se ha assistito alla morte,

oppure se ha raccolto solo voci.

 

CORIFEA

O Zeus, che cosa dire adesso, e dove

incominciare pregando o imprecando?

E come si può finire parlando

in modo adeguato? Mentre le spade

omicide ancora grondano sangue:

si è decisa la fatale rovina

della casa che d'Agamennone fu.

Divampi il fuoco della liberrtà,

sia d'Oreste la ricchezza paterna

e il potere che regge la città.

Prima però deve ingaggiar la lotta

da solo contro due: a lui auguriamo

di conquistar completa vittoria.

 

VOCE DI EGISTO DALLA CASA

Ahi...ahi... ahimè...

 

CORIFEA

Che cosa avviene?

Che cosa è successo nella casa?

Da parte è meglio rimanere, finché

tutto non è finito e della colpa

partecipi non si debba apparire.

 

SERVO

Ahimè, ahimè, il mio signore è morto

e per la terza volta ahimè io grido.

Egisto non è più e delle donne

spalancate le porte, i chiavistelli

aprite! Di un giovane c'è bisogno,

ma non per dare aiuto: è troppo tardi.

Oh, ehi! parlo ai sordi o a chi dorme?

Inutilmente dico cose vane.

Clitennestra che fa? Vedo un rasoio

fatale che va verso la sua gola

e che l'ora della fine è venuta.

 

CLITENNESTRA

Che avviene, perché gridi nella casa?

 

SERVO

Dico che i morti uccidono i vivi.

 

CLITENNESTRA

Ho capito il tuo enigma. Con inganno

abbiamo ucciso e così noi morremo

Una scure, presto! voglio vedere

se vincitori siamo oppure vinti:

a questo punto del male son giunta.

 

ORESTE

Te cerco, lui ha avuto la sua parte!

 

CLITENNESTRA

Ohimè, sei morto, amatissimo Egisto!

 

ORESTE

Lo ami, vero? con lui nella tomba

giacerai, in modo che anche da morto

continuamente tu l'avrai vicino.

 

CLITENNESTRA

Fermati, o figlio! Guarda questo seno

sl quale molte volte addormentato

ti sei, succhiando ciò che ti ha nutrito.

 

ORESTE

Pilade che devo far? Io non posso

a questo punto uccidere mia madre.

 

PILADE

Dove mettiam gli oracoli d'Apollo,

e dove i vaticini della Pizia,

e i giuramenti sacri, dimmi dove?

Guai all'inimicizia con gli dèi,

è meglio aver nemici fra gli umani.

 

ORESTE

Tu hai ragione e il tuo consiglio è buono.

(a Clitennestra)

Seguimi, accanto a lui ti ucciderò.

Per te anche da vivo era migliore

di mio padre, ed ora dopo morta

con lui sarai in un'unica tomba.

 

CLITENNESTRA

Ti ho nutrito e con te voglio invecchiare

 

ORESTE

Viver con te, assassina di mio padre?!

 

CLITENNESTRA

Solo alla Moira devi dar la colpa.

 

ORESTE

E' la Moira che vuole la tua morte.

 

CLITENNESTRA

Di mia maledizione non ti curi?

 

ORESTE

Partorito e alla miseria affidato.

 

CLITENNESTRA

In casa ospitale ti ho mandato.

 

ORESTE

Venduto fui, pur figlio di libero.

 

CLITENNESTRA

E dov'è il prezzo che avrei ricevuto?

 

ORESTE

Mi vergogno di questo rinfacciarti.

 

CLITENNESTRA

Or parla della follia di tuo padre.

 

ORESTE

A chi dunque le tue accuse rivolgi?

Tu in casa e lui in guerra a faticare.

 

CLITENNESTRA

Triste per noi aver lontan lo sposo.

 

ORESTE

La fatica dell'uomo è per la casa.

 

CLITENNESTRA

Hai deciso di uccidere tua madre?

 

ORESTE

Non io, ma te stessa ucciderai.

 

CLITENNESTRA

Non temi allor le cagne di tua madre.

 

ORESTE

Devo fuggire quelle di mio padre.

 

CLITENNESTRA

Mi sembra che, ancor viva, inutilmente

sulla mia tomba sparga i miei lamenti.

 

ORESTE

Il fato di mio padre ha stabilito

questa morte che sta per arrivare.

 

CLITENNESTRA

Dopo aver generato questa serpe,

per farla crescer l'ho anche nutrita

 

ORESTE

Profeta per il terrore del tuo sogno,

hai ucciso chi non dovevi, ed ora

patirai ciò che patire non dovevi.

(Oreste, seguito da Pilade, trascina la madre nella reggia)

 

CORIFEA

La duplice disgrazia di costoro

io piango. Giunto è il misero Oreste

al culmine di stragi, tuttavia

è lui che preferiamo perché l'occhio

della casa in rovina non finisca.

Per i Piramidi giunse Dike col

tempo: la giustizia che duramente

punisce, Venne due volte un leone

a d'Agamennone la casa, doppio

Ares. L'esule da Delfo, incitato

dall'oracolo e giusto consigliato

dal dio, ottenne quello che cercava.

Si levin alte le grida di gioia:

la vergogna è finita per la casa

del re, stroncato il consumo dei beni

perpetrato da due indegni assassini:

è finalmente mutata la sorte.

E' arrivato colui che ha disprezzato

di lottare nell'ombra; a lui la mano

dette in battaglia la figlia di Zeus

che noi Dike chiamiamo, e sui nemici

ella un'ira distruttrice soffiò.

Il Lossia, dal suo recesso in Parnaso,

senza inganno l'inganno andò a colpire;

anche se tardi, il volere divino

sempre vince, ed è giusto rispettare

questo potere e perseguir malvagi.

Ora finalmente la luce irrompe

nella casa che libertà ha raggiunto.

Sorgi dunque o dimora che da tempo

giacevi al suolo prostrata e avvilita.

Ma presto il tempo a lieta conclusione

potrà far giunger, entrando in casa,

spazzando la sozzura, e al focolare

contro vendetta avverran sacrifici.

Una sorte benevole ci aspetta,

per sempre venga smentito chi grida:

"Gli abitanti della casa cadranno."

Sì, adesso si può veder la luce!

(si apre la porta del palazzo e si vedono allineati i cadaveri di Egisto e di Clitennestra)

 

ORESTE

Eccoli i tiranni della mia terra

che mio padre hanno trucidato,

i saccheggiatori della mia casa.

Apparivano regali in trono

seduti, ed ora amanti soltanto

rimangono legati al loro patto.

Giurarono la morte all'infelice

mio padre e morte hanno insieme avuto.

Guardate adesso il peplo che avviluppò

come una catena, le mani e i piedi

di mio padre, distendetelo ora:

deve vederlo anche il sommo padre

che tutto guarda dall'alto, il sole.

Che le opere di mia madre impure

osservi, e mi sia da testimone

quando verrà il giorno del giudizio

e chiaro apparirà perché l'ho uccisa.

Per la fine d'Egisto c'è la legge

che condanna l'adultero a morire.

Ma colei che tramò contro il marito

quest'atto assurdo, dopo aver portato

nel suo grembo il peso dei suoi figli,

peso d'amore prima e poi di odio,

è di scelleratezza senza pari.

