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I CLASSICI DA RECITARE

 

 

Teatro greco tradotto in endecasillabi

 

 

 

 

 

SOFOCLE – EDIPO RE

 

 

- traduzione in endecasillabi -

 

 

 

 

 

[Traduzione tutelata dalla Società Italiana degli Autori e degli Editori (S.I.A.E.)]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il conservare a opere nate nella poesia, all’atto di volgerle nella nostra lingua, almeno una certa architettura lirica, mi è sembrato un esperimento da fare.

 

 

L’endecasillabo offre alla recitazione una serie di accenti e di cadenze della voce. Accenti e cadenze – è chiaro – che è bene dimenticare, ma che, proprio per questo, bisogna conoscere.

 

 

Non sempre, all’interno del verso, sono state rispettate le regole di accentuazione, così come a volte una sillaba in più o in meno rompe le leggi della metrica. Per queste licenze, usate di solito per non sciupare la scorrevolezza di un verso, chiedo umilmente scusa.


 

 

 

 

 

 

 

LE PERSONE

 

 

 

Edipo

Sacerdote di Zeus

Creonte

Coro di vecchi Tebani

Tiresia

Giocasta

Nunzio

Servo di Laio

Messo

 

 

 

 

 

 

 

LA SCENA

 

 

 

A Tebe, davanti al palazzo di Edipo


 

 

 

 

 

EDIPO

Figli di Cadmo, qui seduti siete

a me davanti come supplicanti

di rami incoronati; è profumata

di aromi la città,inni e lamenti

sono nell'aria. Non ho ritenuto

giusto ascoltare altri messaggeri

e di persona sono venuto: io,

quell'Edipo da tutti conosciuto.

Dimmi tu, vecchio, che mi sembri adatto

a parlare nel nome di costoro.

paura è stata, oppure un desiderio

vi ha spinto? Io aiutarvi vorrei

perché senza cuore vi apparirei

se di voi non mostrassi compassione.

SACERDOTE

O Edipo che sei re della mia terra,

tu vedi bene che alla nostra età

seduti ai piedi dei tuoi altari siamo,

alcuni non in grado di volare,

altri invece che da vecchiaia sono

gravati, sacerdoti sono, io

di Zeus e altri giovani scelti.

Il resto della folla incoronata

di supplici rami, sulle piazze

è seduta, alcuni presso i due

templi di Pallade, e altri sulla

profetica cenere dell'Ismeno.

Come anche tu hai visto, la città

già turbata da flussi di sangue,

non è più in grado di levare il capo

dai gorghi provocati da correnti

che si spengon nei frutti della terra,

decadono nelle mandrie di buoi

e negli sterili parti delle donne:

inoltre, il dio che la peste porta

si è scagliato e tormenta la città.

Per lui si svuotano case Tebane

e dall'oscuro Ade i lamenti

e gli altri gemiti si effondono.

Non certo io, né questi ragazzi

consideriamo te pari agli dèi

perché accanto al tuo focolare

siamo seduti. Di noi tutti solo

il primo fra gli umani ti crediamo,

un po' per le sventure della vita

e poi per le circostanze in cui gli dèi

ti hanno portato alla città di Cadmo

per liberarci infin dall'oppressione

della Sfinge orrenda e spaventosa.

Di te non eravamo noi informati

e certo di noi nulla tu sapevi.

Si dice che fu un dio a prestarti aiuto:

di certo tu la vita ci salvasti.

Edipo, potentissimo sovrano,

tutti noi supplici ti scongiuriamo

di trovare un rimedio a noi benigno,

sia pur che qualche dio ti abbia parlato

oppur tu l'abbia appreso da un mortale,

perché tanti forniti d'esperienza

utili informazioni posson dare.

Orsù, fra tutti gli uomini il migliore,

cambia la vita di questa città.

Tu che sei chiamato il salvatore

di questa terra per il precedente

zelo, alla tua fama conquistata

sii pari e a risollevar provvedi

questa città, poiché se a governarla

continuerai, governarla è meglio

se popolata da uomini e donne.

La città abbandonata è come nave

senza equipaggio e senza manovra.

EDIPO

O figli sventurati, a domandarmi

cose che ben conosco voi venuti

qui siete. Io so tutto della vostra

sofferenza, ma qui non c'è nessuno

che come me patisca. Il dolore

vostro colpisce soltanto voi soli,

il mio animo invece è addolorato

per la città, per me e per te in eguale

modo. Voi non m'avete risvegliato:

ho molto pianto e con mente vagato

fino a trovare un rimedio efficace.

Mandai infatti il di Meneceo

figlio, Creonte che mi è cognato,

alle Pitiche dimore per saper

quello che io potessi fare o dire

perché Tebe potesse essere salva.

Misurando il tempo che è già trascorso,

l'ansia mi prende. Che cosa è successo?

Il tempo del ritorno è superato.

Spregevole non vorrei apparire

trascurando del dio le indicazioni.

SACERDOTE

Hai parlato a proposito, che ora

mi dicon che Creonte s'avvicina.

EDIPO

Apollo sovrano, a giudicare dal

suo aspetto lieto, si direbbe

che speranza di salvezza è raggiunta.

SACERDOTE

Reca buone notizie certamente,

o il suo capo incoronato con bacche

di alloro, adeguato non sarà.

EDIPO

Presto lo sapremo: distanza è giusta

che ci separa per poter sentire.

(a Creonte)

Principe cognato, quale responso

devi trasmetter da parte del dio?

CREONTE

Buono l'esito. Infatti io dico che

anche i cattivi, se bene avviati,

con un successo possono finire.

EDIPO

Ma qual è l'oracolo? Perchè ora

le tue parole non mi hanno dato

molta speranza o senso di paura.

CREONTE

Vuoi ascoltare qui davanti a tutti,

o preferisci entrare nella reggia?

EDIPO

Parla pur davanti a tutti. Per loro

la mia sofferenza è inaudita.

CREONTE

Riferirò quello che disse il dio,

Apollo signore, dalla regione

ordina chiaramente di cacciare

l'impurità che qui è stata allevata.

EDIPO

Come purificarci e qual è questo

male?

CREONTE

Cacciare i colpevoli, oppure

morte con morte pagare. Sconvolge

fatalmente questo sangue la città.

EDIPO

Chi è l'uomo che a morte è destinato?

CREONTE

Prima che governassi questa terra,

o sire, il nostro re era lui.

EDIPO

Lo so anch'io perché così l'ho udito

ma in carne ed ossa non l'ho visto mai.

CREONTE

Il dio vuole puniti gli assassini

con la morte, di chiunque si tratti.

EDIPO

Ma dove è possibile trovarli?

Dove la traccia della colpa antica?

CREONTE

In questa terra, ha affermato il dio,

quel che si cerca trovare si può,

non certo tutto quel che si trascura.

EDIPO

Dove cadde Laio, nella sua casa,

nei campi o in terra che non conosciamo?

CREONTE

Come dissero, andava a consultare

l'oracolo, non più a casa è tornato.

EDIPO

Non un messo, né un compagno di viaggio

ci possono ora dare informazioni?

CREONTE

No, sono tutti morti. Solo uno

fuggito per paura, non in grado

di dire che una cosa soltanto.

EDIPO

E quale, per gli dèi?! Una sola cosa

potrebbe aprire grande conoscenza,

fornirci un principio di speranza.

CREONTE

Diceva che dei briganti uccisero

re Laio vittima di molte mani.

EDIPO

Non può raggiunger simile ardimento

un sol brigante che da qui pagato

non fosse stato per questo delitto.

CREONTE

Questo si disse, ma nella sventura

nessun vendicatore si levò

per il nostro re Laio assassinato.

EDIPO

Quale sciagura ostacolar poteva

la caduta del principe e del regno?

CREONTE

L'ambigua Sfinge tutti ci induceva

a trascurare le cose più oscure

per fissar l'attenzion sulle presenti.

EDIPO

Ma io m'impegno di mettere in luce

questi misteri ed infine svelarli.

Degnamente Febo e giustamente

tu, per il morto preoccupazione

mostraste, io come alleato sarò

per rendere giustizia a questa terra

e al dio, e non per favorire

parenti e amici, ma sol per me stesso

questa turpe infamia cancellerò.

Chi infatti ha ucciso Laio, quella mano

contro di me rivolgere potrebbe.

Giovo a me stesso vendicando lui.

Sollevatevi dunque dai gradini,

deponete questi supplici rami

e a raccolta chiamate i cittadini;

con l'aiuto di dio sarà il successo

o piomberemo, ahimè, nella rovina.

SACERDOTE

Possiamo alzarci perché qui venimmo

a chieder ciò che or ci vien promesso,

e Febo che ha inviato il responso

arrivi come nostro salvatore

in grado di stroncar l'epidemia.

(entra il coro composto da vecchi Tebani)

CORO

Dolce parola di Zeus da Delfi,

alla splendente Tebe ricca d'oro

hai portato. Sento battermi il cuore

che dall'ansia e dall'attesa è turbato.

O Apollo sovrano e guaritore,

quale sorte ci aspetta, un nuovo

tributo da pagare, o rinnovato

nel corso degli anni? Dimmelo, figlio

dell'aurea speranza che non muore.

Invoco te per prima che a Zeus

sei figlia, Atena, e tua sorella

Artemide immortal che la regione

nostra protegge e sul glorioso trono

dell'Agorà sei assisa, e Febo

che da lontano saetta: tutt'e tre

a me mostratevi e allontanate

il male, così come un'altra volta

avete fatto con una sciagura

che minacciava la città. Venite!