Se vipera o murena fosse nata,

per l'indole malvagia posseduta,

sol con un tocco avrebbe infettato.

E in che modo questo peplo chiamare?

Laccio per una fiera o copertura

per un cadavere? O trappola infine,

rete di ladro, adatta a chi la vita

da padrone vuol far, inganni e frodi

tramando? Che mai una donna siffatta

sarà la mia compagna nella casa:

io solo chiedo che, grazie agli dèi,

possa morire prima e senza figli.

 

CORO

Ahi, ahi, sciagurata azione di morte

fu compiuta, ma anche per chi resta

la sofferenza comincia a fiorire.

 

ORESTE

Uccise o non uccise? questo drappo

lo testimonia: la spada d'Egisto

lasciò tracce che hanno danneggiato

i colori della stoffa dipinta.

Solo ora lodo e piango mio padre;

su questo drappo che l'uccise provo

dolore e sofferenza per la stirpe;

e di questa vittoria non conservo

che della turpitudine il ricordo.

 

CORO

Nessun mortale finirà la vita

senza pagare un prezzo di dolore.

Le pene da patire son già qui

ed altre ne arriveranno domani.

 

ORESTE

Guardate bene: io non so in qual luogo

finirà questa corsa che ho intrapreso:

son come auriga che guida i cavalli

fuori strada, da un impeto travolto

dell'animo e terrore dal cuore

che mi spinge a cantare e a danzare

da folle per la vendetta compiuta.

Finché ancora ragiono a chi mi ama

voglio dire che, non senza giustizia,

mia madre, in odio degli dèi, uccisi,

che di mio padre era l'assassina.

Mi spinse Apollo, il profeta pizio:

"quest'azione" mi disse "sarà esente

da ogni colpa", e se avessi rinunciato

avrei avuto sciagure tanto estese

che nessuno raggiunse mai con l'arco.

Sono pronto col ramo e la corona,

per il tempio e per la casa di Apollo

dove la luce risplende per fuoco

che mai si spegne; volterò le spalle

al sangue di mia madre che ho versato.

A nessun altro focolare Apollo

mi ordinò di rivolgermi. Agli Argivi

tutti chiedo testimonianza, quando

Menelao qui giungerà. Io errante

esule, lontan dalla mia terra,

vivo o morto il mio ricordo lascerò.

 

CORO

Hai fatto bene. Non lasciarti uscire

di bocca frasi di dubbio e neanche

imprecazioni; la città di Argo

hai liberato da due orrendi draghi,

mozzando, come dovevi, le teste.

 

ORESTE

Ahi, ahi, quali schiave son queste?

Nere sono le tuniche che indossano

e come le Gorgoni, fra i capelli

hanno serpi e serpenti aggrovigliati.

Io qui ormai non posso più restare.

 

CORO

Da quali mai visioni sei travolto?

Tu, il più caro fra tutti a tuo padre.

Non temer che la vittoria hai raggiunto.

 

ORESTE

Non dai fantasmi sono io turbato,

ma dalle cagne di mia madre che

di vendicarsi su me han giurato.

 

CORO

Dal sangue fresco ancora sulle mani

lo sgomento ti scende dentro il cuore.

 

ORESTE

Divino Apollo, sempre di più sono

e hanno gli occhi iniettati di sangue.

 

CORO

Devi purificarti: con un tocco

il Lossia la tua angoscia guarirà.

 

ORESTE

Voi non potete vederle, ma io sì:

sono scacciato, non posso restare.

 

CORO

Buona fortuna ti auguro, e che un dio

benevolo vegli su te dall'alto

serbandoti per momenti opportuni.

(Oreste e Pilade escono)

E' la terza tempesta che furiosa

ancor s'abbatte sul palazzo del re.

Comincia con la sorte sventurata

dei figli di Tieste, poi la morte

del re, il comandante degli Achei

sgozzato dentro un bagno. Ora la terza:

è salvezza o rovina? Quando fine

avran queste vicende, e alfin placata

la collera di Ate cesserà?

 

 

 

 

 

FINE DELLA TRAGEDIA

 

 

 

 

 

 

 

 

EUMENIDI (Le Erinni)

 

 

 

 

 

 

 

 

LE PERSONE

 

 

Profetessa pitica

Apollo

Oreste

Fantasma di Clitennestra

Coro di Eumenidi

Atena

Fedeli in processione

(Ermes, i giudici, un banditore)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA SCENA

 

 

A Delfi, davanti al santuario di Apollo, poi ad Atene sull'Acropoli, davanti al tempio di Atena.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PROFETESSA

Prima di tutto, una preghiera a Gea,

antica veggente, poi viene Temi

che s'assise sul profetico seggio

della madre, Febe la terza, anch'essa

Titanide, a Temi successe

senza violenza, figlia della terra.

Da Febe, in donazione, il potere

a Febo passò; e dal lago di Delo

pietrosa, giunse il dio che sulle spiagge

di Pallade trovò la sua dimora.

finché non volle fermarsi al Parnaso.

Ad aprirgli il cammin son con lui

i figlioli di Efesto che la strada

pareggiano. Il dio appare alla folla

esaltata. Con essa c'è re Delfo

a capo di questa contrada. Zeus

gli fornisce profetico talento

promuovendolo così quarto vate.

L'Obliquo, il Lossia dunque ci rivela

la parola di Zeus che è suo padre.

Il mio preludio è andato a questi dèi

con lodi e con preghiere; c'è un ricordo

anche a Pallade Pronaia e alle ninfe

dell'antro Coricio, caro agli uccelli

come ad altre divine creature.

Ricordiamo anche Bromio che il paese

regge e le Baccanti capitanò,

e con rete mortale catturato

fu Penteo: caccia alla lepre sembrò.

Invocando le sorgenti del Plisto,

anche la maestà di Poseidone,

senza scordare Zeus, l'altissimo.

Ora posso da interprete salire

a questo seggio, e sia un felice passo,

più di quelli che finora ho compiuto.

Aspetto dagli dèi questa fortuna.

Alla gente che arriva dalla Grecia

io dico: entrate, la regola è questa

da rispettare con il vostro turno.

I vaticini miei son quelli che

il dio dentro di me ispirarmi volle.

(la profetessa scompare nel tempio,

 ma riappare subito dopo, sconvolta)

E' spaventoso! Terribili cose

da vedere e da dire; fui scacciata

dalla sala di Apollo: ora le gambe

mi tremano, non so appoggiar le mani,

le ginocchia si piegano, bambina

sono tornata. Entro dentro il cavo

segreto del tempio in mezzo alle offerte,

quando vicino alla pietra che segna

il cuore del mondo, un uomo prostrato

vedo come supplice, dalle mani

gocciola il sangue e stringe nel pugno

una spada, e d'olivo ha una fronda

di lana fasciata secondo l'uso.

Davanti a lui c'è un'orrida schiera

di donne addormentate sui sedili,

che dico, donne? erano megere

che presto riconobbi per Gorgoni,

figure che avevo viste dipinte

sottrarre a Fineo il suo mangiare.

Nera la loro pelle e disgustose,

dal fiato fetido,e gli ochi sudati,

acconciature empie per il sacro

e il profano. Di fronte a tal raduno

non si potea frenare angoscia e pianto.