Soffro mali infiniti, il popolo

tutto è malato e non c'è difesa

dell'umana ragione che alleviare

possa questi tormenti. Non crescono

i frutti della terra, mentre i parti

ancora più strazianti si fanno

e,uno dopo l'altro, puoi vedere

gli uccelli più veloci saettare

nel cielo simili a lampi di fuoco

scagliati all'occidente del dio.

E' questo alto numero di morti

che fatalmente porta all'estinzione

della città: nuove generazioni

giacciono al suolo senza alcun compianto.

Madri e spose supplici agli altari

sostano imploranti e singhiozzanti,

echeggiano i Peana e lamentose

suppliche di preghiera a te rivolte

perché un rimedio alfine tu ci mandi.

E Ares il violento che è privo

di bronzeo scudo e vuol assalirmi,

alla sua patria volga le sue spalle

e al vastissimo letto di Anfitrite

si volga o verso approdo inospitale

della Tracia, e ciò che trascurato

è stato dalla notte, il giorno può

rimediare. Tu Zeus padre, reggi

la potenza di folgori infuocate

e distruggerlo facilmente puoi.

Apollo Liceo, io vorrei che i dardi

scoccati dalla corda del tuo arco

si proiettassero per mia difesa,

così come le fiaccole ardenti

di Artemide con le quali scala

i monti della Licia, ed invoco

Bacco rubicondo che il nome dà

a questa terra; al grido di "evoè"

è compagno di menadi; a noi

liberatore venga e con la torcia

incenerisca Ares molto odiato.

 

 

 

 

 

PRIMO EPISODIO

 

 

 

EDIPO

Tu lo chiedi e potresti ottenerlo

il sollievo dal male, se fiducia

concederai alle mie parole

e pronto sarai ad espellere

la cosa impura che ci soverchia.

Parlerò come un estraneo su ciò

che è stato detto, e come estraneo ancora

per l'accaduto. A seguir le tracce

da solo e senza indizi non potrei

durare, ma io sono diventato

cittadino Tebano, ai di Cadmo

discendenti faccio questo proclama:

chiunque di voi sappia per opera

di quale uomo è morto Laio,

figlio di Labdaco, pongo ordinanza

che costui segnali a me quel che sa.

Se teme per se stesso, sofferenze

non ci saranno, solo abbandonare

incolume la terra e con l'esilio

il debito potrà esser pagato.

E se qualcuno sa che l'assassino

è di un paese diverso, non taccia:

un compenso pagherò, aggiungendo

anche tutta la mia riconoscenza.

Se invece tacerete, spaventati

per la vostra persona od un amico,

e respingendo questa mia ordinanza,

è necessario ascoltare ciò

che in conseguenza io intendo fare:

qualunque sia persona in questa terra

nella quale io detengo il potere,

accoglier non dovrà e neppur parlargli,

alle suppliche non partecipare,

andare insieme ad offrir sacrifici,

porger acqua lustrale, ma scacciato

dev'essere da tutte le case,

come fonte di contaminazione.

Chiaro per il solenne responso

rivelatoci dal pitico dio.

All'uom che è morto e al dio sono alleato.

Auguro a chi commise il delitto,

da solo, oppur con altri in compagnia,

di condurre una vita sciagurata,

sempre nascosto agli occhi della gente.

Aggiungo inoltre una maledizione:

se col mio consenso venisse nella

mia casa, che mi tocchi di patire

i tormenti da me stesso imprecati.

Vi impongo di compier tutto questo

per me stesso, per il dio che protegge,

per questa terra così disastrata,

priva di frutti perché abbandonata

dal cielo. Anche se la ricerca del

colpevole non fosse comandata

dagli dei, sarebbe forse giusto

che lasciaste impunito il delitto?

Laio era certo un ottimo uomo

ed un re. Io d'indagare a fondo

mi sento, perché ho preso il potere

da lui lasciato e perché ho nel letto

la donna che a lui apparteneva.

Se di Laio la discendenza durata

fosse, or nuovi legami la prole

stretto fra noi sicuramente avrebbe.

anche per questo, dunque, in sua difesa

combatterò come fosse mio padre.

A tutti i mezzi io ricorrerò

per catturare chi ha versato il sangue

del figlio di Labdaco. discendente

da Polidoro, Cadmo e l'antico

Agenore. E per chi trasgredisce

prego gli dèi di rifiutare tutti

i frutti della terra, e dalle mogli

i figli, e che la sorte lor nemica

sia nella sciagura oggi e domani.

A voi Tebani che le mie parole

accettate, auguro che gli dèi

e la Giustizia Dike sian con voi

felicemente uniti per sempre.

CORIFEO

Mi hai catturato con l'imprecazione.

Parlerò, sire. Non l'uccisi e non so

chi sia l'assassino: spettava a Febo

autore del responso, rivelarlo.

EDIPO

E' giusto quel che dici, ma un mortale

può costringere un dio se non lo vuole?

CORIFEO

Vorrei dire una seconda cosa.

EDIPO

Non tralasciare neppure la terza.

CORIFEO

So che il veggente Tiresia può fare

come Apollo le giuste previsioni.

Interrogandolo potrem sapere

chiaramente quello che ci interessa.

EDIPO

Neppure questa pista ho tralasciato:

sfruttando il consiglio di Creonte,

per due volte ho inviato messaggeri

e mi sorprende che non sia venuto.

CORIFEO

Ci sono in giro vecchie dicerie

che si presentan troppo inconsistenti.

EDIPO

Quali sono? Io voglio esaminare

tutto quello che giovar ci potrebbe.

CORIFEO

Fu ucciso da viandanti, si disse.

EDIPO

Anch'io l'ho udito, ma un testimone

attendibile trovar non si poté.

CORIFEO

Ma se qualche timore gli è rimasto,

udendo le tue maledizioni,

ad accusarsi verrà di sicuro.

EDIPO

Chi non s'è spaventato per l'azione,

non temerà neppure le parole.

CORIFEO

C'è qui qualcun che lo smaschererà:

ecco che adesso vien condotto uno

che il futuro, unico fra gli umani,

ben conosce: è Tiresia l'indovino.

(entra Tiresia cieco, circondato dai servi e condotto per mano da un bambino)

EDIPO

Tu che ogni cosa non tralasci

di esaminar, quelle che sono aperte

e le segrete, le celesti e quelle

che se ne stanno ferme sulla terra.

I tuoi occhi non possono vedere

questa città dal morbo contagiata,

ma sai del male in cui essa convive,

te, protettore nostro e salvatore.

Come dai messi avrai già saputo,

Febo da noi consultato ha risposto

che il morbo non potremo debellare

se noi di Laio uccisi gli assassini

non avremo, oppur da qui cacciati.

I presagi che vengon dagli uccelli

non ci hai negato, ma se c'è un'arte

che riguarda la divinazione,

salva te stesso e la nostra città.

Salva anche me disperdendo del morto

l'impurità che da esso proviene.

Noi ci affidiamo tutti alle tue mani,

che la più degna di ogni fatica

è l'aiuto che si può offrire all'uomo.

TIRESIA

Ahimè, è terribile sapere

quando il sapere non giova a chi sa.

Io lo sapevo e l'ho dimenticato:

altrimenti qui non sarei venuto.

EDIPO

Perché, dimmi, sei così scoraggiato?

TIRESIA

Lascia, ti prego, che ritorni a casa,

per mio destino e tuo meglio sarà.

EDIPO

Non hai parlato giusto né da amico;

e a questa città che ti ha allevato

vuoi adesso negare il tuo responso?

TIRESIA

Neppur la tua parola al suo scopo

giunge, tu vuoi che anch'io un errore

simile mi tocchi adesso sopportar?

(fa l'atto di andarsene)

EDIPO

No, non te ne andare! Tu sai tutto

e noi come supplici ci prostriamo

davanti a te e forte supplichiamo.

TIRESIA

Nessun di voi conoscenza possiede...

ma io che so, giammai rivelerò

le mie disgrazie, o meglio, le tue.

EDIPO

Che dici mai, non parlerai sapendo?

Hai di tradir in animo davvero?

Vuoi distruggere infine la città?!

TIRESIA

Né a me, né a te voglio fare del male.

Perché continui con queste domande?

Nemmeno persuadermi potrai mai.

EDIPO

Dunque non parlerai? Tu, perfido

fra i perfidi, perfino a una pietra

la pazienza faresti abbandonare

Continuerai a mostrarti in questo modo

senza cercar nessuna soluzione?

TIRESIA

La mia ira rimproveri? e la tua

che cova dentro non riesci a sentire?

EDIPO

Chi non si sdegnerebbe ad ascoltare

quello che dici,vero disamore

per la città?

TIRESIA

Quel che deve venire

verrà da sé, anche se col silenzio

cercherò di coprirlo.

EDIPO

Che verrà?

Dimmelo finalmente, per gli dèi!

TIRESIA

Non una sola parola in più dirò:

ora scatenati pure se vuoi.

EDIPO

Nulla tralascerò di quello che

mi viene in testa in questo momento.

Ti sospetto di avere architettato

il delitto e di averlo eseguito,

anche se non c'è stata la tua mano,

ma se per caso tu avessi la vista,

non negherei neppur l'esecuzione.

TIRESIA

Davvero? Allora io ti impongo

di rispettar l'ordine proclamato:

non rivolgere più la parola

né a costoro, né a me,tu che sei l'empio

contaminatore di questa terra.

EDIPO

E' un'accusa spudorata quella

che m'hai gettato in faccia. Come

pensi di schivare il castigo meritato?

TIRESIA

Sfuggito già l'ho io con la potenza

di questa verità che io posseggo.

EDIPO

Chi te l'ha data? Non tua arte certo.

TIRESIA

Da te che a parlare m'hai costretto.

EDIPO

Per dire cosa? Fammelo capire.

TIRESIA

Non l'hai di già capito? A provocarmi

continui per farmi ancor parlare.

EDIPO

Non al punto di averlo imparato.

Ripeti ancora.

TIRESIA

Io dico che sei

l'uomo che cerchi di Laio uccisore.

EDIPO

Simile infamia non ripeterai.

TIRESIA

Che dire d'altro per esacerbare

la tua collera.

EDIPO

Quello che ti pare

puoi dire, tanto son parole al vento.

TIRESIA

Io dico che tu, senza cognizione,

convivi in modo turpe con i cari,

e non vedi lo stato di abiezione

che hai raggiunto.

EDIPO

E certo tu credi

di ripetere con gioia queste cose?

TIRESIA

Lo farò se verità ha vigore.

EDIPO

Ce l'ha,ma non in te che cieco sei

negli occhi, nelle orecchie e nella mente.

TIRESIA

Miserabile sei che certe accuse

a me rivolgi e non sai che fra poco

tutte contro di te si torceranno.

EDIPO

Brancoli in una notte senza fine,

né a me né ad altri potresti far male,

noi che la luce abbiamo di fronte.

TIRESIA

Non è destino, infatti, che tu cada

per mia mano, ma d'Apollo al quale

sta a cuore mantenere la giustizia.

EDIPO

Sono trovate tue o di Creonte?

TIRESIA

Non è Creonte a farti del male,

ma quel che ti procuri da te stesso.

EDIPO

Oh ricchezza e potere! Oh arte che

sempre prevale sull'esistenza!

Grazie a voi si cumula l'invidia

per il potere che la città stessa

mi donò come premio non richiesto.

Creonte, il fedele sempre amico

dal trono ambisce di scacciarmi,

e aiuto ha chiesto a questo stregone

esperto di menzogne e di inganni

con l'occhio esercitato nei guadagni,

cieco nella sua arte per natura.

Orsù, dimmi quando un vero indovino

alla gente tu ti sei dimostrato?

Quando qui c'era la cagna che Sfinge

chiamavate, non hai pronunciato

la parola che i tuoi concittadini

avrebbe certo infine salvato.

Compito che certamente non era

del primo qui venuto di svelare

l'enigma, ci volea soltanto che tu

conoscessi quell'arte profetica

che il volo degli uccelli o qualche dio

ti avesse puntualmente rivelato.

Io, Edipo, sopraggiunto ed ignaro

con la mia intelligenza tacere

feci la Sfinge. Colui che adesso

cerchi di scacciare, nella speranza

di poterti sedere accanto al trono

di Creonte. Credo che tu, gemendo,

con chi ordì la trama scaccerete

l'empietà, ma il prezzo da pagare

sarà alto. Io che l'ho patito,

se non sembrassi esser troppo vecchio,

potrei dartene un valido esempio.

CORIFEO

A noi sembra che le tue parole,

o Edipo, così come le sue,

dalla collera siano dettate.

Dell'ira noi non abbiamo bisogno,

ma del migliore modo di attuare

il responso che il dio dare ha voluto.

TIRESIA

Anche se tu sei un re, è mio diritto

risponderti così come a un mio pari.

Libero sono e non a te schiavo,

solo al Lossia mi sono affidato,

e certo fra i protetti di Creonte

non mi accade di esser registrato.

Hai biasimato la mia cecità,

tu ci vedi, ma lo stesso non scorgi

la sciagura nella qual sei caduto,

né dove abiti e neppure con chi.

Sai da chi discendi? Senza saperlo

negli inferi lor nemico sei stato

e sulla terra. La maledizione

di padre e madre ti tormenterà.

Tu ci vedi, ma a tenebra diretto

stai andando; il tuo grido non avrà

un approdo, né il Citerone eco

ti farà alla voce, e scoprirai

le infauste nozze della tua casa

a cui giungesti dopo fortunata

navigazione, vedendo i mali

prima ignoti e ora manifesti

che t'hanno reso eguale ai tuoi figli.

Accusa pur Creonte e la mia bocca:

presto saprai che fra tutti i mortali

nessuno come te venne schiantato.

EDIPO

E' possibile che debba ascoltare

queste infamie da parte di costui?

Esci di qui e vattene in malora!

In questa casa più non ritornare.

TIRESIA

Io da te non sarei certo venuto

se tu non m'avessi fatto cercare.

EDIPO

Se preveduto avessi le sciocchezze

che hai detto non ti avrei certo chiamato.

TIRESIA

Sarò sciocco per natura, ma saggio

apparirò ai tuoi genitori,

voglio dire, chi ti ha generato.

EDIPO

A chi alludi? Chi mi ha generato?

TIRESIA

Quando ciò che ignori conoscerai

rinascerai per essere distrutto.

EDIPO

Ancora un altro dei tuoi indovinelli?

TIRESIA

Sei tu l'esperto a trovar soluzioni!

EDIPO

Disprezzi ciò che trovi positivo.

TIRESIA

Dalla fortuna nasce tua rovina.

EDIPO

Non importa: questa città ho salvato.

TIRESIA

Me ne vado... accompagnami, fanciullo.

EDIPO

Portalo via. Son stufo di averlo

fra i piedi: la sua presenza è un peso.

TIRESIA

Me ne andrò, voglio prima precisare

quello per cui qui ero venuto:

non ho avuto paura del tuo viso

e non potrai nemmen farmi del male.

L'uomo che da tempo tu hai cercato

con minacce e proclami per trovare

l'uccisore di Laio, è qui costui,

straniero appare, ma verrà poi fuori

che all'origine Tebana appartiene.

Questa scoperta non lo rallegrerà:

cieco e veggente, ricco e mendicante,

tastando il terreno col bastone

a una terra straniera arriverà,

scoprendo che è fratello e padre

dei suoi figli, lo sposo e il figlio

della donna che lo ha generato,

e ha ucciso il padre compagno di letto.

Rifletti ora sulle mie parole,

se in esse troverai qualche menzogna,

di' pur che come vate non so nulla.

(esce col suo seguito. Edipo rientra nella reggia)

CORO

A chi accusa la profetica rupe

di Delfi per aver con omicide

mani i più efferati dei delitti

compiuti, per lui il tempo è arrivato

di muovere il suo piede più veloce

di imbizzarrite cavalle in fuga.

Contro di lui ben armato di fuoco

e di fulmini si scatena Febo,

il figlio di Zeus; come alleate

le inesorabili Chere seguono.

Squillò poco fa chiara, dal nevoso

Parnaso, la parola di comando:

"cercate ovunque l'ignoto assassino".

Il toro si aggira per la foresta

solitario, vaga per rocce ed antri

con piede sventurato per schivare

il responso dall'ombelico della

terra,ma l'oracolo sempre vivo

eternamente gli vola attorno.

Tremendamente, paurosamente

mi ha sconvolto il saggio profeta,

io non gli credo né lo contraddico.

Che dire? Io non so cosa sperare

per oggi e per domani, riflettendo

sulla lite dei Labdacidi contro

il figlio di Polibo: ieri od oggi

io non l'ho mai saputo di preciso.

Per questo oggi non posso toccare

la grande fama riscossa da Edipo

come vendicatore dei delitti

che fra i Labdacidi sono avvenuti.

La sapienza di Zeus e di Apollo

è conosciuta delle umane cose

tutto sanno, ma che per noi mortali

ci sia un profeta a me superiore,

accettarlo non lo potrei davvero.

La saggezza di uno può vincere

la saggezza di un altro. Io però

dalla parte non potrei mai restare

di chi accusa il mio re. Ricordo quando

l'alata sfinge contro lui s'avventò:

la sua saggezza fu messa alla prova

e risultò gradito alla città.

In nessun modo e per nessuna ragione

complice potrebb'esser di un delitto.

 

 

 

 

 

 

SECONDO EPISODIO

 

 

 

(entra Creonte)

CREONTE

Cittadini, mi hanno riferito

che re Edipo di recente lanciò

accuse orribili contro di me:

son qui a difendermi perché incapace

sono di accettare le falsità.

Se egli ritiene che nelle sventure

attuali, con fatti o con parole

a suo danno abbia agito, l'esistenza

mia non ha più valore alcuno,

perché da parte tua e degli amici

traditore sarò sempre chiamato.

CORIFEO

Credo che quest'insulto certamente

dalla collera fosse generato,

e non da frutto di ragionamento.

CREONTE

Ma non si disse che, su mio consiglio,

l'indovino avrebbe pronunciato

false risposte alle domande chieste?

CORIFEO

Sì, in effetti questo è stato detto,

ma dir non posso con quale intenzione.

CREONTE

Ma quest'accusa mi venia diretta

con occhi fermi e con la mente salda?

CORIFEO

Io non vedo quel che fanno i potenti.

Ma proprio lui sta uscendo dal palazzo.

(entra Edipo)

EDIPO

Ehi tu, come fin qui sei arrivato?

Alle mie case hai la faccia tosta

di farti vedere? Tu che certo sei

l'assassino che attenta al mio potere!

Parla, in nome degli dèi, in qual modo

di compier questo piano hai meditato?

Hai visto in me qualche vigliaccheria,

oppur una debolezza di mente?

Forse pensavi che le tue manovre

non m'avrebber suscitato attenzione,

oppur che tollerate io le avrei?

Non sai che senza il popolo o gli amici

giunger non è possibile al potere

che sol con masse e denaro si ottiene?