Quel che deve accadere è nelle mani

dell'Obliquo che del tempio è sovrano.

Con la sua profezia egli risana,

scruta l'inaudito e a tutti giova.

(la profetessa si apparta. Sullo sfondo le Gorgoni assopite. Oreste è chinato e al suo fianco c'è Apollo. Ermes è nell'ombra)

 

APOLLO

(a Oreste)

Non ti tradirò, sta' certo: vicino

o lontano sarò sempre al tuo fianco;

con chi ti odia durezza manterrò.

Guarda queste creature rabbiose

vinte nel sonno, loro le vergini

decrepite e maledette. Nessuno

vuol sfiorarle con la mano, per sempre,

né dio, né umano, né bestia selvaggia.

Son nate per il male e il tenebroso

Tartaro è la lor dimora: nel fondo

dell'abisso, l'odio di mondo e numi

rappresentano. Fai dunque attenzione

a non crollare sotto spossatezza;

ti inseguiranno per tutte le terre,

dovunque per i tuoi passi randagi

ci sarà ua pista; di là dal mare

anche, dove l'onda batte alla costa.

Sappi resistere con le tue pene

finché raggiungerai la sacra terra

di Pallade dove supplice sarai

stringendo al petto il simulacro antico.

Là troveremo per te una giuria

insieme a una difesa convincente.

La tua angoscia avrà fine, stai sicuro:

io solo sono stato a persuaderti

che a te spettava uccidere tua madre.

 

ORESTE

O Apollo, tu sai bene ciò che è giusto

e ciò che non lo è, a te m'affido.

 

APOLLO

Ricorda che dentro di te è il nemico:

si chiama angoscia.

(rivolgendosi a Ermes)

Tu mi sei fratello,

Ermes, prendilo sotto protezione:

come dice il tuo nome, sii sua guida,

la santità degli esuli, protetta

è anche da Zeus, dovunque vada.

(Apollo, Oreste ed Ermes si avviano. Appare il fantasma di Clitennestra)

 

CLITENNESTRA

(alle Gorgoni)

Buon sonno a voi! A cosa mi servite?

Umiliata perfino fra i fantasmi,

grazie a voi, neanche sotto terra

si spegne il delitto che ho compiuto.

L'infamia non tramonta, il disonore

segue il mio errare randagio; proprio lì

son soggetta al processo più spietato.

Crudelmente colpita da colui

che di me stessa già faceva parte,

non ho trovato potenza divina

a farmi scudo; eran di mio figlio

sopra di me le mani assassine.

Guardate lo squarcio, è un'immagine che

stringe il cuore. Nel dormire la mente

s'infiamma di terse visioni, invece

di giorno quello che accade è celato.

PIù volte a voi ho offerto le bevande

senza vino, col miele che addolciva,

notturne cene sul braciere acceso

in devozione, mentre ora tutto

è calpestato e lui fugge lontano

come un cerbiatto che evita i lacci

con uno scatto, aggiungendo per voi

un colpo d'occhio carico di scherno.

Quello che per me conta ve l'ho detto,

fate presto a riprender conoscenza,

divinità dell'abisso, vi chiamo

dal vostro sogno, son io, Clitennestra.

 

CORO

(cupo mugolio)

 

CLITENNESTRA

Quanto vi pare mugolar potete.

 

CORO

(mugolio)

 

CLITENNESTRA

(a una Gorgone)

Dormi proprio e non compiangi il mio strazio:

Oreste è in fuga dopo avermi ucciso!

 

CORO

(gemito)

 

CLITENNESTRA

Tu gemi e dormi. Su in piedi, che aspetti!?

Che cosa fai se non procuri mali?

 

CORO

(gemiti)

 

CLITENNESTRA

Sonno e stanchezza alleati, lo slancio

di serpente rabbioso hanno fiaccato.

 

CORO

(mugolio acuto)

Prendilo... prendilo... ma stai attenta!

 

CLITENNESTRA

Nel sonno scovi la belva e un latrato

dà l'inizio della caccia mortale.

Hai deciso? Allora balza in piedi!

Non esiste fatica, solo il torto

che hai subito nel sonno. Non hai niente

da biasimar per ciò che hai compiuto?

Le disamine servono da sprone

per chi desidera operar bene.

Soffiagli contro il fuoco del respiro,

desseccalo con l'alito rovente.

(il fantasma di Clitennestra sprofonda)

 

CORO

(alla compagna accanto)

Sveglia! Sveglia la tua vicina come

io faccio con te. Ancora dormire

vuoi? La nostra azione è fallita?

(le Gorgoni si svegliano e invadono l'orchestra)

 

 

 

PARODO

 

Aha...aha... che disgrazia, sorelle!

Tormenti a profusione, a vuoto forse...

pene sofferte fuori dall'umano,

insopportabile male che schianta.

Fuor dalla rete è saltata la preda...

vinte dal sonno, la caccia perduta...

 

O figlio di Zeus, tu bene conosci

il furto, giovane sei, tuttavia

noi vecchie potenze hai scavalcato:

un senzadio proteggi che trafisse

colei che l'aveva generato.

Il matricida ci carpisti, o dio.

E' cosa giusta? Chi risponderà?

 

Dal sogno contro me venne l'accusa,

come sferzata d'auriga che impugna

la frusta con mano salda e al cuore,

nel mezzo delle costole colpisce.

Sembrava una staffilata in piazza,

quando il flagello con forza spietata

entra duro e gelato nella carne.

 

Questo fanno gli dèi dei tempi nuovi:

l'universo reggono trascurando

la giustizia, così che il loro trono

dall'alto in basso è macchiato di sangue.

Eccolo l'ombelico della terra:

una crosta di delitti l'avvolge.

 

Consapevole è il dio, ma lui stesso

fece la scelta di contaminare

il suo recesso. Egli ama Oreste,

ma le norme che gli dèi han voluto

disprezza, disperdendo in questo modo

privilegi dei tempi millenari.

 

Lo compiango, per lui non c'è salvezza,

nemmeno sotto terra assoluzione

potrà trovare. Il marchio della colpa

ha sulla faccia, è inutile fuggire:

c'è sempre un giustiziere ad aspettarlo.

(ricompare Apollo a minacciare il coro)

 

APOLLO

Via, è il mio ordine! Via da queste

mura, in fretta! Uscite dal cavo

sacro profetico, oppure il serpente

alato scoccato dall'aurea corda

dell'arco, vi colpirà come freccia;

vomiterete il sangue: fiotti e grumi

di croste da voi succhiati agli uccisi.

Non avete diritto di sfiorar queste

mura. Dovete andare laddove

stroncano teste ed occhi, taglian le

gole e distrutta è la fertilità

e il vigore dei giovani si annienta:

membra mozzate, mortali colpi di

pietra, schiene inchiodate al palo, gente

che mugola un dolore senza fine.

Là voi vivete felici, e per questo

fate ribrezzo. Tana di leone

che chiede sangue è la vostra dimora.

Non più qui intorno la vostra sconcezza:

nessun dio può apprezzare simil gregge.

 

CORO

Re Apollo, or tocca a te ascoltarmi:

non puoi spartir la colpa, perché solo

responsabile sei di quel che accade.

 

APOLLO

Spiegati meglio, allarga il discorso.

 

CORO

Detto non hai di assassinar la madre?

 

APOLLO

Dissi: vendica il padre. Cosa vuoi?

 

CORO

Prendesti impegno del sangue versato?

 

APOLLO

Dissi: fra queste mura c'è un riparo.

 

CORO

Offendi noi che l'accompagnammo?

APOLLO

E' assurdo che un corteo entri nel tempio.

 

CORO

Abbiamo fatto ciò che ci fu imposto.

 

APOLLO

Tua missione sarebbe? Puoi gloriarti.

 

CORO

Staniamo i matricidi dalle case.

 

APOLLO

Solo quello? E per chi lo sposo uccide?

 

CORO

Quello, di consanguinei non è sangue.

 

APOLLO

Disprezzi dunque i pegni di fede

che Zeus scambiò con Era per le nozze?

Per te Cipride non ha più valore,

ma se da lei nasce d'amore ogni

incanto per gli umani? Fra le donne

e gli uomini l'incontro è più forte

di ogni fatto, anche se giurato

a Dike. L'uccisione familiare

tu ammetti in pieno senza alcun castigo.

Se è così, lasciami dir che è ingiusto

il perseguire Oreste. In questo caso

vedo nel tuo operato un'ossessione,

mentre nell'altro sei blanda a colpire.

In ogni modo, per tale questione

sarà Pallade a formular giudizio.

 

CORO

Io baderò che quell'uomo non fugga.

 

APOLLO

Raddoppia pure ogni sforzo a tal fine.

 

CORO

Il mio prestigio non sarà spezzato

da una frase che tu puoi pronunciare.

 

APOLLO

Il tuo prestigio? Non è certo il mio.

 

CORO

Tu puoi tutto presso il seggio di Zeus,

ma io, spinta dal sangue di una madre,

la pista del fuggiasco fiuterò

per favorire la giusta sentenza.

 

APOLLO

Io invece lo tutelo e da devoto

lo salvo; sulla terra e fra i celesti

tremendo è il tradimento di chi implora,

anche se avviene per libera scelta.

(Apollo e il coro escono. L'azione si sposta sull'Acropoli di Atene. Irrompe Oreste che si getta, supplice, davanti al simulacro di Atena)

 

ORESTE

Sovrana Atena, Apollo mi ha ordinato

di venir qui. Sii benevola con me

dannato. Ormai non sono pù sporco

della colpa, né le mie mani impure

sono; la spada ha il filo logorato

per il gran girovagare condotto.

Mari e terre ho varcato per volere

del Lossia e della di lui profezia.

Eccomi ora al tuo simulacro abbracciato,

per la stima che sancire vorrai.

(irrompe il coro eccitato e rabbioso)

 

 

 

EPIPARODO

 

CORIFEA

Di qui è passato un uomo, ecco l'orma,

segui le tracce della muta spia.

Il sangue del cervo dalla ferita

gocciola, e noi come cagne fiutiamo

la pista. E' ansimante il petto nello

sforzo lungo e massacrante; il gregge

che migra. Dovunque noi siamo state,

l'oceano varcammo senza l'ali

ma con un balzo solo ad inseguire.

Nessuna vela sottovento vince

la nostra corsa. Zitte adesso: è qui!

C'è odor maschile di sangue intorno.

Il mio occhio scruta dappertutto

e certamente non potrà sfuggire

senza la giusta pena il matricida.

Lui un nuovo scudo si è procurato

prostrato ai piedi dell'eterna dea,

per l'assassinio il processo pretende.

Lui non capisce che il materno sangue

che ha versato, non potrà asciugare

giammai: viscido piatto che sparisce

alla vista, ma rimane vivanda

scarlatta che lui dovrà degustare.

In questo modo la macerazione

di te vivente sarà completata;

sotto terra ti trascino a soffrire

lo strazio per la madre che hai sgozzato.

Laggiù sarai in compagnia degli empi

che al dio fecero offesa, all'ospite anche,

e i delitti contro il padre e la madre.

Nell'abisso dell'Ade ove ciascuno

sconta il proprio delitto col castigo,

è la sede del ferreo inquisiore

che tutto sa e che tutto contempla.

 

ORESTE

Della miseria ho imparato alla scuola:

riti per purificare, tacere

oppur gridare quando è conveniente.

"Fatti sentire" mi disse un maestro.

Non ho più sangue sulla mano, tracce

dell'assassinio si sono appassite

e scrostate. Erano ancora fresche

quando un sacrificio a Febo le scacciò.

Non so da allora quanti frequentai

senza danno: tutto il tempo stagiona,

adesso che la mia lingua è pulita,

implorare posso di questa terra

la regina, Atena che mi protegga.

Su me potrà contare e sulla gente

di Argo come alleati sinceri.

Anche se deve dare protezione

alla gente di Libia, oppure in riva

del Tritone o di Flegra in pianura,

dagli spazi infiniti può venire

a liberarmi dalle cagne infami!

 

CORIFEA

Né Apollo, né Atena ti salveranno,

sprofondi e non ti tendono la mano.

Nostro pasto è il tuo sangue: creature

d'abisso siamo e per noi allevato

fosti, ai nostri riti consacrato.

Senza morir partecipar potrai

al convito che abbiamo preparato.

Questo canto sarà la tua catena.

 

 

 

PRIMO STASIMO

 

(le Erinni cantano e danzano mentre Oreste è sempre stretto al simulacro di Atena)

Su, cantiamo e balliamo questo inno

che viene dall'abisso tenebroso:

siamo noi che nel mondo degli umani

facciam distribuzione delle carte.

Agiamo da perfette giustiziere:

sol chi conserva le mani pulite

è al sicuro dalla nostra rabbia,

ma chi invece peccò come quest'uomo,

invano può nasconder le incrostate

mani: davanti a lui ci troverà

a riscuoter una paga di sangue.

 

O madre che mi hai donato la vita

per punire chi si trova alla luce

oppur nel buio, devi darmi ascolto:

Apollo mi ha umiliato e mi ha sottratto

la preda per placar sangue di madre.

 

Questa nostra canzone delirante

è un inno che ci sconvolge la mente,

un canto intonato dalle Erinni

che, in un magico cerchio stringe il cuore,

e di un uomo rimane la cenere.

 

Questa sorte per sempre ci assegnò

la dea fatale, la Moira potente:

inseguire e tormentare nel mondo

chi compia un assassinio di congiunto.

Una tortura senza sosta finché

non cali sotto terra, ed anche allora

la sofferenza non giunge alla fine.

 

Questa nostra canzone delirante

è un inno che ci sconvolge la mente,

un canto intonato dalle Erinni

che, in un magico cerchio stringe il cuore,

e di un uomo rimane la cenere.

 

Dalla nascita questa fu la parte

che a noi fu destinata, dai celesti

dobbiamo star lontane, che nessuno

siederà a mensa con me o indosserà

con me gli abiti del giorno di festa.

 

A distruggere mura dedicai

le mie forze, e quando uno di casa

un congiunto uccide, ci scateniamo

su lui furiose, e se c'è resistenza,

lo soffochiamo con il sangue fresco.