CREONTE

Sai che fare? Ascoltar le risposte

e decider dopo aver giudicato.

EDIPO

Parli bene ma non posso ascoltarti

da quando diventasti un mio nemico.

CREONTE

Ma prima ascolta quel che voglio dire.

EDIPO

Vuoi dirmi che non sei un traditore?

CREONTE

Pensi davvero che la tracotanza

senza ragionamento offra vantaggio?

EDIPO

Non credere di far male a un parente

senza subire il giusto castigo.

CREONTE

Son d'accordo ma devi dirmi prima

quale torto da me hai ricevuto.

EDIPO

Hai cercato di convincermi, oppur no

che dovevo chiamare l'indovino?

CREONTE

Sono ancora della stessa opinione.

EDIPO

Quanto tempo passò da quando Laio...

CREONTE

Che cos' ha fatto? proprio non capisco?

EDIPO

... venne a mancare per morte violenta?

CREONTE

C'è da andare molto indietro col tempo.

EDIPO

Fin d'allora il profeta esercitava?

CREONTE

Come oggi e da tutti rispettato.

EDIPO

Disse di me qualcosa a quel tempo?

CREONTE

No, mai, almeno in mia presenza.

EDIPO

Non furon fatte indagini sul morto?

CREONTE

Certo, senza però scoprir qualcosa.

EDIPO

Per quale ragione questo esperto

allora non diceva certe cose?

CREONTE

Non so che dir, e quando ignoro. taccio.

EDIPO

Questo lo sai e parlarne potresti.

CREONTE

Questo quale? Ne parlerei sapendo.

EDIPO

Se insieme a te non si fosse alleato,

contro di me l'accusa non avrebbe

inventato per la morte di Laio.

CREONTE

Se questo dici, tu sei al corrente

di fatti che ignoro, sui quali

vorrei interrogarti, come tu con me

liberamente hai fatto finora.

EDIPO

Interrogami pure, in flagrante

non sarò colto come un assassino.

CREONTE

Tu, dunque, la mia sorella hai sposato?

EDIPO

A tal domanda dire no non posso.

CREONTE

Sei al governo del nostro territorio

condividendo il potere con lei?

EDIPO

Da me ottiene tutto ciò che vuole.

CREONTE

E io a voi due non sono eguale?

EDIPO

Per questo un cattivo amico appari.

CREONTE

Proprio no: segui il mio ragionamento.

E' possibile, se il potere è eguale,

si preferisca la vita agitata

ad un riposo esente da timore?

In codesta alternativa ad esser re

rinuncio comportandomi da saggio.

Tutto ho da te senza preoccuparmi,

ma se re fossi, molto dovrei fare,

anche senza volerlo. Per regnare

rinunciare dovrei al privilegio

di cui posso godere senza affanni.

Ora di ciascuno io sono amico,

tutti mi salutano e un appoggio

mi richiedono per arrivare a te

a presentarti le loro richieste.

Di tutto questo a meno dovrei fare

per la dubbia conquista di qualcosa

che non ho, e mai ho desiderato?

Chi ragiona non può essere stolto:

io non ho questa opinione, né sarò

complice di chi prepara attentati.

Vuoi di questo una prova? Vai a Delfi

e saprai se quel che ho riferito

era o no il contenuto del responso.

Se poi trovi che qualcosa ho tramato

con l'indovino, con la morte è giusto

tu mi punisca, non per un sol voto,

ma con il tuo e il mio insieme.

Non accusarmi solo per sospetto

assai difficile da dimostrare;

non è facile sempre giudicare

buoni i malvagi e malvagi i buoni.

Liberarsi di un amico fedele

è come liberarsi della propria

vita, il bene fra tutti prezioso.

Solo col tempo questo imparerai

perché il tempo rivela l'uomo giusto,

mentre un sol giorno occorre pel malvagio.

CORIFEO

O mio sovrano, bene ha parlato;

chi non vuole cadere è bene che

non sia precipitoso a giudicare.

EDIPO

Ma se avanza chi trama di nascosto

bisogna prontamente reagire,

o c'è rischio di veder trionfare

i suoi piani e di far fallire i miei.

CREONTE

Desideri cacciarmi dalla terra?

EDIPO

Devi morir, non scegliere l'esilio.

CREONTE

Devi prima spiegarmi le ragioni

di quest'odio.

EDIPO

Il tuo atteggiamento

è di colui che arrendersi non vuole,

e che nemmeno accetta di obbedire.

CREONTE

Vedo difatti che tu non ragioni.

EDIPO

Lo faccio solo per il mio interesse.

CREONTE

Anche del mio dovresti un po' pensare.

EDIPO

Sei un essere abietto e scellerato.

CREONTE

Ma se tu nulla avessi compreso?

EDIPO

In modo eguale dovresti obbedire.

CREONTE

No di certo se non sai governare.

EDIPO

Città, o città!...

CREONTE

... è anche mia.

Soltanto a te essa non appartiene.

CORIFEO

Basta, miei prìncipi! C'è Giocasta che

lascia il palazzo. Forse col suo aiuto

la discussione potrebbe appianare.

(entra Giocasta)

GIOCASTA

Perché l'alterco avete sollevato,

sciagurati? Non avete vergogna

a suscitar rancori personali

mentre sulla città il morbo infuria?

Rientrate presto nelle vostre case:

lieve dissidio da non trasformare

in qualcosa che appare più grande.

CREONTE

O sorella, il tuo sposo una scelta

mi ha presentato: accettar l'esilio

da questa terra, oppur condanna a morte.

EDIPO

E' vero, donna. L'ho sorpreso quando

aveva in mente di farmi del male.

CREONTE

Che non conosca gioia e maledetto

possa morire, se ho perpetrato

quello che lui mi accusa d'aver fatto.

GIOCASTA

In nome degli dèi, la tua fede

concedi, e tu Edipo il giuramento

rispetta con me e coloro che son qui.

CORO

Ti prego, cedi, molla mio sovrano.

EDIPO

Cosa vuoi, dunque, che io ti conceda?

CORO

Rispetta quello che prima era sciocco

ed ora è grande per il giuramento.

EDIPO

Lo sai per caso quello che mi chiedi?

CREONTE

Lo so.

EDIPO

Dimmelo, dunque.

CREONTE

Che l'amico

che era stato impegnato al giuramento

accusato non sarà per sospetto.

EDIPO

Con queste cose, per me vai cercando,

lo so, è la mia morte o l'esilio.

CORO

No per il dio che primo è fra gli altri,

Helios, il sole, se questo io voglio:

una morte più oscura, abbandonato

dagli amici e persino dagli dèi.

Soffro per questa terra che a morire

si prepara: l'anima mia si spegne

se agli antichi mali si aggiungeranno

i nuovi, provenienti da voi due.

EDIPO

Vattene via, anche se a me tocca

inevitabil morte, o dalla terra

nostra l'esilio con gran disonore.

Io provo adesso alta compassione

per la tua bocca che pronuncia accenti

dolorosi, non certo per la sua:

dovunque vada l'odio l'accompagna.

CREONTE

Il rancor ti sconvolge, l'astio rode:

quando l'ira il tetto avrà raggiunto,

cesseranno le fitte dolorose

che finora hai dovuto sopportare.

EDIPO

Quando ti tirerai fuori dai piedi?

CREONTE

Me ne vado fortemente deluso

per la riconoscenza che è mancata.

(esce)

CORO

Perché ritardi a casa ricondurlo?

GIOCASTA

Voglio sapere prima l'accaduto.

CORO

Parole ambigue, sospetti oscuri,

arbitrio e infondatezza di parole.

GIOCASTA

Da tutt'e due le parti s'è creato?

CORIFEO

Così è stato.

GIOCASTA

E si disser che cosa?

CORO

Basta! La città vive in sofferenza,

rimanga dove si trova, la lite.

EDIPO

A che punto sei giunto, tu, prudente,

cercando di smorzare la mia ira!

CORO

L'ho detto e ripetuto molte volte,

giudicato sarei fuori di senno

se la nostra alleanza abbandonassi.

Tu che la nostra terra molto amata,

in preda di sciagure e di travagli,

riportasti a un'ordinata vita,

vivi felice e continua a guidarla.

GIOCASTA

In nome degli dèi, sire, racconta

quale cosa o qual fatto ha messo in moto

la collera che ti ha trasportato.

EDIPO

Il diverbio di poco fa l'inizio

ha avuto da Creonte che, contro

di me un complotto organizzò.

GIOCASTA

Parla chiaramente sulla contesa.

EDIPO

D'esser di Laio l'uccisor m'accusa.

GIOCASTA

L'ha scoperto da solo o da altri?

EDIPO

Avanti l'indovino egli ha mandato:

per sé stesso compromission non vuole.

GIOCASTA

Or che da quest'accusa liberato

ti sei, ascolta: non esiste al mondo

chi l'arte di profetare possiede.

La prova? un oracolo arrivò

a Laio, inviato non da Febo,

ma dai suoi ministri. Il suo destino

sarebbe stato quello di morire

per mano del figlio che da noi due

fosse nato. E come veramente

morì è risaputo: dei briganti

l'uccisero a un incrocio di strade.

Tre giorni dopo che da me era nato

u figlio, suo padre abbandonare

lo fece, con le caviglie legate,

su un monte inaccessibile. Apollo

non volle che il figlio l'uccisore

fosse di Laio suo genitore.

Questi erano i tremendi responsi

degli oracoli che preoccupazioni

non devono recarti, perché il dio

quel che vuole da solo può mostrare.

EDIPO

Nell'animo quello che mi hai detto

ha suscitato grande agitazione.

GIOCASTA

Da quale affanno tu fosti turbato?

EDIPO

M'è parso di udir da te che Laio

a un incrocio di strade fu ucciso?

GIOCASTA

E' una voce che nessuno ha smentito.

EDIPO

E dove avvenne questa disgrazia?

GIOCASTA

Focide si chiama quella regione,

laggiù c'è una strada che si biforca

e a Delfi l'una e a Daulia l'altra vanno.

EDIPO

Quanto tempo è passato da quel giorno?

GIOCASTA

Avvenne poco prima del tuo arrivo,

quando sovrano fosti nominato.

EDIPO

O Zeus, che cosa tu di me vuoi fare?!

GIOCASTA

Che cosa c'è a opprimerti l'animo?

EDIPO

Non mi interrogare per il momento.

Quale aspetto aveva Laio e quale età?

GIOCASTA

Alto e con il. capo incanutito

da poco,un aspetto non distante

dal tuo.

EDIPO

Misero me! Poco fa,

senza saperlo, ho gettato contro

di me la più orrenda maledizione.

GIOCASTA

Cosa dici? Ho paura a guardarti.

EDIPO

L'angoscia mi strazia, però l'indovino

forse aveva detto il vero. Capirò

meglio se tu a una nuova domanda

risponderai.

GIOCASTA

D'ogni cosa che so

darò risposta alla tua domanda.

EDIPO

Viaggiava con poca scorta, o aveva

con sé una schiera di uomini armati

così come s'addice a un potente?

GIOCASTA

Erano cinque in tutto con l'araldo

sul carro stesso dove stava Laio.

EDIPO

Ohimè, sono purtroppo chiari questi

indizi. Chi poi venne a riferire

il fatto?

GIOCASTA

L'unico servo rimasto.

EDIPO

E' ancora presente in questa casa?

GIOCASTA

No. Di laggiù tornato, appena vide

te sul trono di Laio, la mia mano

toccò e mi supplicò di mandarlo

al lavoro nei campi e delle greggi

al pascolo, dalla città lontano.

Io la supplica accolsi ritenendo

che la grazia avesse meritato.

EDIPO

Potrebbe tornar qui in breve tempo?

GIOCASTA

E' possibile. Perché ne hai bisogno?

EDIPO

Su quello che desidero io temo

di aver parlato e detto troppe cose.

GIOCASTA

Verrà di certo, ma ho anch'io il diritto

di conoscer quel che dentro ti opprime.

EDIPO

Io di certo non te lo negherò,

essendo arrivato a questo punto;

a chi meglio di te potrei voltarmi

in questa occasione? Polibo è

mio padre di Corinto e la madre

Merope della Doride. Laggiù

uomo importante ero considerato,

finché un fatto curioso capitò:

fu durante un banchetto che, ubriaco,

un individuo "bastardo" mi chiamò.

Trattenutomi a stento dal reagire,

a interrogare andai i genitori

che, sdegnati per l'offesa, dettero

a me affettuose rassicurazioni.

Fui soddisfatto, ma quella parola

non potevo scacciare dalla mente,

per cui in segreto a Delfi mi recai

dove Febo il mio quesito sciogliere

non volle, predicendomi un futuro

di sventure tremende e inaudite:

mio padre avrei ucciso e mi sarei

unito carnalmente con mia madre,

generando una stirpe inaccettata

agli umani. Questo responso udito,

decisi che la terra di Corinto

lasciar dovevo per il vaticinio

orrendo sul mio capo sospeso.

Allora come esule me ne andavo

vagando, quando giunsi nel luogo

dove dici che di re Laio avvenne

la morte. Ed ecco, donna, la verità:

arrivato a quel trivio, all'incontro

vennero un araldo e, su'n carro

tirato da puledri c'era l'uomo

da te descritto. Per poter passare

il guidator del carro, fuori strada

mi spinge, io l'auriga ho colpito,

ma dal carro il vecchio col pungolo

mi raggiunge, io con il mio bastone

reagisco e uccido anche gli altri.

Ma se fra Laio e me c'è un legame,

dove cercare un uomo più infelice

di me? Nessun concittadino potrà

accogliermi in sua casa,né parlarmi,

bensì scacciarmi senza pietà alcuna.

E sono io che tal maledizione

contro di me com'ordine ho lanciato,

io che contamino il letto dell'uomo

da me ucciso. Un infame sono

e un impuro; in esilio devo

andare, dalla mia patria lontano

per non unirmi in nozze con la madre,

né uccidere Polibo, il genitore

che mi die' vita,nutrito e allevato.

E' opera questa di un dio crudele?

No di certo, no! o alta maestà

degli dèi, che io mai possa vedere

quel giorno e dal mondo scomparire

prima che tal'infezione si compia.

CORIFEO

Quello che hai detto, sire, ci sconcerta

e addolora, ma finché questo fatto

non lo conferma chi era presente,

puoi ancora affidarti alla speranza.

EDIPO

Per questo io sto aspettando il pastore.

GIOCASTA

E, venuto, cosa speri da lui?

EDIPO

Se conferma quello che tu hai detto,

avrò certo evitato la sciagura.

GIOCASTA

Avean tale valor quelle parole?

EDIPO

Riferisti quello che avea detto,

che dei briganti avevano ucciso.

Se questa sua version ripeterà,

io non c'entro che solo mi trovavo.

Se accennerà a un unico viandante

su me purtroppo piomberà il sospetto.

GIOCASTA

Il racconto precedente a tutti

era apparso veritiero, la città

intera l'aveva accettato, non io

sola: possibilità non esiste

che voglia ritrattare, in ogni modo,

se anche il suo racconto deviasse

nei dettagli dal suo precedente,

sarebbe poi impossibile affermare

come esatta la vecchia profezia

del Lossia, che della morte di Laio

accusava il mio figlio infelice

perito prima dello steso padre.

Ecco perché per le divinazioni

io non so se guardar di qui o di là.

EDIPO

Hai ragione, ma non dimenticare

che bisogna portare qui il pastore.

GIOCASTA

Verrà immediatamente, non temere,

ora possiam rientrare nel palazzo:

io farò solo quello che ti aggrada.

(rientrano nella reggia)

CORO

Volesse il Ciel potessi conservare

la purezza di atti e di parole

che sono nelle leggi generate

nell'alto dei Cieli. Di lor l'Olimpo

è padre, non la natura mortale

degli umani, mai l'oblio le spegnerà:

un dio che non invecchia vive in loro.

La prepotenza è madre dei tiranni

che, quando d'arroganza son saziati,

senza curarsi del giusto e del buono,

dalla vetta a precipizio cadon

e non trovano l'appoggio del piede.

Io prego dio di non far mai cessare

l'emulazione che serve alla città,

e che per me rimanga il protettore.

Pel superbo che con parole e mani

di Dike non tien conto, né di dèi

simulacri venerare si cura,

uno sciagurato destino attende

per superbia eccessiva, per l'ingiusto

guadagno e il non tenersi lontano

dall'empietà, oppure se imprudente

le mani metterà dov'è vietato.

Chi vantarsi potrà di deviare

dalla sua vita i dardi dell'ira?

Se queste azioni vengono onorate

perché i cori dovrei celebrare?

Mai più nell'ombelico della terra

mi fermerò a pregare, né ad Abe

né a Olimpia, se a tutti i mortali

queste cose non verranno mostrate.

Ma, o Zeus, che giustamente chiamato

sei signore del mondo, a te non sfuggon.

Si perdono, infatti, le profezie

antiche di Laio, cessan gli onori

a Febo. Muore il culto degli dèi.

 

 

 

 

 

TERZO EPISODIO

 

 

 

(Giocasta esce dal palazzo con alcune ancelle)

GIOCASTA

Signori del luogo, questa corona

ho portato con me per onorare

gli dèi. In precarie condizioni

si trova Edipo che dai suoi lamenti

è trascinato senza tregua alcuna.

Non è più in grado, da uomo assennato,

di interpretare i fatti accaduti

su base di esperienze passate,

ma dà fiducia al primo arrivato

che prospetta vicende paurose.

Poiché inutilmente l'ho esortato

a ragionare, Apollo Liceo

a me sempre vicino, quest'offerta

reco affinché giusta espiazione

ci venga data, onde evitar l'angoscia

di vederlo sgomento e sbigottito

quale nocchier d'una nave in tempesta.

(entra il messaggero)

NUNZIO

Dov'è il palazzo di re Edipo,

stranieri? E se lo sapete, dite

dove posso trovarlo, per piacere.

CORIFEO

Questa è la sua casa e lui è dentro.

Qui c'è anche la madre dei suoi figli.

NUNZIO

E' la sua sposa onorata, dunque.

Le auguro di essere felice.

GIOCASTA

Felicità pure per te, straniero,

per la tua cortesia. Di che cosa

hai bisogno? Devi recar messaggio?

NUNZIO

Nuove liete per la casa e anche

per il tuo sposo ho da dire, donna.

GIOCASTA

Quali nuove e da che parte giunte?

NUNZIO

Da Corinto. Tu di tali parole

potrai certamente rallegrarti,

e nello stesso tempo rattristarti.

GIOCASTA

Com'è possibile la doppia azione?

NUNZIO

Gli abitanti di Corinto, si dice,

lo vogliono laggiù come sovrano.

GIOCASTA

Non ha più il trono il vecchio Polibo?

NUNZIO

Non da quando la morte l'ha raggiunto.

GIOCASTA

Che hai tu detto, che Polibo è morto?

NUNZIO

Possa morire io se non è vero.