 

Noi tutti solleviam da tal pensiero;

il nostro impegno è una garanzia

ai celesti, cancellando il giudizio.

Zeus ammetter non vuole al suo cospetto

questa razza odiosa che gronda sangue.

 

I più insigni onori, quelli che vanno

verso le stelle, opaco polverio

diventano, quando i nostri mantelli

li colpiscono, nel ritmo affrettato

creato dai nostri passi di danza.

 

All'inizio c'è un altissimo balzo,

poi calo e il mio peso grava sul piede

che s'abbatte schiantando il fuggitivo

in piena corsa e causa il disastro.

 

Il fuggitivo è al suolo ora accecato

da demenza, perché sugli occhi cala

buio di colpa che non può evitare.

Intanto le nostre stridule voci

annuncian la tempesta sulla casa

e che per lui incomincia l'agonia.

 

Siam solo noi a conoscere le vie

per giungere alla fine, a ricordare

le colpe di ciascuno, e non ci placa

per nulla la preghiera dei mortali,

ma seguitiamo a seguirlo tenaci.

 

Una barriera di melma divide

i celesti da noi, senza aperture

che il sole possa aprire e utilizzare.

Il percorso è petroso e dirupato

per chi vede e per chi ha buio negli occhi.

 

C'è qualcun che nel mondo non s'inchina

impaurito nell'udir la legge

che Moira, la dea fatale decise

e dagli dèi ricevetti in missione?

Son millenni che dura il mio prestigio

e l'onor mio, anche se segregata

io vivo nell'abisso dove il sole

non può arrivare mai con un suo raggio.

(dal suo santuario appare Atena)

 

ATENA

Remoto un grido d'aiuto mi giunse

sullo Scamandro: ero ad occupare

terra che i comandanti degli Achei,

come parte del bottino di guerra,

assegnarono a me e ai discendenti

di Teseo. Venni rapida e senz'ali,

ma legati gli impetuosi corsieri

alle stanghe del carro. Qui un raduno

trovo di stranieri per il paese.

Non paura provo, ma lo stupore:

"Chi siete? Parlo a tutti i componenti

del gruppo e a colui che sta chinato

sul mio idolo. Voi non somigliate

a esseri viventi o a divini,

neppure avete l'aspetto di umani.

Insomma, con chi devo confrontarvi?"

 

CORIFEA

Ascolta, figlia di Zeus, noi siamo

le figlie della notte: Dannazione

siamo chiamate nel profondo abisso

nel quale abbiamo la nostra dimora.

 

ATENA

A questa stirpe dunque appartenete?

 

CORIFEA

Saprai anche della nostra missione.

 

ATENA

L'apprenderò se chiaro parlerete.

 

CORIFEA

Staniamo dalle case gli uccisori.

 

ATENA

E dove trova scampo l'omicida?

 

CORIFEA

Dove gioia è parola sconosciuta.

 

ATENA

Questo è il motivo d'inseguir quest'uomo?

 

CORIFEA

Fece ua scelta: assassinar la madre.

 

ATENA

Vi fu obbligato od agì per rancore?

 

CORIFEA

Un rancore che giunge al matricidio?

 

ATENA

Due parti in causa ma una voce sola.

 

CORIFEA

Costui non dà né accetta giuramento.

 

ATENA

Giusta vuoi esser o essere chiamata?

 

CORIFEA

E' un sofisma che non comprendo bene.

 

ATENA

Giurando non trionfa la ragione.

 

CORIFEA

Cerca tu di istruir retto giudizio.

 

ATENA

Arbitra mi lasciate del processo?

 

CORIFEA

C'inchiniamo devote: ne sei degna.

 

ATENA

Ospite a te la parola, se credi:

il tuo paese, la famiglia, i fatti

che qui ti hanno condotto. La difesa

vien dopo. Nella giustizia tu credi

se aggrappato alla mia statua stai.

Sei un supplice sacro come Issione?

Rispondi su ogni punto: fai capire.

 

ORESTE

Sovrana Atena, il dubbio contenuto

nelle tue ultime parole, voglio

eliminare: non l'espiazione

supplico, non ho colpa sulla mano.

Per l'omicida il silenzio è di norma,

finché un sacerdote non gli spruzzi

addosso il sangue purificatore

di una bestia lattante. Nel passato

ho già seguito questa norma, presso

focolari diversi con vittime

immolate e con acque correnti.

Io sono Argivo e conosci mio padre

Agamennone, capo delle navi

e degli Achei; con lo steso al tuo fianco

Ilio hai distrutto. A casa rientrando

ha trovato la morte. Fu mia madre

ad abbatterlo, adoperando inganno,

nella vasca da bagno. Al mio ritorno,

io uccisi lei, non posso negarlo.

Della vendetta ispiratore è stato

l'Obliquo che profetava tormenti

per me atroci, se non vendicato

questo delitto io avessi lasciato.

Sta a te il giudizio adesso formulare:

fui giuso, non lo fui? Accetterò

qualunque sia il responso che darai.

 

ATENA

Enorme è il problema. Qualcuno ritiene

superiore a facoltà di un umano

decidere, io nemmeno ho potere

su delitti, le vendette e i rancori.

Tu questo tempio non hai contagiato;

di queste donne la forza fatale

evitar non si può. Se la vittoria

non toccano, un tossico contagio

faran piombare sul nostro paese.

Accettare o scacciare? Soluzioni

per me gravose, infati la contesa

troppo avanti s'è spinta, eleggerò

giudici abituati a sentenziare

sui delitti di sangue, poi chiamando

del popolo i migliori a giudicare.

(scompare)

 

 

 

SECONDO STASIMO

 

CORO

Nuove leggi stanno per arrivare:

se il diritto di questo matricida

dovesse finalmente prevalere,

il delitto potrebbe dilagare:

Mani di figli già pronte a colpire

padri e madri, nel prossimo futuro

c'è da aspettarsi questa realtà.

 

Noi indemoniate non sarem presenti

quando si frugherà il cuore dell'uomo,

non schizzeremo rabbia sui delitti

che verranno compiuti: ammazzi pure

chi si sente di farlo; informazioni

si scambieranno su tali sciagure,

ma rimedi per trovare la pace

nessuno certamente troverà.

 

Nessuno mai di fronte alla sventura

gridi "Giustizia, trono delle Erinni!"

Sarà funebre il pianto a risuonare

di un padre o di una madre assassinati.

Invocazione vana che il palazzo

della Giustizia è oramai annientato.

 

Arriva l'ora giusta del terrore:

è bene che rimanga a vigilare

sul cuore. Un equilibrio da angoscia

venga pure perché soltanto allora

è possibile inchinarsi a Giustizia.

 

Senza freno la vita, o sottoposta

ad un altro: ambedue da condannare.

Una giusta misura è consigliata,

come dio vuole che, secondfo i casi,

libertà lascia o dà colpo di freno.

L'empietà è ragione di squilibrio,

invece una vita equilibrata

è motivo della sana esistenza

che dirama benessere nel mondo.

 

A tutti il mio consiglio voglio dare:

rispettate e adorate la Giustizia.

Se un giorno sei stato fortunato,

non è il caso di un'offesa recare

all'altare di Dike: la minaccia

di una sventura è sempre presente.

Ama il padre e la madre, e sempre sacro

sia l'arrivo di ospiti alla casa.

 

Colui che in vita sua non è obbligato

a coltivar Giustizia, e che la segue,

sarà libero da gravi sciagure.

Chi invece la Giustizia ha violato,

ammucchiando fortuna col delitto,

colpito dal tormento del rimorso

vedrà crollar la vela della nave

con lo schianto dell'albero maestro.

 

E dal fondo del vortice, implorante

lancia le grida che nessuno ascolta.

Gli dèi sorridon sullo sprovveduto

che, nella sua superbia presuntuosa,

non prevedeva certo la sciagura.

E il benessere dei giorni passati

cozza contro lo scoglio di Giustizia:

lo sventurato sparisce nel buio,

mentre non c'è nessuno che lo pianga.

 

 

 

TERZO EPISODIO

 

(ritorna Atena con i giurati e il popolo)

 

ATENA

Su, banditore, si comincia. Zitti!

Tutti a posto. Squilli forte la tromba.

I giudici son pronti: ora, silenzio!

La città tutta apprenda le mie leggi,

le conservi per sempre e facciam voti

che il processo abbia un'equa sentenza.

(appaiono Apollo ed Oreste)

Signore Apollo, esercita il potere.

Hai un interesse in questa vicenda?

 

APOLLO

Sono qui come teste per quest'uomo,

mio supplice che ho purificato

dal matricidio. Voglio stargli a fianco

perché del suo delitto è mia la colpa.

Ma tu procedi pur liberamente

e decidi secondo il tuo giudizio.

 

ATENA

Parlate pur, incomincia il processo.

Tocca prima all'accusa: esposizione

chiara dei fatti che sono accaduti.

 

CORIFEA

In tante siam, ma non farem discorsi.

(a Oreste)

Quando è il tuo turno, devi replicare

per ordine, Hai ucciso tua madre?

 

ORESTE

L'ho ucisa, sì, smentirlo io non posso.

 

CORIFEA

Primo colpo vincente: uno su tre!

 

ORESTE

Ma ancor non sono a terra: sii prudente.

 

CORIFEA

Racconta adesso come l'hai abbattuta.

 

ORESTE

Lama stretta in pugno e squarcio alla gola.

 

CORIFEA

Qualcuno ti ha convinto? Chi sarebbe?

 

ORESTE

Il dio che dà i responsi, lui m'ha spinto.

 

CORIFEA

All'assassinio della madre fu

allora il Veggente a indirizzarti?

 

ORESTE

Fin qui non posso maledir la sorte.

 

CORIFEA

Muterai tono davanti al verdetto.

 

ORESTE

Mi darà aiuto la tomba del padre.

 

CORIFEA

Credi ora nei morti, matricida?!

 

ORESTE

La macchia di due crimini portava.

 

CORIFEA

Che dici? Ai giudici devi spiegare.

 

ORESTE

Uccidendo lo sposo, il padre uccise.

 

CORIFEA

Tu vivi e lei ha pagato con la morte.

 

ORESTE

Perché viva non l'hai perseguitata?

 

 

CORIFEA

Non aveva il suo sangue l'uomo ucciso.

 

ORESTE

E io ho lo stesso sangue di mia madre?

 

CORIFEA

Mostro! Non sei cresciuto nel suo ventre?

Rinneghi il sangue che più ti appartiene?

 

ORESTE

Apollo, fai la tua testimonianza,

ero nel giusto quando la colpii?

Non nego la mia azione, ma era giusto,

secondo te, il sangue che ho versato?

Questa risposta ora devo dare.

 

APOLLO

(ai giudici)

A voi, rappresentanti della legge

che Atena ha posto, ecco la risposta:

è giusto. Profeta sono e menzogne

non dico. Mai pronunciai dal mio seggio

parola alcuna se non da Zeus dettata.

Considerate dunque questa forza

della giustizia ed il capo chinate:

nessun giuramento con Zeus compete.

 

CORIFEA

Secondo te, l'oracolo dettato

ad Oreste, da Zeus proveniva:

vendicare il padre, senza rispetto

delle ragioni che avea pur la madre?

 

APOLLO

Di un nobile la morte, di un eroe

che ricevuto avea da Zeus lo scettro,

ha un valore diverso, tanto più

se una donna l'uccise, non il dardo

d'Amazzone, ma come udrai fra poco

con Pallade a giudicar qui assisa.

Il marito tornava dalla guerra

con la vittoria, e lei sorridente

l'accolse. Poi, mentre usciva dal bagno,

l'avvolge in un drappo e lo trafigge

inchiodato nel groviglio di stoffa.

Questa l'ora fatale del condottier

di navi che da tutti era onorato.

Chi compito ha di giudicar, dovrebbe

sentirsi il petto riempirsi di sdegno.

 

CORIFEA

Da quel che dici, Zeus dà più valore

alla morte del padre, ma lui fu

a incatenare Crono: non c'è accordo

fra questi fatti. Come lo spiegate?

Testimoni siate di ciò che udite.

 

APOLLO

Sanguinarie siete, da tutti odiate,

anche dagli dèi. I ceppi sciolti

possono esser; se polvere asciuga

il sangue di un caduto, non esiste

risveglio mai. Non creò contro questi

incantesimi il padre mio, che regge

l'intero cosmo, dall'abisso al cielo

senza mostrar la fatica o l'affanno.

 

CORIFEA

E' il caso di difenderlo e salvarlo?

Ha sparso per terra sangue materno

simile al suo. Vivrà ancora in Argo

nella casa del padre; quali altari

avrà per il rito, e quali famiglie

gli porgeranno l'acqua che depura?

 

APOLLO

Senti se esatta è la mia risposta:

non è la madre a produrre il frutto

che figlio si chiama, solo lo nutre.

Generatore è chi il seme gettò,

lei come ospite all'ospite veglia.

E' possibile padre senza madre:

lo prova Atena che di Zeus è figlia.

Non crebbe in un ventre tale germoglio

che una dea far fiorire non potrebbe.

Per quanto posso, Atena, poderosa

la tua rocca farò. Quest'uom per ora

ti ho affidato, al riparo del santo

tuo fuoco, perché a te resti devoto.

Disponi in futuro di lui e dei suoi

come alleati, e che nel ceppo duri

per sempre l'amore per questo patto.

 

ATENA

Riflettano i giurati per il voto:

per decidere basta il dichiarato.

 

APOLLO

Stiamo attendendo il verdetto finale.

ATENA

Da parte vostra non c'è alcun reclamo?

 

CORIFEA

Tutto è stato detto, or rispettate

la fede data: è il momento del voto.

 

ATENA

Ateniesi, l'ordine promulgato

accettate, è un giudizio di sangue

da pronunciare. Per gli anni venturi

la gente Egea di questo tribunale

godrà. Su questo spiazzo dove il campo

delle Amazzoni era, quando in odio

a Teseo nuova acropoli alzarono,

ad Ares immolando, da cui nome

prese la rupe: Aeropago si chiama.

Un colle dove Rispetto e Paura

veglieranno sempre la notte e il giorno,

perché l'amor del cittadin non cali

verso la legge della nostra città

che limpida rimanga, e non avvenga

come a corrente cui sgorghi terrosi

possono danneggiare la purezza.