GIOCASTA

Ancella, corri presto ad avvertire

il padrone. Oracoli divini,

dove siete finiti? Da ramingo

Edipo percorrea terre straniere

nel timore di uccidere quest'uomo,

oggi morto per colpa della sorte

e non per opera della sua mano.

(Edipo esce dal palazzo)

EDIPO

Perché, mia amata, mi hai fatto chiamare?

GIOCASTA

Ascolta quest'uomo per sapere

il valor degli oracoli divini.

EDIPO

Chi è costui e che cosa vuol dirmi?

GIOCASTA

Viene da Corinto per annunciare

la scomparsa di tuo padre Polibo.

EDIPO

Sii tu stesso a parlare, straniero.

NUNZIO

Se proprio vuoi che io debba annunciare,

ebbene sappi che Polibo è morto.

EDIPO

Una congiura è stata, o malattia?

NUNZIO

Basta un nonnulla per stroncare un vecchio.

EDIPO

Come sembra, però per malattia.

NUNZIO

Gli anni su lui han lavorato a lungo.

EDIPO

Perché, moglie mia, l'altar di Pito

dovremmo guardare o uccelli in cielo

secondo i quali dovuto io avrei

uccidere mio padre? Egli giace

sotto terra mentre io sono qui,

senza lancia né spada aver toccato.

Sol se accaduto fosse per rimpianto

di me, io responsabile sarei.

Così Polibo è sceso nell'Ade

con gli oracoli che non valgono nulla.

GIOCASTA

La stessa cosa te l'ho detta anch'io.

EDIPO

E' vero, ma c'era la paura

a fuorviarmi dalla retta via.

GIOCASTA

Non metterti più in testa certe cose.

EDIPO

Del letto di mia madre ho ancor terrore.

GIOCASTA

Che cosa mai deve temere l'uomo?

C'è la sorte che comanda e di nulla

si è certi. Meglio viver dove il caso

ci conduce. Al letto di tua madre

non pensare: a molti è capitato

di congiungersi in sogno con la madre,

ma chi non ci fa caso meglio vive.

EDIPO

Andrebbe bene se non fosse in vita,

ma mia madre vive e io non posso

abbandonar del tutto la paura.

GIOCASTA

Già la morte di tuo padre è motivo

che la tranquillità dovrebbe darti.

EDIPO

E' la madre ancor viva che io temo.

NUNZIO

Qual è la donna che vi dà timore?

EDIPO

Merope ch'era di Polibo sposa.

NUNZIO

Per qual motivo paura vi fa?

EDIPO

C'è un vaticinio orrendo degli dèi.

NUNZIO

Puoi confidarlo, oppure è un segreto?

EDIPO

No di certo. Il Lossia mi predisse

il mio congiungimento con mia madre

dopo avere sparso del padre il sangue.

E' per questo che da tempo ho lasciato

Corinto, come vedi, con fortuna,

anche se è molto dolce osservare

il viso dei propri genitori.

NUNZIO

E' per questo che sei espatriato?

EDIPO

Per non esser l'assassino del padre.

NUNZIO

Per qual ragione non ho ancor scacciato

da te questa paura? Pel tuo bene,

sovrano, io da te sono venuto.

EDIPO

Di questo ti sarò riconoscente.

NUNZIO

Per questo sono qui, per incassare

gratitudine quando a casa andrai.

EDIPO

Io mai più tornerò là dove nacqui.

NUNZIO

E' chiaro che non sai quello che fai.

EDIPO

Spiegati bene, in nome degli dèi.

NUNZIO

Non vuoi tornare per queste ragioni...

EDIPO

Temo che Febo per me il vero disse.

NUNZIO

... per non violare il letto della madre?

EDIPO

Proprio questo è quel che mi atterrisce.

NUNZIO

E non sai che non c'è alcuna ragione?

EDIPO

Non sono loro i miei genitori?

NUNZIO

No. Polibo non era tuo parente.

EDIPO

Non è stato lui, dunque, a generarmi?

NUNZIO

Come io stesso non lo sono stato.

EDIPO

E perché dunque mi chiamava figlio?...

NUNZIO

Fosti un dono che uscì dalle mie mani.

EDIPO

... e così teneramente mi amava...

NUNZIO

Egli altri figli non aveva avuto.

EDIPO

Ero stato comprato, oppur trovato?

NUNZIO

Nei boschi del Citerone trovato.

EDIPO

Che cosa ti portava in quella zona?

NUNZIO

Ero custode di un gregge sul monte.

EDIPO

Un pastore che lavorava a giornata?

NUNZIO

Infatti, e proprio allora ti salvai.

EDIPO

Ero ammalato, che dolore avevo?

NUNZIO

Le giunture dei piedi posson dirlo.

EDIPO

Perché ricordi questo antico male?

NUNZIO

I piedi aveano le punte trapassate.

EDIPO

Infamia questa che in fasce patii.

NUNZIO

Per quello, infatti, il tuo nome porti.

EDIPO

Fu mia madre o mio padre a ferirmi.

NUNZIO

Chi a me ti diede potrà dirlo meglio.

EDIPO

Non m'hai trovato tu stesso, ma un altro?

NUNZIO

Ti consegnò a me altro pastore.

EDIPO

E chi sarebbe, potresti indicarlo?

NUNZIO

Era uno della casa di Laio.

EDIPO

Del signore che qui prima regnava?

NUNZIO

Appunto, quello era un suo pastore.

EDIPO

Forse ancor vivo, io posso vederlo.

NUNZIO

Voi del paese lo sapete bene.

EDIPO

C'è qualcuno di voi che lo conosce,

che l'ha visto nei campi, oppure qui?

Segnalatelo allor: quest'è il momento

di riportare tutto in piena luce.

CORIFEO

Credo che sia quel servo che prima

cercavi di veder. Giocasta è qui

e nessuno meglio di lei può dirlo.

EDIPO

Tu credi, mia cara, che è quell'uomo

di cui poco fa s'era parlato

e che abbiamo invitato a venire?

GIOCASTA

Che t'importa sapere di chi parla?

E a chi giova ricordare tutto

quello che qui è stato detto invano?

EDIPO

E non potrebbe neanche accadere

che io, per gli indizi ricevuti,

riesca a riconoscer la mia stirpe?

GIOCASTA

In nome degli dèi, se ti è cara

la vita, le ricerche fai cessare:

son sufficienti le mie sofferenze.

EDIPO

Fatti coraggio, anche se tre volte

schiavo apparissi, la tua nobiltà

in nessun modo verrebbe scalfita.

GIOCASTA

Obbedisci, ti prego, dammi retta.

EDIPO

Non posso, devo andare fino in fondo.

GIOCASTA

Ascoltami che bene ti consiglio.

EDIPO

E' un bene che da tempo mi dispiace.

GIOCASTA

Che tu sapere non possa chi sei.

EDIPO

Allora, quando arriverà il pastore?!

Che lei si goda la sua nobiltà.

GIOCASTA

Oh, infelice! questo posso dirti.

Nient'altro dalla mia bocca udrai.

(rientra nella reggia)

CORIFEO

Perché la tua sposa se n'è andata

come straziata da forte dolore?

Io temo che da questo suo silenzio

niente di buono possa scaturire.

EDIPO

Che si scateni pur quello che deve,

io la mia origine voglio accertare,

in ogni modo, anche se meschina,

lei forse come donna è superba

e si vergogna dell'umile stirpe

cui appartengo, quando la Fortuna

ho scelto come madre; io, suo figlio,

da lei non sarò mai disonorato.

La Fortuna è mia madre ed i mesi

con me nati, umile e grande m'hanno

reso. Ora non potrei più essere

diverso. Perché questo ignorare?

 

 

 

 

 

TERZO STASIMO

 

 

 

CORIFEO

Se un profeta di mente sveglia sono,

sarai al plenilunio di domani,

per l'Olimpo, o Citerone, tu come

nutrice, padre e madre di Edipo

celebrato con canti e danze, a guisa

di colui che gioia e favori ha dato.

Accogli dunque questi voti, Apollo,

signore nostro e nostro guaritore.

Chi è stata la tua madre, o figlio?

Forse una delle ninfe immortali

che al padre Pan accostarsi osò,

o forse una compagna di letto

del Lossia che ha care le campestri

pianure. Forse colui che Cillene

regna, o un dio di bacchica follia

sulla cima dei monti ti accolse,

come inatteso dono delle ninfe

con cui in Elicona si diletta.

 

 

 

 

 

QUARTO EPISODIO

 

 

 

EDIPO

Se posso anch'io un'ipotesi far,

di vedere mi sembra quel pastore

che da un pezzo cerchiamo. La sua età

è vicina a quella di quest'uomo;

(indica il messo di Corinto)

ho riconosciuto anche i miei servi

che lo conducono. Anche tu, del resto,

l'hai già incontrato e conoscerlo puoi.

CORIFEO

L'ho riconosciuto. Infatti, era

lui di Laio un fidato pastore.

EDIPO

A lui, quindi, straniero di Corinto,

ti riferivi?

NUNZIO

Proprio di costui

che proprio ora hai davanti agli occhi.

EDIPO

Guardami in viso ora e rispondimi:

tu, tempo fa, a Laio appartenevi?

SERVO

Servo ero, però non acquistato,

ma nato e allevato nella casa.

EDIPO

Qual è stato il lavoro da te svolto?

SERVO

Attendevo alle greggi, per lo più.

EDIPO

Qual erano i luoghi che frequentavi?

SERVO

Il Citerone o luogo vicino.

EDIPO

L'uomo che è qui, dove l'hai conosciuto,

da quelle parti, oppure in altra zona?