Né privi di una guida o ad un tiranno

assoggettati, tal non è lo stato

da preferir. Se probi rimarrete,

la maestà della legge uno scudo

sarà a difesa vostra e dello stato,

come nessuno al mondo può vantare

dalla terra di Pelope alla Scizia.

E' un tribunale senza corruzione

che ho fondato, ferreo nel so interno,

vedetta sempre all'erta di fuori,

vigila sulla quiete della città.

(ai giudici)

In piedi ora, e con il vostro voto

date il vostro parere sul processo,

onorando il giuramento compiuto.

Quel che dovevo dire ve l'ho detto.

 

CORIFEA

Il nostro gruppo può farvi del male,

o cittadini, dateci rispetto.

 

APOLLO

Ordino di accettare il responso,

Zeus l'ha dettato e si deve attuare.

 

CORIFEA

Non son per te le cause di sangue,

altrimenti non potrai profetare.

 

APOLLO

Peccò mio padre nel caso di Issione,

supplice dopo il primo omicidio?

 

CORIFEA

Sei tu a dirlo. Se non avrò fortuna

nel processo che qui venne avviato,

violentemente su questo paese

scatenerò la rabbia accumulata.

 

APOLLO

Sei finita. Tra i vecchi e i nuovi dèi

non conti nulla. Io certo prevarrò.

 

CORIFEA

Nella reggia di Fere convincesti

le Moire a render gli uomini immortali.

 

APOLLO

Non merita di ricevere grazia

un uom fedele in difficoltà?

 

CORIFEA

Hai rovesciato gli antichi costumi

ingannando col vino alcune dèe.

 

APOLLO

Se non ottieni il verdetto che speri,

su chi vomiterai il tuo veleno?

 

CORIFEA

Sono un'anziana che vien superata

da un dio giovane, io non abbandono

finché il giudizio non conosco chiaro.

Solo allora la rabbia scoppierà.

 

ATENA

A me spetta fissar la conclusione:

il mio vate va in sostegno di Oreste,

nessuna donna m'ha dato la vita

e verso l'uomo se ne va il mio affetto.

Solo del padre sono figlia, e fine

non mi curo di donna che lo sposo

uccide. Ha raggiunto la vittoria

Oreste con i voti equilibrati.

Svelti voi, estraete i suffragi!

 

ORESTE

O Apollo, quale mai sarà il verdetto?

 

CORIFEA

O madre notte, è pronto il giudizio.

 

ORESTE

Del precipizio io sono sull'orlo.

 

CORIFEA

O la rovina o conservar gli onori.

 

APOLLO

Sommate attentamente tutti i voti.

Nessuna frode durante lo spoglio:

anche un solo suffragio può servire

a dare gioia o a provocar rovina.

(lo scrutinio è finito e Atena legge il verdetto)

 

ATENA

Quest'uomo è assolto dal suo matricidio:

risulta pari il numero dei voti.

 

ORESTE

O Pallade, la salvezza tu sei!

Ero scacciato dal suolo dei padri,

ed ora mi hai ridato la mia casa.

In Grecia si dirà che, con l'aiuto

di Atena e dell'Obliquo, uno di Argo

rientra in posesso dei beni paterni,

col consenso del Giudice Supremo.

Zeus la paterna fine ricordando,

mi salva da chi difende mia madre.

Ora mi preme fare un giuramento:

nessuno mai nei secoli futuri

che del paese mio regga il governo,

la guerra contro Atene muoverà.

Io allora sarò morto, ma egualmente

dalla mia tomba insorgerò a punire

chi dovesse violare il giuramento:

difficoltà diverse e senza scampo,

ostacoli e presagi di sventura,

finché non sia posto fine all'attacco.

Ma se il patto terrà e onorata

sarà sempre di Pallade la rocca

con armata alleanza, assai benigno

con gli eredi sarò. A te e alla gente

della città rivolgo il mio saluto

con l'augurio di assalto vigoroso

contro il nemico e salvezza dei tuoi.

 

 

 

ESODO

 

CORO

Dèi del tempo che viene, secolari

norme ignorate, e nulla ora rimane

per noi, solo un nero nodo di rabbia

che sgocciola veleno sulla terra,

un'arsura che secca piante e foglie.

Giusta Vendetta aggredisce il paese,

apre dovunque lagune di morte.

Vorrei agire, ma non so ben come.

Ho deciso! Il dolore che ho subito

da poco tempo non mi fa aspettare.

Noi, le vergini sventurate siamo,

le figlie della notte ora dolenti

per quest'offesa che abbiamo patito.

 

ATENA

Basta dunque con questi piagnistei.

Non siete stanche? Un verdetto equilibrato

è uscito, non per darvi umiliazione,

ma perché il vero venisse esaltato.

Già c'eran tracce del pensar di Zeus

che nell'agir d'Oreste non trovava

alcuna pena. Voi su questo suolo

la vostra nera rabbia vomitate,

ma state attente a non architettare

strage di frutti, né a colpir spietate

i germogli. Io promessa vi faccio

che sede avrete nel paese e il cavo

che voi ben meritate. Assise in trono

presso gli altari le onoranze avrete.

 

CORO

Dèi del tempo che viene, secolari

norme ignoraste, e nulla ora rimane

per noi, solo un nero nodo di rabbia

che sgocciola veleno sulla terra,

un'arsura che secca piante e foglie.

Giusta vendetta aggredisce il paese

apre dovunque lagune di morte.

Vorrei agire, ma non so ben come.

Ho deciso! Il dolore che ho subito

da pocoi tempo non mi fa aspettare.

Noi, le vergini sventurate siamo,

le figlie della notte ora dolenti

per quest'offesa che abbiamo patito.

 

ATENA

La vostra autorità è salva, o dèe,

l'ira non rivolgete a questo suolo

che non resti passivo alla fatica

umana. In Zeus fiducia ripongo.

Io sola fra i celesti il luogo dove

tien chiusa la saetta, ben conosco.

Ma il fulmine non serve. Dalla bocca

maledizioni non scagliare alla

natura per arrestar il rigoglio

dei frutti. Smorza l'assalto pungente

del tuo livore. Il senso del rito

accogli, vicino ala mia dimora

la tua poni. Il fiore della terra

godrai con le offerte votive, e sempre

del mio consiglio mi ringrazierai.

 

CORO

In quale stato, io con l'esperienza

che vien dai secoli, su questo suolo

io vivo! Rantolo furia, collera

pura. Ah terra, ohimè che patimento

in fondo all'anima! Oh, notte, ascolta:

un inganno voluto dagli dèi

ha travolto secolare prestigio.

 

ATENA

Il tuo sfogo è anche il mio, appartiene

ad altri tempi. Tu sei più abile

e più saggia di me, ma del pensiero

anche a me Zeus l'armonia ha donato.

In paesi diversi sentirete

di più l'amore per la vostra terra;

sono convinta che, passando i giorni,

crescerà gloria per la mia città.

Ricorda che davanti all'Eretteo

otterrai dalla gente in processione

quello che mai avresti ricevuto

da forestieri. Mai su questa terra

spargere devi coti da affilare

lame cruente, atte per squarciare

giovani petti, né devi aizzare

risentimenti per lotte fraterne.