SERVO

Cosa faceva, di che uomo parli?

EDIPO

Quello che è qui, ci hai mai avuto a che fare?

SERVO

Non so chi sia, non lo ricordo bene.

NUNZIO

Non c'è nulla di strano, io penserò

a farglielo tornare nella mente.

Certo ricorderà quando passammo insieme il Citerone, con due greggi

lui, ed io con uno solo. Per tre

interi semestri insieme abbiamo

vissuto, da primavera a estate,

ed io in inverno spingevo alle stalle

il gregge, e lui a quelle di Laio.

Dico cose che non sono accadute?

SERVO

E' vero, anche se il tempo è passato.

NUNZIO

Ti ricordi di avermi dato un bimbo

perchè io come figlio lo allevassi?

SERVO

Cosa dici, perché questa domanda?

NUNZIO

E' questo, amico, il bimbo di allora.

SERVO

Vattene in malora, non puoi tacere?!

EDIPO

Non lo rimproverare, vecchio, che son

le tue parole a meritar castigo.

SERVO

Che sbaglio ho fatto, ottimo sovrano?

EDIPO

Non vuoi parlar del bimbo affidato?

SERVO

Non so, dice parole senza senso.

EDIPO

Con le buone non vuoi parlare, ma con

le cattive parlerai di sicuro.

SERVO

In nome degli dèi, non maltrattare

un servo come me carico d'anni.

EDIPO

Orsù, qualcuno per legargli le mani!

SERVO

Misero me! Che cosa vuoi sapere?

EDIPO

Gli consegnasti il bimbo nominato?

SERVO

Lo consegnai. Ah, se fossi morto!

EDIPO

Ci arriverai di certo se non dici

la verità a quello che domando.

SERVO

In ogni modo ora son perduto.

EDIPO

Ti preoccupi solo di indugiare.

SERVO

Io ho già detto di averglielo dato.

EDIPO

Da dove preso, nella casa o fuori?

SERVO

Non era mio, ma di qualcun'altro.

EDIPO

Di quale cittadino, quale casa?

SERVO

Non indagare più, o mio sovrano.

EDIPO

C'è la morte per te se non rispondi.

SERVO

Proprio in casa di Laio era nato.

EDIPO

Era uno schiavo, oppure un suo parente?

SERVO

Questa è cosa tremenda da dire.

EDIPO

E io a sentire, ma devo pur farlo.

SERVO

Correva voce che fosse suo figlio,

ma tua moglie di quello che è accaduto

più a lungo e più preciso può parlare.

EDIPO

E' stata proprio lei che te l'ha dato?

SERVO

Sì, mio sovrano.

EDIPO

Qual era lo scopo?

SERVO

La soppressione.

EDIPO

Madre snaturata!

SERVO

Motivo eran gli oracoli funesti:

dicevano che avrebbe ucciso il padre.

EDIPO

Perché lo consegnasti a questo vecchio?

SERVO

Per compassione, sire. Io contavo

che l'avrebbe portato in altra terra

dov'egli è nato. E lui lo salvò

per consegnarlo a sciagure orrende.

Se tu sei l'uomo del quale lui parla

in questo mondo sei malcapitato.

EDIPO

Ormai tutto, purtroppo, alla luce

s'è spalancato! Sono nato da chi

mai avrebbe dovuto generarmi,

in matrimonio io mi sono unito

con chi mai avrei dovuto sposarmi,

ho poi levato la spada contro chi

uccidere non avrei mai dovuto.

 

 

 

 

 

QUARTO STASIMO

 

 

 

CORO

Generazioni di tutti i mortali,

vedo che la vostra povera esistenza

a un assoluto nulla equivale.

Qual uomo, infatti, potrà possedere

della felicità un'intera parte,

anziché accontentarsi di porzioni

che declinano in un batter d'occhio?

Se il tuo destino, sventurato Edipo,

prendo ad esempio, posso dir sicuro:

nessun mortale è mai stato felice.

Egli che avea scagliato il suo dardo

con valentia eccelsa, conquistando

felicità e ricchezze, sommo Zeus,

annientator della Sfinge vergine

con unghie uncinate, cantatrice

di oracoli, e lui, saldo come torre

si levò a difesa della mia terra

contro la morte. Da allora, tu mio re

prescelto fosti a regnare della

potente Tebe la terra onorata.

C'è adesso qualcuno più infelice

di te? Chi soffre pene più atroci,

fatiche immani per cambiar la vita?

Nobile Edipo, sovrano amato cui

fu sufficiente per approdare solo

un porto per il padre, figlio e sposo.

Come avvenne che i solchi della terra

aperti da tuo padre, la presenza

tua sopportaron senza ribellarsi?

E' stato il tempo che ogni cosa vede

a far la tua scoperta e a condannare

le assurde nozze dove il generato

cambia il suo ruolo con il generante.

Figlio di Laio, se io non ti avessi

mai conosciuto, in pace sarei stato!

Ora invece la mia compassione

devo darti con i pianti e i lamenti.

E' per te che rinascer mi sentii,

sempre per te ora chiuderò gli occhi.

(entra un messo)

MESSO

Voi che siete onorati in questa terra,

di quali azioni parlar sentirete,

a quali assisterete e quanti mali

sopporterete se da parentela

legati, guarderete alla casa

dei Labdacidi. Io credo che né

l'Istro, né il Fasi con le loro acque

potrebbero depurare gli orrori

che nascondono i muri della casa.

Prima saran i mali volontari

a venire alla luce, dopo gli altri,

soprattutto i mali liberamente

scelti son fonte di maggior dolore.

CORIFEO

Anche le cose che già sapevamo

continuano a provocar lamenti.

Questo è tutto o vuoi aggiunger altro?

MESSO

La cosa che più in fretta può dirsi

ed intendere: la regina è morta.

CORIFEO

Giocasta infelice! Com'è morta?

MESSO

S'è uccisa. Ma assistito non avete

al lato più doloroso del fatto;

tuttavia, per quanto mi ricordi,

quello che furono i suoi patimenti

è ben presente in me: la sventurata

entrò, travolta da disperazione,

nella sua camera e si avvicinò

al letto suo nuziale e con due mani,

con violenza, i capelli si strappò

sempre invocando Laio a piena voce

e il frutto dei suoi amplessi, dai quali

il suo uccisore avrebbe procreato,

maledicendo sempre il letto immondo

in cui il marito aveva generato

dal marito e i figli dal figlio.

Come morì non vidi: irruppe Edipo

urlando e di assistere alla morte

di Giocasta purtroppo ci impedì.

Edipo si aggirava lì intorno,

ora chiedendoci un'arma, ed ora

la sposa che sposa non era, ora

domandando dove potea trovare

il duplice solco materno per lui

e per i figli. Mentre delirava

fu un dio a guidarlo, non uno di noi

che gli eravamo intorno; ad un tratto

dopo avere gridato orribilmente,

contro una doppia porta si scagliò,

la scardinò ed entrò nella stanza

della regina ad un laccio appesa.

Altro grido inumano, il laccio allenta

Edipo e sul corpo di Giocasta

al suolo si lancia: le vesti strappa,

libera le fibbie d'oro e con occhi

spalancati s'avventa, trafiggendo

nelle orbite i bulbi, poi gridando:

"voi non vedrete più i mali fatti,

né quelli che ho sofferto; nella notte

eterna i visi di coloro che

mai avrei dovuto vedere, visto

avrò, né riconoscer chi vedere

avrei di certo invece voluto."

Imprecando a colpirli seguitava

tenendoli levati; le pupille

sanguinanti gli bagnavano le guance,

nella inarrestata pioggia di sangue.

Queste sciagure origine non ebber

dalla colpa di un di lor commessa,

ma da un marito e una moglie congiunti.

Quella felicità che fino a ieri

era presente nella loro unione,

è oggi invece un gemito di morte,

vergogna, infamia e tutti gli altri mali.

CORIFEO

C'è per Edipo qualche pausa al male?

MESSO

Grida invece che qualcuno la porta

spalanchi perché possano i Tebani

vedere l'uccisore del padre, e della

madre... non posso dire oscenità.

Vuol essere scacciato dalla terra,

non render maledetta questa casa.

Ha bisogno di aiuto perché il male

è troppo grande perché sopportato

possa esser da un solo. Ora anche tu

potrai vederlo. Si aprono le porte

allo spettacolo che compassione

può suscitare anche in un nemico.

(si aprono le porte del palazzo ed esce Edipo che brancola)

CORIFEO

Che tremenda sofferenza a vedere!

La più atroce fra quelle incontrate,

Quale violenta pazzia ti ha travolto?

Quale dio del tuo destino si appropriò

spingendoti in avanti, sempre avanti

sul tuo cammino, Edipo sventurato?

Io non posso guardarti, pur volendo,

dovrei rivolgerti molte domande,

ma il ribrezzo impedisce il mio volere.

EDIPO

Misero me! dove sono e vado?

Oh dio, dove m'hai precipitato?!

CORIFEO

In una grande, enorme sciagura

che né vedere o sentire si può.

EDIPO

Nuvola insopportabile di buio

che con il vento furioso straripi!

Ahimè, già è tornato lo strazio

delle spine a ricordo del male.

CORIFEO

Nessun stupore, nelle condizioni

tue, doppiamente soffri orrendamente

per i tuoi doppi mal da sopportare.

EDIPO

Oh amico,un mio servo tu sei stato,

e ancor fedele tu mi sei rimasto

continuando ad aver cura di me

cieco. Anche se di tenebre avvolto

riconosco egualmente la tua voce.