Con esterni nemici è consentita

la guerra per chi cerca la gloria,

non la contesa fra pennuti stretti

in un unico recinto da polli.

Bene da fare e bene da ospitare:

questa è l'alternativa che ti offro

sulla terra che il cielo predilige.

 

CORO

In quale stato, io con l'esperienza

che vien dai secoli, su questo suolo

io vivo! Rantolo furia, collera

pura. Ah terra, ohimè che patimento

in fondo all'anima! Oh notte, ascolta:

un inganno voluto dagli dèi

ha travolto secolare prestigio.

 

ATENA

Non mi annoio per consigliarti il bene,

mai potrai dir che una dea antica

dai confini sia stata allontanata

da una giovane dea e dalla sua gente.

Se di Persuasione hai il culto, ascolta:

se invece non resti e l'astio e la rabbia

fai straripare in questo paese,

procurerai sciagure alla mia gente.

Qui per sempre puoi prendere dimora:

è tuo diritto, avrai culto perenne.

 

CORIFEA

Quale sarebbe dunque la mia sede?

 

ATENA

Fuori da ogni noia: puoi acettarla.

 

CORIFEA

Accettata. Qual'è il mio privilegio?

 

ATENA

Senza di te non esiste fortuna.

 

CORIFEA

Mi lascerai aver tanto potere?

 

ATENA

A chi ti onora noi farem coraggio.

 

CORIFEA

Di ciò darai per sempre garanzia?

 

ATENA

Taccio su ciò che non posso ottenere.

 

CORIFEA

E' affascinante! Lascio la mia rabbia.

 

ATENA

Di certo attirerai nuovi fedeli.

 

CORIFEA

Quale augurio intonare a questa terra?

 

ATENA

Quello che fa da scorta alla vittoria.

Che il sol risplenda sopra le campagne

con carezza di vento. Un gran rigoglio

di zolle e mandrie per dare ricchezza

al paese nostro, la fioritura

di nuovi nati e la sarchiatura

che tu farai degli empi, perché il ceppo

dell'onestà mantenga il suo vigore.

Voglio Atene da tutti ricordata

pr i trionfi che saprà ottenere.

 

CORIFEA

Accanto a Pallade farò dimora,

nella città che Zeus e Ares voller

sorgesse in Grecia a difesa degli altri.

Un augurio su di essa sollevo

suscitato da amichevoli dèe:

da questo suolo ricca messe sbocci

di fortune sotto i raggi del sole.

 

ATENA

Per il bene eterno di questa città

ho così provveduto ad allearci

con creature potenti e spietate.

Loro compito è reggere gli umani

destini. Chi la loro rabbia ignora,

non conosce la forza dei colpi

che una vita posson devastare.

I delitti già commessi dai padri

trascinano i figli al loro cospetto.

Chi protesta sollevando la voce,

la lor rabbia l'abbatte senza scampo.

 

CORO

Moria di piante, soffiare nocivo

di vento, calura che asciuga nuovi

germogli, non sorpassi il confine

del paese, né mortale contagio

sui frutti della terra. Il dio Pan

allevi greggi fecondi di parto

doppio, sia ricco il raccolto al di sopra

e al di sotto del suolo. Ricchi doni

e sacrifici per tutti i celesti.

 

ATENA

Udite cittadini, e voi presidio

della nostra città: grande importanza

hanno le Erinni presso gli immortali

e gli dèi dell'abisso. Fra gli umani

tutto con giustizia è assegnato:

a qualcun felici canti di gioia

mntre a un altro tocca vita di pianto.

 

CORO

Morti precoci io tengo lontane.

Le potenti Moire alle fanciulle

preparano liete feste di nozze.

Moire sovrane, sorelle di sangue,

imparziale Giustizia amministrate,

gradite ospiti in tutte le case,

il vostro culto è ovunque venerato.

 

ATENA

Con grande gioia devo rilevare

l'impegno che le dèe hanno dedicato

al paese, e anche ringraziare

la dea di Persuasione che mi ha dato

aiuto sufficiente per le Erinni,

dalla feroce natura. Ed infine

Zeus trionfa sul Giusto e sul Buono,

nel vittorioso scontro per il Bene.

 

CORO

Io prego che giammai in queso paese

s'oda lo schianto di qualche contesa,

che alla polvere il sangue non s'aggiunga,

sangue nero di morte ad impregnare

le zolle della terra devastata.

Tenerezza d'affetti ed armonia

di sentimenti, due cuori in un solo:

ecco il rimedio che a tutti propongo.

 

ATENA

Non è questa la strada da seguire

per raggiungere il Bene? Sopra i volti

c'è la gioia del lavoro compiuto.

Ecco le dèe benigne. A loro lodi:

a voi non mancherà la protezione.

Popolo unito, un faro sarete

per tutto il mondo, voi rappresentanti

di uno stato ove regna Giustizia.

 

CORO

Godete pure i beni conquistati.

Salve, o cittadini che marciate

a fianco della dea di Zeus figlia.

E' una corrente d'amore la vostra.

Di Pallade godendo prtezione,

anche su Zeus potrete contare.

 

ATENA

Salve anche a voi. Venuta è dunque l'ora

che apra la strada retta, ad indicare

la vostra dimora a questa luce

del corteo. Mentre le vittime sono

sacrificate, scendete sotterra

a fare solida barriera al male.

Il bene portate all'alto splendore

di Atene, la nostra bella città.

Fate ala, cittadini, da Cranao

discendenti, alle ospiti nostre

onorarie, e che il bene operare

a luminose mete vi accompagni.

 

CORO

Godete, godete giorni felici,

per due volte l'augurio vi inviamo,

semplici cittadini con divine

potnze. Se la rocca di Pallade

vi è dato di abitare, il vostro culto

potete offrirlo a me che sono vostra

cittadina onoraria; a voi la vita

trascorrerà come un solo sorriso.

 

ATENA

Apprezzo la voce bene augurante.

Alla luce delle fiamme radiose,

vi guido alle sedi sotto terra.

Ci faranno ala le mie devote.

E' di loro spettanza. Marci avanti

il corteo nella terra di Teseo,

una sfilata di giovani e donne

di verde età insieme con le anziane.

(dal santuario di Atena avanza il corteo)

In onor delle dèe è questa vostra

veste scarlatta. Fiaccole levate!

Propizia sia per sempre la presenza

su questa terra di uomini importanti.

 

FEDELI IN PROCESSIONE

Seguite il cammino verso la sede

vostra, o superbe vergini, figlie

della madre Notte, con il corteo.

Cantate in festa, popolo di Atene!

Onori, offerte, vittime immolate

nelle caverne e negli antri verranno.

Cantate in festa, popolo di Atene!

Con chi vi ospita miti e benigne,

laggiù recatevi anche voi, dèe.

Pace e festa sul vostro cammino.

Tutte il mio canto gioioso intonate!

Pace in eterno, insieme alla fortuna,

faccio voti per la gente di Atene.

Porgano aiuto Zeus con le Moire.

Tutte il mio canto gioioso intonate!

 

 

 

 

 

FINE DELLA TRAGEDIA

 

 

 

 

 

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