CORIFEO

Tu che terribili colpe hai commesso,

com'hai osato spegner la tua vista,

qual è il dio che ti spinse a farlo?

EDIPO

Apollo fu, il profetico Apollo

che ha voluto le mie sofferenze,

ma nessuno la mano ha guidato

sopra di me: io solo l'ho voluto.

Perché la vista doveva restare

se mancan cose dolci da vedere?

CORIFEO

E' vero ed in questo anch'io concordo.

EDIPO

Cos'è rimasto ancora da osservare

per me, da amare oppure con piacere

da ascoltare? Via di qui portatemi,

amici, allontanate lo sfacelo,

scacciate il più odioso fra i mortali,

il maledetto odiato dagli dèi!

CORIFEO

Sventurato per il senno perduto

ed il rimorso della tua sciagura,

se almeno non ti avessi conosciuto!

EDIPO

Auguro la morte a chi sui monti

al pascolo, disciolse i legami

che mantenevano stretti i miei piedi:

mi salvò dalla morte, ma un favore

non fece a me ed agli altri nemmeno

per il dolore che avrei procurato.

CORO

Anch'io quello che dici avrei voluto.

EDIPO

Assassino del padre diventato

non sarei mai, e neppure colui

che ha sposato la donna da cui nacque.

Ora di certo un empio sono,

figlio di impuri e di eguale sangue

a quelli che mi hanno generato.

Se esiste un male maggiore degli altri,

certo in sorte a Edipo è toccato.

CORIFEO

Non dico che tu hai deciso bene:

meglio morire che vivere cieco.

EDIPO

Lo so da me che per il meglio non ho

agito: risparmia insegnamenti

e consigli. Vedendoci, non so con

quali occhi avrei nell'Ade quelli

di mio padre guardati, né levati

su quelli della povera mia madre:

su loro azioni nefande ho compiuto

che la forca non potrebbe ripagare.

Gioia era forse che vedessi i figli,

così come son stati procreati?

Con i miei occhi mai li rivedrò,

né la città, le torri,i simulacri

degli dèi ai quali io, il nobile

ma infelice Tebano, ha rinunciato

quando ordinò di scacciare l'empio

assassino del sovrano Laio.

E dopo confessato tal vergogna,

avrei costoro potuto guardare

con occhi fermi? Se avessi potuto

soffocare la fonte dell'udito,

non avrei esitato ad agire nel

mio corpo sfortunato: cieco e sordo

accoppiati, con la mente che resta

fuori dai mali. Fatal Citerone

perché mi accogliesti e, accolto,

non mi uccidesti? Non avrei mostrato

a me stesso ed agli altri la mia stirpe.

O Polibo, o Corinto e tu, casa

che credetti paterna, mi allevaste

in una bellezza che all'interno

da menzogna era corrotta: malvagio

son io e da malvagi discendo.

Biforcazione e valle solitaria,

bosco e spazio angusto nel cammino,

bevuto avete il sangue di mio padre,

vi ricordate della mia presenza?

O nozze! Dopo averci procreato,

lo stesso seme usarono i padri,

i fratelli e i figli, sangue unico

per un'unica stirpe: spose, madri

e quanto di più turpe esista al mondo.

Parlare non si deve mai di ciò

che non è bello fare. Per gli dèi!

Tenetemi nascosto o uccidetemi

o gettatemi in mare ove vedermi

ancor più non potrete. Venite qui,

non vi ripugni di toccare un uomo

sventurato. Non abbiate paura:

questi mali sol io sopportar posso.

CORIFEO

Ecco che Creonte qui sta arrivando:

lui sol risponder a ciò che chiedi può,

lui, custode del paese rimasto.

EDIPO

Come potrò rivolgergli parola?

Qual fiducia di me può conservare?

Ingiusto verso lui io sono stato.

CREONTE

Non sono qui per deriderti, Edipo,

e neppure per rinfacciarti le offese

che prima m'hai rivolto...

(ai servi)

Ehi, voi!

Rispetto non avete per gli umani?

Abbiatene almeno per questa luce

del sole! Volete a tutti mostrare,

senza schermo, quest'essere indecente

che terra, pioggia o luce non potranno

ricevere mai. Accompagnatelo

al palazzo, perché solo ai parenti

è consentita commiserazione

per le sciagure accadute ai congiunti.

EDIPO

In nome degli dèi, venendo qui

dall'angoscia mi hai liberato.

Tu, il migliore fra gli uomini,

il peggiore ascolta: non parlerò

per me, ma sol per fare tuo vantaggio.

CREONTE

Di che cosa hai bisogno, perché preghi?

EDIPO

Da questa terra via fammi gettare,

dove a nessuno mai possa apparire.

CREONTE

L'avrei già fatto, tienitelo in mente,

ma prima il dio voglio interrogare.

EDIPO

Il suo responso chiaro è risultato:

uccider me, il parricida impuro.

CREONTE

Questo ha detto, ma le necessità

nelle quali purtroppo ci troviamo,

consiglian successivi accertamenti.

EDIPO

Chiederete il consiglio del dio

per le azioni di questo sciagurato?

CREONTE

Certo, perché anche tu ti impegnerai

a prestar fede al responso del dio.

EDIPO

Ora ti raccomando un'incombenza,

ma di una supplica è meglio parlare:

dà sepoltura a colei che giace

all'interno di questo palazzo.

E' giusto che un parente provvedere

debba alle esequie. Che questa

città dei miei padri condannata

non sia ad avermi come suo abitante;

lascia che mia dimora siano i morti,

il Citerone che, ancora in vita,

il padre e la madre come mia tomba

scelsero: almeno in questo il lor volere

soddisfatto sarà. Non malattia,

né altro evento possono annientarmi,

poiché salvato in punto di morte

non sarei stato. Mio destino era

la sventura, e la sventura compia

il suo corso. Dei miei figli maschi,

tu o Creonte non darti pensiero,

da vivere sapranno guadagnarsi,

ma di quelle due sventurate figlie

con le quali io a mensa seduto

dividevo con gioia sempre il cibo,

proteggile e soprattutto lascia

che io su di lor passi le mani

e con loro condivida il dolore.

O signore, sfiorarle con la mano

mi sembrerà di averle accanto

a me così come quando vederle

io potevo. Ma ora, per gli dèi,

sento il pianto delle due fanciulle!

Forse Creonte che s'è impietosito

mi ha mandato le cose a me più care...

CREONTE

E' così, le ho fatte venire perché

sapevo della gioia che ti dà

sempre il momento di questa presenza.

EDIPO

E allora che possa tu esser felice

e che ci sia un dio sulla tua via

a proteggerti, in modo migliore

di quello che con me fece. O figlie,

dove siete? Venite qui, venite

alle mie mani paterne, vedete

lo strazio di questi occhi, un tempo

luminosi, spenti da vostro padre

che, senza nulla vedere o sapere,

vi generò in quello stesso grembo

dove anche lui era stato generato.

Io non posso vedervi, però piango

sul crudele futuro a voi davanti .

A quali pubbliche riunioni voi

parteciperete? A quali feste

senza ritornare a casa vostra

piangendo? E quando del matrimonio

avrete età, chi oserà, figlie mie

le infamie sfidare a rovina

vostra e della vostra discendenza?

Quale sciagura manca? Il vostro padre

suo padre ha ucciso, fecondando poi

la donna dalla quale nato era

e che a voi stesse ha dato la vita.

Queste le offese che vi lanceranno

e che vi impediranno di trovare

un uomo con il quale andare a nozze,

consumando così la vostra vita

alla condanna di sterilità.

Figlio di Meneceo, tu sei rimasto

da solo come loro unico padre

-noi che le generammo siamo morti-

non permettere che queste congiunte

vaghino mendicando senza un uomo,

non farle mie compagne di disgrazia,

abbi pietà di lor giovinezza,

hanno te solo come protettore.

Fammi un cenno di assenso con la mano

tua sulla mia. A voi ora, figlie,

molti consigli utili potrei

darvi se foste in età maggiore.

Or pregate con me perché gli dèi

vi concedan di viver dove il fato

ha deciso e che la vostra vita

sia di gran lunga della mia migliore.

CREONTE

Pianto hai già troppo, rientra nel palazzo.

EDIPO

Obbedisco, anche se a malincuore.

CREONTE

Tutto è bello al momento opportuno.

EDIPO

Sai quali sono le mie condizioni?

CREONTE

Se me le dici allora le saprò.

EDIPO

Che tu mi scacci da questa terra.

CREONTE

Conceder lo potrebbe solo un dio.

EDIPO

Odioso sono certo agli dèi.

CREONTE

E' per questo che presto l'otterrai.

EDIPO

Sul serio parli?

CREONTE

Come ho sempre fatto.

EDIPO

Fammi presto condurre via di qui.

CREONTE

Puoi andare, ma lascia qui le figlie.

EDIPO

Almeno queste non me le togliere.

CREONTE

Non puoi vincere sempre, i successi

non han sempre seguito la tua vita.

(tutti rientrano nel palazzo

CORIFEO

O abitanti di Tebe, guardate

a quale gran tempesta di sciagure

è giunto Edipo che sciolse l'enigma

della Sfinge, e diventò un potente

che ai cittadini invidia suscitava.

Guardate ora come s'è ridotto!

Nessun umano può dirsi felice

prima che l'ultimo giorno di vita

senza sciagure non abbia varcato.

 

 

 

FINE DELLA TRAGEDIA

 

 

 

 

 

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Alcuni pareri su Alfredo Balducci

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Intervento al convegno su Ruggero Jacobbi

Un cinegiornale Luce del settembre 1961